30/12/2020 di Manuela Antonacci

Finta aggressione omofoba nel padovano, in realtà fu un pestaggio reciproco

Un ennesimo caso di finta omofobia, è quello che si è verificato a Padova, nel contesto di un’aggressione notturna, avvenuta lo scorso settembre, apparentemente ai danni di due giovani omosessuali. Durante il pestaggio che, invece, vede ora tutti condannati per rissa. Inizialmente però la coppia gay, coinvolta, aveva gridato subito al movente omofobo.

In realtà, per gli inquirenti e il giudice si è trattato di un pestaggio reciproco, senza alcuna motivazione legata all’orientamento sessuale dei due giovani. Insomma, una rissa senza vittime ma solo con partecipanti attivi, tutti colpevoli in concorso e tutti destinatari, adesso, di un decreto penale di condanna

Durante la zuffa erano volate imprecazioni e insulti, ma all’interno di un contesto di violenza che aveva visto tutti protagonisti, nella stessa maniera. La sera del 18 settembre, infatti, i due gruppi di ragazzi, si erano lanciati, dapprima insulti reciproci, in seguito ad una battuta di troppo su una felpa, per poi passare immediatamente alle mani e addirittura a colpi di bottiglie.

Non contenti, i ragazzi che inizialmente avevano denunciato l’aggressione omofoba – successivamente indagati - avevano pensato bene di postare e diffondere un video su Facebook, divenuto quasi virale, in cui avevano raccontato di essere stati aggrediti per ragioni legate al loro orientamento sessuale. Immediatamente, come avviene spesso in questi casi, era scesa in campo certa rappresentanza politica che in quattro e quattr’otto aveva messo in piedi addirittura una manifestazione di piazza, a cui avevano partecipato più di 500 persone. Ma ciò non ha impedito ai carabinieri del comando provinciale di Padova di fare il loro lavoro. Infatti guardando le telecamere di videosorveglianza e ascoltando le diverse testimonianze, sono riusciti a identificare tutti gli attori del pestaggio (i due omosessuali compresi).

Inoltre, dopo qualche giorno, il Corriere del Veneto aveva contattato due dei cinque accusati di omofobia, riportando, per par condicio, anche la loro versione: «Stavamo festeggiando il compleanno di un’amica, avevamo bevuto, camminando abbiamo incontrato questi ragazzi che non sapevamo essere omosessuali e uno di loro ha fatto una battuta per una felpa. Da lì sono iniziate alcune schermaglie verbali, ma nessuno ha fatto allusioni sui gay. Anzi, dal nulla uno di loro ci ha urlato “omofobi”. Per altro noi non abbiamo visto i due baciarsi, quindi come potevamo sapere che fossero omosessuali».

Un caso indicativo, in quanto ci porta ad interrogarci su ciò che, invece, potrebbe accadere se passasse il ddl Zan. Una simile verifica dei fatti sarebbe ancora possibile? O basterebbe, come avviene già in diversi paesi europei in cui leggi simili sono state approvate, la testimonianza della vittima e la sua “sensazione” di essere stata insultata e aggredita per motivi legati al suo orientamento sessuale? E a che derive di ingiustizia porterebbe tutto ciò se consideriamo che l’orientamento sessuale non è certo un dato evidente e palpabile e in alcuni casi (come in questo) soprattutto quando ci si imbatte in estranei, si può benissimo non sapere se l’altro sia etero o gay?

 

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