11/07/2016

Fecondazione artificiale: i figli della provetta crescono...

Abbiamo parlato diverse volte della fecondazione artificiale e di tutte le implicazioni negative (non solo etiche) ad essa correlate.

Sull’argomento si possono avere opinioni diverse, dubbi, perplessità. Ma quando a parlarne sono i diretti interessati, c’è poco da mettere in discussione.

Jewels Green, di LifeSiteNews, ha partecipato ad una conferenza tenuta da Katy Doran, una ragazza, ormai adulta, che è stata concepita con la fecondazione in vitro.
«Ho scoperto il modo in cui sono stata concepita una settimana prima di compiere 22 anni. La mia prima reazione è stata quella di gridare e scappare dai miei genitori. Ero tornata dal college per il Ringraziamento, e tutto quello che volevo fare era andarmene da casa e tornare alla mia università. Scappare».

L’aspetto che l’ha più sconvolta riguardo il proprio concepimento era che c’era stata una transazione finanziaria.
La Green racconta che ciò che l’ha colpita maggiormente è stato percepire distintamente il forte desiderio di Katy, condiviso da molte persone concepite in provetta, di conoscere le proprie origini. È un istinto primordiale.

Da dove vengo? A chi appartengo? Sono le domande alle quali tutti vogliamo una risposta.
«Non volevo parlare dell’argomento e condividere i miei sentimenti fino a quando mio fratello ha trovato nostro padre circa un anno e mezzo dopo che ho scoperto del mio concepimento», ha detto Katy. Il fratello, Matt Doran, ha aperto il sito DonorChildren.com, che contiene l’unico registro gratuito dei concepiti in vitro in America. Il suo sito web ha permesso l’incontro di più di cento familiari di persone concepite in provetta con i genitori cosiddetti “donatori”, in realtà venditori di gameti.

Katy non è l’unica a combattere contro la mercificazione dei bambini. In prima linea c’è Alana S. Newman – anche lei concepita in provetta – curatrice del libro “The Anonymous Us Project: A story-collective on 3rd Party Reproduction” e fondatrice della Coalizione contro la tratta riproduttiva. «L’industria della fertilità – si legge nel sito web – è un settore in crescita che frutta miliardi di dollari. L’utero in affitto e la vendita di ovuli e sperma generano enormi profitti. Una gravidanza su commissione può rendere fino a 300.000 dollari. Se crediamo che gli esseri umani non dovrebbero essere in vendita né essere oggetto di commercio o fabbricati come prodotti, e se crediamo che le donne meritino di meglio che essere trattate come macchine sforna-bambini, allora dobbiamo opporci alla fecondazione artificiale e all’utero in affitto».

Sia la fecondazione artificiale, in vitro, sia l’inseminazione artificiale, sia la vendita di sperma ed ovuli, sia l’utero in affitto, in tutte le possibili forme, comportano la nascita di uno o due bambini su 10 che ne vengono assemblati: la morte degli 8 o 9 in questione non avviene solo per cause “naturali” dovute al processo di manipolazione (che spesso comporta anche il surgelamento e lo scongelamento...), ma anche alla selezione eugenetica che viene fatta dai sanitari,  spesso anche su ordine dei committenti che richiedono determinate caratteristiche per i futuri figli, a cominciare dal sesso. In tutto questo ambaradan il bambino risultante può arrivare ad avere 5 o 6 “genitori”. Le donne coinvolte, sia le venditrici di gameti, sia quella che riceve l’impianto dell’embrione rischiano conseguenze critiche anche gravi per la loro salute.

E infine il bambino che nasce e cresce (e ancora non abbiamo avuto il tempo per studiare a fondo i problemi fisici che possono avere i figli della provetta da adulti, perché sono tutti ancora troppo giovani), da grande andrà in crisi di identità, come dimostrano le tante testimonianze che anche su questo portale di tanto in tanto riportiamo.

Questo è quello che accade quando il desiderio di genitorialità sconfina nell’egoismo. A pagare il prezzo più alto sono ovviamente i bambini, che vengono fatti oggetto di diritto, che vengono spesso privati delle proprie origini in nome del “love is love”.

Un argomento molto utilizzato dai difensori di questa nuova frontiera è che anche le persone adottate non conoscono le proprie radici. Ma le due situazioni non sono nemmeno lontanamente paragonabili, perché la differenza è sostanziale: l’adozione si pone come soluzione estrema in presenza di circostanze che impediscono al bambino di essere cresciuto dai genitori biologici; si cerca di donargli altre due figure (una femminile ed una maschile) che possano offrirgli l’amore di un padre e di una madre. Con la fecondazione artificiale in generale e con l’utero in affitto in particolare invece, tralasciando l’accordo finanziario sotteso, vi è il progetto, a monte, di mettere al mondo un essere umano già reso orfano di uno o entrambi i genitori biologici.

Per questo sono tantissime le testimonianze di coloro che, come Katy e Alana, una volta scoperto il modo in cui sono stati concepiti, si sono lanciati nella disperata ricerca delle proprie origini.
Particolarmente straziante è una testimonianza riportata nel libro di Alana: «Odio essere stato concepita in provetta. Penso che sia ridicolo e strano che le due persone che mi hanno generato non si siano mai incontrate e mai si incontreranno. Penso che sia inquietante che mio padre sia stato pagato. Penso che sia ancora più inquietante che agenti, venditori e medici abbiano lavorato così duramente per crearmi ed ora che sono adulta non abbiano alcun interesse nei miei confronti. Sono come gli spacciatori di droga. Vendono sostanze che curano il desiderio di avere un bambino. Hanno nulla per curare il mio desiderio di avere un padre?».

Laura Bencetti

Fonte: LifeSiteNews


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