09/08/2021 di Giuliano Guzzo

+Europa diventa +Aborto. Ecco cosa sta succedendo nel Lazio

Più aborti chimici, prima e più facilmente. È questa, in estrema sintesi, la sconvolgente richiesta che il gruppo di +Europa ha depositato in seno al Consiglio regionale del Lazio, sotto forma di emendamento (il n. 368) alla Proposta di legge n. 54, contenente le Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale 2021. Per essere precisi, la proposta emendativa – eloquentemente intitolata «iniziative per favorire la fruizione per i servizi per l’interruzione di gravidanza» - dispone tutta una serie di iniziative che vanno, appunto, nella direzione di favorire l’aborto tramite Ru-486.

Viene soprattutto prevista una apposita sezione, «all’interno del sito istituzionale» della regione, volta a rimuovere «gli ostacoli che impediscono la fruizione delle corrette informazioni» al «fine di garantire l’aborto farmacologico»; in detta sezione dovrebbero essere inoltre presenti informazioni sulle strutture sanitarie, i dati sugli aborti che riescono ad effettuare, perfino i dati di obiettori e non obiettori presenti. Insomma, una radiografia molto dettagliata e tutto, lo si ripete, «fine di garantire l’aborto farmacologico». Naturalmente, una simile iniziativa solleva molteplici criticità.

In primo luogo perché si concentra su quello che, a tutti gli effetti, è un falso problema. Secondo l’ultima relazione ministeriale sull’applicazione della legge 194, infatti, nella regione laziale ogni anno vengono praticati circa 8.300 aborti: oltre 22 al giorno. Tutto si può quindi dire fuorché nella regione governata da Nicola Zingaretti non si abortisca. Non solo. Il Lazio, come del resto pure anche realtà locali italiane, è soggetto ad un invecchiamento demografico assai pesante; tanto che, a dirla tutta, si è già tramutato da qualche anno in spopolamento.

Basti pensare che, nel gennaio 2018, la regione contava 5,9 milioni di residenti: quasi 1.500 in meno rispetto all’anno precedente. Ora, con un quadro demografico del genere si può forse ritenere prioritario incentivare gli aborti chimici? Secondo i radicali di +Europa sì, evidentemente, ma è chiaro che il buon senso suggerirebbe ben altro; e, in realtà, neppure solo il buon senso, se si dà uno sguardo a quello che afferma proprio la legge 194 sull’aborto procurato.

In effetti, l’articolo 5 della norma è molto chiaro nel prevedere che il consultorio – non se ne abbia voglia, attenzione, ma «in ogni caso» - si attivi per mettere a punto, quando si trova davanti alla gestante, «le possibili soluzioni dei problemi proposti, di aiutarla a rimuovere le cause che la porterebbero alla interruzione della gravidanza». Ecco che, per quanto la legge 194 resti una norma «integralmente iniqua», per dirla con Giorgio La Pira, essa dà indicazioni chiare anche nella prevenzione degli aborti, non solo nella loro esecuzione. Ma questo, in casa radicale, evidentemente non è chiaro.

Non è finita. Vale infatti la pena ricordare che quello che +Europa vuole incentivare è l’«l’aborto farmacologico», quindi quello effettuato tramite Ru-486. Peccato tutto sia, quello chimico, fuorché un iter abortivo semplice poiché gli effetti collaterali che solitamente conseguono all’assunzione della Ru486 sono nell’ordine: vomito, nausea, diarrea, dolori addominali, crampi, abbondanti perdite di sangue, e poi emicrania, febbre, vertigini. Per non parlare, poi, della mortalità materna dell’«aborto farmacologico», che è assai più elevata di quella prevista dell’iter chirurgico.

Ma pure questa scomoda verità – dopo quella dell’inverno demografico e della parte preventiva della legge 194 – viene bellamente ignorata da chi dice di battersi per i diritti e l’autodeterminazione della donna, mentre in realtà fa il gioco soltanto di una cosa: dell’ideologia abortista. Come se di questo pensiero mortifero, in giro, non ce ne fosse già abbastanza.

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