15/03/2021 di Luca Marcolivio

ESCLUSIVA - Gotti Tedeschi: «Mettere al mondo più figli arricchisce tutti ma quanti hanno il coraggio di farlo?»

Sono sempre più numerose le famiglie italiane povere. Inoltre, più le famiglie italiane sono numerose, più sono povere. Questa è la realtà che emerge inconfutabile dagli ultimi dati Istat. Eppure, è altrettanto inconfutabile che la famiglia non è una minaccia né per lo sviluppo economico e né per l’equilibrio del pianeta: al contrario, la famiglia è una risorsa. L’economista e banchiere Ettore Gotti Tedeschi è un convinto fautore di quest’impostazione natalista. Quanti rappresentanti della classe dirigente mondiale hanno però davvero il coraggio di ribaltare la visione maltusiana attualmente egemone? A domandarselo è lo stesso ex presidente dello IOR che, intervistato da Pro Vita & Famiglia, ha ribadito il suo pensiero di sempre: è necessario riscoprire il valore sociale, educativo, economico e morale della famiglia

 

Professor Gotti Tedeschi, secondo gli ultimi dati Istat, il 28,8% delle famiglie italiane ammette un peggioramento della propria condizione economica. Sempre l’Istat certifica 335mila famiglie in più in povertà assoluta rispetto al 2019. Cosa è stato fatto e cosa si sarebbe potuto fare in questo anno abbondante di pandemia?

«Non lo so davvero. Al mondo, ed in Italia in particolare, in questo momento, ci sono un’infinità di esperti che, ex post, avrebbero saputo risolvere i problemi della pandemia, meglio di chiunque altro ed in ogni materia. Neppure immaginavo ci fossero così tanti esperti osservatori della pandemia, delle sue cause ed effetti. Ma non immaginavo nemmeno che vi potessero essere così tanti esperti di un fenomeno classificabile scientificamente, fra loro in conflitto nella diagnosi e nella prognosi. Temo che la credibilità della scienza medica dovrà fare sforzi per farsi riabilitare e perdonare. Sono convinto che questo fenomeno abbia colto di sorpresa tutti ma, dopo un anno abbondante, a che punto siamo? Venendo alla sua domanda, è evidente che, se il sistema produttivo si ferma per il lockdown, non si produce, non si lavora, non si guadagna, non si pagano tasse, non si fanno investimenti, si deve frenare il welfare, eccetera. Oppure si fa debito. Ma il debito sta in piedi, se si prevede la soluzione al lockdown. È pertanto evidente anche che, a questo punto deve intervenire lo Stato, che interviene secondo regole legate alla visione politica o ideologica dei governanti. Se questa visione politico-ideologica non contempla a sufficienza il valore della istituzione della famiglia, si privilegeranno altre aree. Basta osservare cosa è stato privilegiato in questo “anno abbondante”... Credo che oggi il problema principale sia quello di saper ri-affermare il valore sociale, educativo, economico  e morale  della famiglia. E magari anche formare meglio le classi dirigenti e politiche».

A fine anno arriveranno, finalmente, i primi fondi del recovery fund: a suo avviso, come andrebbero impiegati questi soldi nell’ambito delle politiche familiari?

«Se chi gestirà i fondi del recovery avesse chiaro il “moltiplicatore” generato dall’investimento di una percentuale dei fondi nella formazione di famiglie e figli, non avrei dubbi. La famiglia è il perfetto moltiplicatore del valore. Nella famiglia 1+1 non fa 2 ma fa 3, 4 o 5 a seconda dei figli generati. Questa è la logica matematica del ciclo economico della crescita. L’investimento a supporto della formazione di famiglie creerebbe una spinta alla ripresa economica, unica e straordinaria».

C’è un motivo particolare per cui la famiglia è la grande assente nel programma del governo Draghi, a partire dal discorso di insediamento dell’attuale presidente del Consiglio?

«Non ne ho idea. Non credo affatto che Draghi sia indifferente all’istituzione della famiglia. È troppo intelligente, esperto e saggio per non conoscere e sottovalutare il valore della famiglia».

Mettere al mondo un figlio, oggi, è percepito più come un costo che come un investimento. Lei, al contrario, ha sempre sostenuto che la crescita economica di un paese va di pari passo con la crescita demografica. Come invertire questa tendenza culturale?

«Temo di essere più pessimista di lei. Oggi mettere al mondo un figlio è percepito come un pericolo per il pianeta, per l’ambiente, perché la creatura umana è considerata una specie di cancro della natura, che consuma, depreda, spreca. Che la crescita economica sia correlata alle nascite non vi è dubbio. Ma lei è certo che la visione dominante oggi voglia crescita anziché decrescita? Io, persino interpretando documenti di magistero della Chiesa, leggo talune premesse che sembrano auspicare e portare alla decrescita. Come invertire questa tendenza? Partendo dalle basi, quelle morali, si deve tornare alla seconda raccomandazione della Genesi (andate e moltiplicatevi). Ma chi vorrebbe e saprebbe farlo? Non si deve esser ricchi per fare famiglia e figli, si diventa ricchi, in tutti i sensi, facendo famiglia e figli. Se il tasso di natalità decresce, come può crescere il PIL?».

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