Violetta Chiarini è una donna di spettacolo, formatasi negli effervescenti e complessi anni ‘70. Femminista della prima ora, ha scelto di esserlo coerentemente, dunque andando fin da subito nella direzione della difesa della vita dal concepimento e della maternità. Non a caso ama definirsi “femminista della differenza”. Per le sue idee non omologate, nel corso della sua vita e della sua carriera Violetta Chiarini è stata contestata e, in parte, marginalizzata dagli ambienti del teatro e della drammaturgia, che non hanno comunque potuto negarne il talento premiandolo con numerosi premi. Recentemente, la Chiarini ha deciso di fare un passo in più nel sostegno alle battaglie di Pro Vita & Famiglia disponendo un lascito solidale a favore della Onlus.
Perché ha deciso di fare un lascito a Pro Vita & Famiglia onlus?
«Ho avuto modo di conoscere Pro Vita & Famiglia e mi sono identificata con la sua missione e con le persone eccezionali che vi lavorano. Ho conosciuto Toni Brandi tanti anni fa, quando è nata l’associazione. Ci siamo visti per la prima volta di persona alla sala stampa del Senato, mi ricordo che andai in rappresentanza del Centro nazionale di drammaturgia italiana contemporanea, quindi in qualità di persona del mondo dello spettacolo e non c’era nessun altro del mio ambito».
Lei è stata nel mondo dello spettacolo, della cultura, del cinema. Come vede oggi questo mondo in riferimento ai valori difesi da Pro Vita & Famiglia?
«È molto difficile trovare nel mondo dello spettacolo dello show business italiano persone sensibili a certi temi, in genere sono più propensi alla critica di certi valori. Ultimamente sono stata anche discriminata per le mie posizioni e i miei testi controcorrente, ma sento che è la mia missione rimanere in questo ambiente e provare a contaminarlo di valori attraverso i miei testi e i miei spettacoli. Tuttavia, attraverso le attività e le iniziative che seguo da anni, da quando ho conosciuto Pro Vita & Famiglia non mi sono più sentita sola. Aderire a questa organizzazione mi ha aiutata a non cedere allo sconforto e, così facendo, non mi sono fatta ricattare dal sistema. Man mano che la verità si è fatta strada, sono avvenute le varie censure. Eppure, tutti i miei testi che sono stati censurati e per i quali sono stata discriminata, hanno ricevuto premi, pubblicazioni e riconoscimenti. Tutto questo mi incoraggia ad andare avanti. Quindi, sono grata a Pro Vita & Famiglia perché porta avanti gli stessi valori non negoziabili in cui credo e per i quali mi batto».
Per quale campagna o iniziativa in particolare ha deciso di sostenere Pro Vita & Famiglia?
«Da sempre mi batto per la vita nascente. In passato ho collaborato con i Centri di Aiuto alla Vita. Ho incontrato donne che stavano per abortire e oggi sono felice perché quelle creature poi nate, le sento un po’ come le mie creature. Di quei tempi, ricordo in particolare una ragazza che mi disse che il giorno dopo sarebbe andata ad abortire. Mi aveva fatto questa confidenza ed era terrorizzata. Era già tardi e io sono stata assieme a lei fino all’ora in cui avrebbe dovuto effettuare l’intervento, cioè intorno alle sette del mattino. Alle sette e mezzo ancora non la mollavo. L’ho fatta riflettere. Le ho detto: “Tu sei viva, sei qua perché la tua mamma non ti ha abortito, perché il tuo bambino, nel momento in cui le due cellule maschile e femminile si uniscono, è già una forza che ha deciso di incarnarsi. Arrivate le sette e mezzo, lei non è andata più all'appuntamento. Oggi che sua figlia è grande, ancora frequento lei e sua madre, alla quale ho raccomandato di non dirle mai che avrebbe voluto abortirla, perché questo potrebbe creare un'ombra nel rapporto tra madre e figlia».
Che mondo vorrebbe lasciare ai giovani, alle generazioni future?
«L’idea della sacralità della vita, della vita come valore supremo, continuando ad aiutare le donne che vorrebbero abortire. Mi capitò di aiutare anche un’altra ragazza, che invece poi abortì: parlai con il padre che era un famoso attore cinematografico e che ha sofferto molto per questo aborto. Quella volta non mi andò bene, perché si intromise qualche militante del Partito Radicale, quindi non ho potuto portare a termine la mia missione. Mi sono resa conto che quelle che vogliono abortire, lo fanno perché la maggior parte di loro ha paura di non avere l’appoggio del compagno, non ha soldi, non è sostenuta, non sa dove andare. Le donne ricche di solito non abortiscono. Mi ricordo quando ci fu il caso di Mina, che quando ebbe un figlio da una relazione extraconiugale con Corrado Pani, fu allontanata per un paio d’anni dalla televisione. Però suo figlio l’ha fatto nascere, perché è stata sostenuta dai suoi fans e dalla sua famiglia. E oggi suo figlio Massimiliano è un musicista anche lui, è un uomo molto in gamba ed è diventato il suo manager. Certo, poi ci sono anche le eccezioni, cioè vi sono donne che mettono davanti a tutto la carriera. La maternità è stata talmente demonizzata e scoraggiata, come fosse appunto l'ostacolo alla realizzazione della donna. Io stessa ho aderito al femminismo, poi però ho cambiato idea, poiché, già negli anni ‘70 ero per il femminismo della differenza, in cui la donna si fa meno simile all’uomo, portando avanti valori tipici della femminilità. Invece, quel femminismo dell’emancipazione era strumentalizzato da chi voleva creare la guerra tra i sessi. Io, al contrario, mi sto battendo per la ricostruzione di questo rapporto tra l'uomo e la donna, senza il quale andiamo incontro al femminicidio, un fenomeno che nasce proprio dalla distruzione di questo rapporto».