24/03/2021 di Maria Rachele Ruiu

Ecco come i bambini disabili sono discriminati dalla Dad. La testimonianza choc di una mamma

Che la pandemia abbia scoperchiato vergognose discriminazioni ai danni dei più fragili, lo stiamo ripetendo da un anno. E’ il motivo primo che ci ha spinto ad attivare la rete SOS DISABILI con Suor Anna Monia Alfieri e il centro studi Livatino.

Ma ancora più grave, se possibile, quando a creare la discriminazione tra i discriminati è la gestione stessa della pandemia.

Come abbiamo già raccontato infatti la circolare del MIUR sulla gestione della didattica in presenza inclusiva per gli studenti disabili, per chi ha riconosciuta la 104 e per i BES lascia al dirigente e al collegio dell’istituto l’autonomia di scegliere come venire incontro a questi alunni più fragili. Risultato: un braccio di ferro estenuante tra le famiglie e molte scuole che, alla richiesta di organizzare la didattica in presenza e in gruppi eterogenei, rispondono picche, con le motivazioni più assurde (le maestre sono tutte fuori sede/non siamo i vostri babysitter/abbiamo paura di ammalarci). Questo lo scenario: Tuo figlio avrà l’opportunità di avere lezioni in presenza? Dipende: dove frequenta? Vuoi addirittura lezioni in presenza in una classe eterogenea: dovrai essere ancora più fortunato!
Questa discriminazione tra i discriminati, irricevibile, ha dato luogo anche a risposte scomposte. E’ quanto è accaduto a Silvia Tancredi, mamma di otto, insegnante precaria.

 

Silvia, mamma di otto, insegnante precaria, come vi trova questo primo anno di pandemia?

«Siamo una famiglia con otto figli, mio marito lavora full-time da casa, io sono una insegnante precaria di filosofia e dovrei lavorare da casa. Abbiamo cinque figli in DAD dalla prima elementare alla prima media, e un’infanzia e due nido in LEAD, che mi risparmio, perché mi è impossibile seguire gli orari proposti, e le attività che ovviamente richiedono la costante presenza del genitore. Ti lascio immaginare quanto sia divertente la mattina quando in cinque si collegano, anzi in sei con il papà, e gli altri tre vagano per casa: devo aiutare chi mi chiama e nel frattempo distrarre chi vorrebbe andare a disturbare i fratelli. Per il governo, in  tutto questo, dovrei anche lavorare. Ovviamente sono stata costretta a prendermi l’aspettativa, sfruttando il fatto che a gennaio è stata riconosciuta la 104 al mio quarto figlio, Gabriele. Lo scorso anno non ho potuto ottenere questo “privilegio”. Ma vi rendete conto? ».

Cosa è successo quando avete scoperto che le scuole sarebbero state chiuse nuovamente?

«Abbiamo immediatamente richiesto l’attivazione della didattica in presenza per nostro figlio Gabriele, già venerdì sera, cioè appena abbiamo saputo che saremmo diventati zona rossa. Forti dell’esperienza del lock-down, dove lui, non ha potuto seguire niente: ti immagini cosa significa tenere davanti ad un pc un bimbo con un disturbo oppositivo provocatorio? Una follia. Come una follia, lasciamelo dire, vivere per due mesi rinchiusi in una casa in 10, con un bimbo fragile che ha ovviamente bisogno dei suoi momenti di sfogo. Non avendo la certificazione, lo scorso lock down Gabriele non sarebbe potuto uscire.  

Quindi Gabriele dal lunedì successivo ha potuto seguire in presenza?

«No. La scuola ha differenza di altre, ha deciso di attivarsi solo giovedì per proporre a Gabriele lezioni in presenza dal lunedì al giovedì. Abbiamo chiesto subito alla scuola quali insegnanti avrebbe trovato Gabriele e soprattutto quali compagni di classe, perché le lezioni fossero inclusive come da normativa: Gabriele, infatti, ha una disabilità relazionale e togliergli i compagni è ferirlo gravemente. La scuola non ha risposto. Giovedì mattina quando ho portato Gabriele a scuola abbiamo scoperto che sarebbe stato da solo.
Ovviamente il lunedì successivo Gabriele non voleva entrare a scuola. Ogni giorno è faticosissimo portarlo, per lui, ma anche per me: vederlo così è una pena che non so descrivere. Ovviamente anche tenerlo a casa sarebbe una pena. Abbiamo provato a chiedere alla scuola l’inclusione, ma la scuola non ha risposto alle mail nostre e di altre famiglie. Abbiamo meritato solamente un post canzonatorio sulla pagina Facebook della scuola, in cui siamo stati citati nome per nome e neanche troppo velatamente insultati. “non siamo i vostri babysitter” ».

Questa situazione riguarda solo la vostra famiglia e la vostra scuola?

«Riguarda tutte le famiglie con bambini disabili della nostra scuola, e con bambini BES completamente esclusi. Questa è una scuola in cui le condizioni socioeconomiche così come la presenza di stranieri e bambini rom è piuttosto elevata, così come la dispersione scolastica. Tantissimi i bambini che sono “spariti” durante il lock down, e sono gli stessi che non frequentano neanche oggi. Dov’è l’inclusione di cui tanti si riempiono la bocca ogni volta che si parla di scuola? Siccome io ho un carattere deciso, con un tam-tam ho fatto un gruppo WhatsApp e ho cominciato a raccogliere le segnalazioni di altre scuole: una vergogna diffusa! Ritengo inaccettabile che ancora una volta dobbiamo alzare la voce, lottare, faticare per ottenere quello che è dovuto. Ogni volta che porto Gabriele a scuola mi si stringe il cuore assistendo a questa sfilata dei fragili, soli, che spesso piangono perché costretti a vedersi diversi: i loro compagni non ci sono. “Mamma ma io non sono un bambino speciale, sono un bambino normale” “Mamma ma perché sono solo: cosa ho che non va?” queste le domande che i nostri figli ci stanno ponendo ».

Immagino la rabbia. C’è qualcosa che vuoi aggiungere?

«E’ un anno che ci raccontano che il diritto alla salute prevale sul diritto all’istruzione. Abbandonare i disabili palesa l’ipocrisia di questo racconto, dal momento che i nostri figli, la loro salute e il loro benessere è abbandonato al caso: alcuni collegi dei docenti hanno deciso di farsene carico, altri hanno deciso di pubblicare vergognosi post su Facebook e abbandonarli, chi a casa, chi in classi ghetto. Il messaggio è forse che la salute dei bambini più fragili è sacrificabile? ».

 

Ovviamente no, per questo abbiamo deciso di scendere accanto a mamma Silvia, ma accanto a tutte le mamme e papà che vedono il proprio figlio discriminato tra i discriminati! Scrivici a [email protected] : siamo pronti “a fare i matti” anche per te e tuo figlio!

 

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