Si taglia sulla pelle dei più fragili. Dal 1° gennaio 2025, in tutta Italia le persone con disabilità motoria che utilizzano carrozzine elettriche devono pagarsi da sole batterie, motori, joystick e ruote, componenti vitali per potersi muovere e vivere in autonomia.
La denuncia
Ora, a distanza di mesi, iniziano ad affiorare le prime conseguenze, ovvero sempre più persone disabili sono letteralmente lasciate sole, con Stato e Regioni assenti, in particolare in Veneto. E’ infatti da questa regione che è arrivata la denuncia - riportata dal Fatto Quotidiano - dell’attivista Luca Faccio, anch’esso con disabilità, che ha rivolto un appello diretto al Presidente della Regione, Luca Zaia: «Il costo della batteria di cui ho bisogno è superiore alla pensione di invalidità. Si parla tanto di inclusione sociale, ma se la batteria si rompe, rischio di rimanere “a piedi” o sbaglio?». Non è un caso isolato. Le segnalazioni si moltiplicano in diverse regioni, con costi che vanno da 80 euro per una ruota fino a 680 euro per una batteria, spese una volta coperte dalle Asl. Ma tutto è cambiato con l’entrata in vigore del nuovo “Decreto Tariffe” e dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), che hanno cancellato i codici ISO 12.23 relativi alla riparazione di carrozzine elettriche, rendendo inefficace il DM 332/1999.
L’appello a Zaia, che mesi fa pensava invece al fine vita
È emblematica la figura di Luca Zaia in questa vicenda. È a lui che si rivolge l’appello di Faccio ed è lui lo stesso governatore che, solo un anno fa, ha promosso una legge regionale sul suicidio medicalmente assistito, facendone un cavallo di battaglia per la sua amministrazione. Una legge che - come abbiamo più volte denunciato - minava il diritto alla vita dei più fragili, aprendo di fatto a una deriva eutanasica e ad un’abdicazione dello Stato davanti alla sofferenza e che fortunatamente è stata bocciata in Consiglio Regionale. Dunque, mentre un anno fa c’era chi si faceva promotore proprio di questa “libertà di morire”, oggi ci sono persone che vorrebbero avere la libertà di vivere e muoversi dignitosamente ma vengono lasciate sole, private del diritto fondamentale alla mobilità. È questo il vero volto della cultura dello scarto: si offre la morte come “soluzione” e si nega l’aiuto per vivere.
Aiutiamoli a vivere, non a morire
In una società civile, chi è in difficoltà non va lasciato solo né spinto verso la morte, ma aiutato a vivere. Il caso delle carrozzine ne è un simbolo tragico e potente. I disabili non chiedono privilegi: chiedono di poter uscire di casa, lavorare, studiare, incontrare gli amici. Chiedono una batteria, non una siringa. Chiedono assistenza, non abbandono. Zaia e tutti i politici dovrebbero mettere al centro la vita, non il suo abbandono. Se davvero vogliono parlare di libertà, inizino dalla libertà di muoversi, di vivere, di sperare.
Così come - restando in tema di “fine vita” - i politici dovrebbero pensare alle cure palliative, all’accompagnamento, ad incentivare hospice e aiuti per familiari e caregiver, anziché (come alcuni vorrebbero) spingere per un’atroce e disumana legge sul suidicio medicalmente assistito nelle Regioni o, peggio, in Parlamento.