26/07/2021 di Luca Volontè

Dopo gli Usa, ora gli aborti selettivi vacillano anche in Gran Bretagna

Il mondo anglosassone anche stavolta potrebbe anticipare una svolta, positiva. Nei giorni scorsi, infatti, nello stato americano del Sud Dakota è entrata in vigore la legge che vieta l'aborto in base a una diagnosi prenatale della sindrome di Down, che era stata firmata in legge dal governatore del Sud Dakota Kristi Noem all'inizio di quest'anno.

Nei giorni scorsi ha scritto la Noem su Twitter. "Diverse leggi pro-vita che ho firmato stanno diventando legge in South Dakota, compreso il divieto di aborti basati su una diagnosi di sindrome di Down. Stiamo proteggendo il diritto alla vita di tutti i bambini con sindrome Down".

In modo analogo in Inghilterra sono iniziate le udienze che contestano la legge in vigore che permette l'aborto fino a 24 settimane, ma in caso di disabilità come la sindrome di Down fino a nove mesi. La causa storica contro il governo britannico per una clausola sulla disabilità nell'attuale legge discriminatoria sull'aborto del 1967 è stata portata in tribunale da Heidi Crowter, una donna di 25 anni di Coventry che ha la sindrome di Down, insieme a Máire Lea-Wilson di Brentford, il cui figlio Aidan di 23 mesi ha la sindrome di Down.

La causa mira a sfidare il governo britannico a rivedere l'attuale legge che ha depenalizzato l'aborto, più di 40 anni fa, perché non prevede "l'uguaglianza dei cittadini nell'utero". Attualmente c'è un limite di tempo generale di 24 settimane per l'aborto, ma se il bambino ha una disabilità, tra cui la sindrome di Down, labbro leporino e piede torto, l'aborto selettivo è legale fino al momento della nascita. La signora Crowter sostiene che tutte le disabilità non fatali (che cioè non portano alla morte del bambino) dovrebbero essere soggette allo stesso limite standard di 24 settimane.

Alla battaglia delle due donne si sono uniti vescovi della Chiesa d'Inghilterra che hanno offerto il proprio sostegno alla sfida legale. L'arcivescovo di York, Stephen Cottrell, il vescovo di Carlisle, James Newcome e il vescovo di Newcastle, Christine Hardman, hanno detto che le persone con disabilità dovrebbero essere "valorizzate, rispettate e amate. La Chiesa d'Inghilterra – hanno affermato - ha sempre sostenuto che la legge sull'aborto è discriminatoria per due motivi. In primo luogo, essa permette l'aborto solo sulla base della disabilità; in secondo luogo, elimina il limite di tempo di ventiquattro settimane per l'aborto nei casi di disabilità. Non crediamo che una tale discriminazione, fondata sulla probabilità della disabilità, sia giustificabile. C'è qualcosa di profondamente inquietante nella nostra attuale posizione contraddittoria che dice che le persone che vivono con la disabilità sono apprezzate, rispettate e amate, ma che la disabilità di per sé rappresenta un motivo valido per l'aborto sino alla nascita”.

Il Governo inglese ora dovrà difendersi in giudizio in quella che molti osservatori e sostenitori delle cause pro life definiscono una storica istanza che potrebbe introdurre limiti seri all’aborto nel Regno Unito e fermare la deriva eugenetica che l’attuale legge promuove per tutte le donne inglesi.

 

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.