17/07/2023 di Giuliano Guzzo

Diletta Leotta e il podcast sulla maternità. Ma la mamma scompare. Ecco cosa è successo

Diciamolo: tutto lasciava relativamente ben sperare. Quando si è saputo che Diletta Leotta - conduttrice Dazn e volto del calcio italiano e internazionale – aveva deciso di dare il via a Mamma dilettante, dieci episodi vodcast e podcast, «per esorcizzare le paure e le ansie che accompagnano la sua prima gravidanza», le aspettative erano quelle di un’occasione per mettere al centro, per di più in un Paese a natalità cimiteriale come l’Italia, il tema della maternità. Cosa che, in effetti, è stata.

Le prime puntate di Mamma dilettante hanno infatti visto accanto alla conduttrice tutta una serie di ospiti – coppie di genitori e ovviamente mamme, in dolce attesa e non – i quali si sono impegnati a condividere le loro esperienze; il che, lo si ripete, non si può che salutare positivamente. Insomma, sarebbe quasi venuto da congratularsi con Diletta Leotta quando, purtroppo, è arrivato uno scivolone francamente imperdonabile.

Ci riferiamo al contenuto della settima puntata. Essa, infatti, discutibile ha avuto per ospiti due uomini «meglio conosciuti sui social come i “Papà per scelta”» impegnati «a raccontarsi a cuore aperto […] tra risate - tante - e momenti emozionanti […] nella loro vita da genitori dei due gemelli avuti grazie alla Gestazione Per Altri. Una famiglia arcobaleno che ha davvero tanto da insegnare».

Ora, sulla coppia di due uomini in questione, diciamo, non c’è granché da dire: il fatto che abbiano oltre 323.000 follower su Instagram dimostra al di là di ogni ragione dubbio che la loro storia è già sufficientemente nota. Ci sarebbe invece da dire, e molto, a Diletta Leotta, partita come si diceva con delle buone puntate, salvo poi non solo concedere spazio a rappresentanti del mondo Lgbt – una sorta tributo che sui grandi media pare ormai impossibile non pagare, se non si vuol passare per bigotti od oscurantisti -, ma perfino, indirettamente, ad una pratica abominevole come l’utero in affitto, che si è scelto di chiamare «Gestazione Per Altri».

Ora, sarebbe interessante sapere dalla conduttrice se sia al corrente che quella pratica (che in Italia è reato perfino pubblicizzare, ma non sottilizziamo), è esattamente la negazione della maternità o, meglio, il suo perfetto svilimento; e qualunque coppia si inviti in una trasmissione – eterosessuale oppure omosessuale da questo punto di vista non cambia proprio nulla – che abbia ottenuto uno o più figli con l’utero in affitto ha per forza di cose preso parte a tale meccanismo. Dunque altro che “Mamma Dilettante”, con l’utero in affitto si arriva a “Mamma annullata”, “Mamma eliminata”, “Mamma sfruttata”.

Un meccanismo che, in questi anni, ha visto: delle donne lasciarci la pelle; delle donne ammalatesi di cancro costrette ad abortire dall’amorevole coppia committente; dei genitori “intenzionali”, come usa oggi dire con una espressione assai opinabile, che rifiutano il bambino commissionato «perché non assomiglia abbastanza» a loro, o che ritirano solo uno dei due gemelli – guarda caso, quello nato sano e non quello con la sindrome di Down - venuti al mondo. Ci sono poi pure casi di neonati abbandonati, semplicemente, perché non più desiderati. Soprattutto: non c’è un caso, neppure quando ci prova a parlare di «gestazione per altri solidale», in cui il figlio non sia ridotto a merce di scambio.  

Non è un caso che ad opporsi all’utero in affitto ci siano anche esponenti del mondo arcobaleno. Come Daniela Danna, sociologa dell’Università di Milano, nonché esponente della comunità Lgbt, che nel suo libro eloquentemente intitolato “Fare un figlio per altri è giusto. Falso!”, ha affermato: «La gestazione per altri? Comunque si configuri questo istituto, esso dischiuderà la porta all’industria che da una parte usa le donne come contenitori normalizzando lo sfruttamento, in un lavoro nemmeno riconosciuto come tale, mentre dall’altra considera i neonati come cose che si possono comprare, non esseri umani che nascono da e con una precisa relazione. Si può donare una cosa propria, ma con un bambino si ha una relazione: un essere umano non è appunto una cosa». Chiaro, cara Leotta? «un essere umano non è appunto una cosa».

 

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