30/06/2021 di Luca Volontè

DAL MONDO – Senato Usa, donne protagoniste nella difesa del concepito

Qualche giorno fa la Sottocommissione Giudiziaria del Senato degli Stati Uniti ha tenuto una serie di audizioni sul ‘Women's Health Protection Act (WHPA)’ del 2021, ovvero un’interpretazione totalmente liberalizzante dell’aborto. Attualmente negli USA si permette l'aborto per tutti i nove mesi di gravidanza se c’è rischio per la "salute della madre".

Ma l’interpretazione estrema a favore dell'aborto andrebbe anche oltre, cancellando praticamente tutte le restrizioni sull'aborto (abolizione della obiezione di coscienza, le leggi sulla notifica ai genitori, le leggi sull'ecografia obbligatoria pre-aborto e le leggi sul consenso informato). Alcune personalità hanno testimoniato a favore della ‘WHPA’ all'udienza, ripetendo argomenti comuni a favore dell'aborto, compresa la falsa affermazione che l'aborto è "sicuro". Molte donne pro life hanno invece presentato le proprie esperienze e ragioni contro questa interpretazione di leggi e sentenze liberalizzatrici. Tra esse Catherine Glenn Foster, presidente e CEO di Americans United for Life che ha voluto ribadire quanto il ‘Women's Health Protection Act’ “bandirebbe efficacemente tutte le protezioni statali salvavita per le donne e per i nostri bambini prematuri o per coloro che sopravvivono all’aborto. Inoltre le nuove norme abolirebbero le attuali leggi che vietano aborti eugenetici”.

La Foster - che all'età di 19 anni ha subito un aborto contro la sua volontà, con quattro membri dello staff della clinica per l'aborto che la tenevano fisicamente ferma - ha sottolineato che la legge tratta l'aborto come un'assistenza sanitaria, ma senza i controlli o le protezioni del paziente che sono richiesti ai legittimi fornitori di assistenza sanitaria: "Sappiamo dai dati e dall'esperienza che non ci si può fidare degli abortisti per il nostro benessere. Lo so fin troppo bene per esperienza personale".

A testimoniare contro il disegno di legge c'era anche Melissa Ohden, una donna che è sopravvissuta a un aborto ‘salino’. La soluzione salina avrebbe dovuto uccidere Ohden nell'utero, ma invece di essere nata morta, è nata viva. È stata poi abbandonata per lasciarla morire, finché un'infermiera ha avuto pietà di lei e ha deciso di salvarla. Nella sua testimonianza ha sottolineato che l'aborto, negli ultimi anni, è stato propagandato come un "diritto fondamentale. Sono qui oggi a chiedervi: come può l'accesso all'aborto, l'atto stesso che avrebbe dovuto porre fine alla mia vita, essere contemporaneamente il mio diritto fondamentale da esercitare?". La Ohden ha continuato dicendo che a tutti i presenti è stato concesso il diritto fondamentale alla vita, un "privilegio" che stava per essere negato a lei e ad altri sopravvissuti all'aborto. L'industria dell'aborto, ha proseguito, “parla in modo ambiguo della scienza di quando inizia la vita e di cosa fa l'aborto. Ma la realtà è molto più chiara. Tu eri te stesso nel grembo di tua madre, come lo eri il giorno in cui sei nato e come lo sei oggi. E io ero me stessa 43 anni fa, quando sono stata presa di mira per l'aborto, come lo sono oggi".

La Ohden ha sottolineato che le persone sopravvissute all'aborto dovrebbero essere una parte importante della discussione in corso al Senato. "Siamo membri di una popolazione emarginata e non protetta che continua a sperimentare il trauma, mentre l'accesso all'aborto è lodato come un diritto da perseguire. Mentre i soldi delle nostre tasse vanno a finanziare proprio l'atto destinato a porre fine alle nostre vite che ha lasciato profonde cicatrici emotive, mentali e - per molti - fisiche. Mentre le nostre esperienze e le nostre sofferenze vengono trascurate o minimizzate. Sono qui oggi per chiedere se c'è spazio in questa narrazione sull'aborto per storie come la mia, e storie di uomini e donne che sono vivi oggi dopo essere sopravvissuti a procedure di aborto fallite".

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