24/03/2021 di Luca Volontè

DAL MONDO – Regno Unito, continuano le denunce per i pericoli nelle carceri femminili con transessuali

Nel Regno Unito è ancora sotto accusa la politica del Ministero della Giustizia che permette agli uomini che si identificano come donne di essere alloggiati nelle carceri femminili, esponendo le donne ad alto rischio di aggressione sessuale nelle prigioni. In queste ultime settimane l’ennesimo caso di violenze subite da una donna minacciata di violenza è venuto alla luce durante la denuncia discussa all’Alta Corte di Londra. Gli avvocati che rappresentano una donna, conosciuta nei documenti del tribunale come F.D.J., sostengono che i detenuti maschi che si identificano come donne non dovrebbero essere alloggiati accanto alle donne perché sono ‘sproporzionatamente’ propensi a commettere aggressioni sessuali e dovrebbero invece essere alloggiati in un'ala separata del carcere. Si riapre così il dibattito nel Regno Unito, non solo sulla pericolosità dei ‘trans’ nei confronti delle donne, ma anche sull’opportunità o meno di aprire carceri apposite per i detenuti trans o, come sarebbe più ragionevole, alloggiare questi detenuti secondo il proprio sesso biologico negli istituti dedicati.

Dal 2019 il Ministero della Giustizia inglese permise ai detenuti di essere alloggiati secondo la loro "identità di genere", se in possesso di un certificato di riconoscimento di genere, "indipendentemente dal fatto che abbiano intrapreso qualsiasi azione legale, amministrativa o medica per acquisire quel nuovo genere”. Una specie di autodichiarazione confermata dal medico.  La denunciante “FDJ” ha ribadito alla Corte di essere stata aggredita sessualmente da un detenuto transgender nel 2017. L'uomo, che sosteneva di essere e sentirsi femmina, è stato ospitato nella popolazione carceraria femminile, nonostante avesse scontato condanne per "gravi reati sessuali contro le donne" in precedenza. Era dunque più che prevedibile ciò che poi accadde. L’avvocato della donna, Karon Monaghan, ha sottolineato che mentre i detenuti trans costituiscono solo l'un per cento di quelli ospitati nelle prigioni femminili,  "sono responsabili del 5,6% delle aggressioni sessuali nelle carceri e l’attuale classe politica non ha riconosciuto sinora la straordinaria vulnerabilità delle detenute e le storie di abusi e violenze di genere subite da parte dei detenuti transessuali". Da parte sua, nei giorni scorsi, il Ministero di Giustizia si è nuovamente arroccato sulle proprie posizioni e ribadito che le scelte fatte facilitano “i diritti delle persone transgender di vivere nel loro genere acquisito” e si protegge così la loro “salute mentale e fisica’. Nessun accenno, quindi, alle donne, alla loro sicurezza e dignità.

In una lettera al Daily Telegraph, un gruppo di eminenti accademici, avvocati ed ex funzionari penitenziari hanno espresso le loro forti critiche alle decisioni del Ministero e confermato come il caso in discussione all’Alta Corte "conferma l'inaccettabilità" di permettere "ai detenuti di sesso maschile che hanno un certificato di riconoscimento di genere diverso di essere alloggiati in carceri femminili". Le prigioni femminili sono e dovrebbero restare "esempi definitivi di strutture utilizzate per le donne che dovrebbero rimanere monosessuali. Tutti i detenuti vulnerabili hanno il diritto di essere al sicuro anche in prigione, ma i bisogni di un ristretto gruppo non possono costare la sicurezza e il benessere delle donne in prigione". Nelle prossime settimane, a conclusione del caso giudiziario, c’è da esser certi che il Ministero della Giustizia dovrà rivedere le proprie politiche carcerarie e, nel tutelare tutti, non potrà più dimenticare la salute e la sicurezza della donne.

 

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