20/11/2015

Contraccezione per lui: una conquista?

Poco importa come, quel che conta è poter fare sesso senza ‘correre il rischio’ di ritrovarsi, nove mesi dopo, con un pupo in braccio. E’ questa la legge della contraccezione.

Si potrebbe commentare così, tra il serio e il faceto, l’articolo entusiasta pubblicato su l’Espresso dal titolo: “Pillola per lui: è la volta buona?”. Nel pezzo si racconta che un team di ricercatori giapponesi, guidato da Masahito Ikawa, ha recentemente pubblicato sulla nota rivista “Science” i risultati di uno studio innovativo. I ricercatori hanno infatti scoperto che se si blocca una proteina, la calcineurina, gli spermatozoi diventano infertili, in quanto incapaci di muoversi in maniera tale da riuscire a fecondare le cellule uovo. Processo che, una volta sospesa la somministrazione del trattamento, è reversibile.

Per ora gli studi sono stati condotti sui topi, ma gli scienziati auspicano che gli stessi risultati si possano avere anche sull’uomo, dal momento che lo sperma umano contiene la stessa proteina.

Questa è dunque l’ultima novità. Oltre al preservativo o alla pratica del coito interrotto, c’è la vasectomia (che però in Italia non è permessa e che inoltre è considerata rischiosa in quanto nel 50% dei casi non è reversibile) e poi c’è questo cosiddetto ‘pillolo’, per analogia con il noto contraccettivo femminile.

Altri metodi di contraccezione maschile sono in fase di sperimentazione. Pare infatti che trovare un contraccettivo per l’uomo sia necessario, altrimenti “la responsabilità grava tutta sulla donna”. Ma se nasce un bambino, la responsabilità è fifty-fifty, non c’è variabile che tenga.

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Qui il vero problema è culturale. Si insegna che il sesso serve solo al puro soddisfacimento dei desideri carnali (primari, secondari o terziari, poco importa) e non si educa alla responsabilità dei gesti che si compiono: una responsabilità che assume un connotato personale, ma anche sociale e civile. E questo discorso vale sia per questioni apparentemente secondarie – come può essere quella di non buttare carte per strada, sia per quelle più importanti, quali la maternità e la paternità.

Siamo in troppi, dicono (ma non è affatto vero…), e su questo le case farmaceutiche fanno lauti guadagni, incuranti della crisi demografica che ci attanaglia e della salute delle persone (si pensi agli effetti della pillola sulle donne…). Sembra quasi che oramai le uniche a volere figli siano le coppie omosessuali…

La nostra speranza è che la società si svegli presto da questo abbaglio edonista e capisca che la vera gioia sta nel dare la Vita, donandosi.

Teresa Moro

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