06/12/2017

Charlie Gard, l’eutanasia di Stato e le DAT

Assuntina Morresi ha da poco pubblicato il libro “Charlie Gard, Eutanasia di Stato”.

Si è sentita in dovere, “per  giustizia nei confronti di una grande ingiustizia” di tornare a ricordare la triste vicenda di Charlie e dei suoi genitori: «Persone, non idee, e in quanto tali vanno difese», dice a Fabio Fuiano che la intervista su Sparkling.

Ha ripercorso come in un diario quei lunghi mesi intensi per «rendere consapevoli tutti noi che abbiamo combattuto per Charlie, che la vicenda non sarebbe diventata planetaria senza la nostra mobilitazione, ed è importantissimo che ci si renda conto di che cosa ha scatenato la ribellione: è molto ingeneroso parlare di una semplice “reazione emotiva”. No … è stata una reazione umana.

C’è un filo conduttore che lega le storie di Charlie, Eluana Englaro, Terry Schiavo e dj Fabo: quelli  sono stati “casi”, «sostanzialmente costruiti a tavolino per creare dei precedenti da seguire come esempio, in situazioni analoghe che si sarebbero presentate in futuro. Quello di Charlie, invece, è stato un incidente: i medici del GOSH non volevano che scoppiasse la vicenda e nemmeno se lo aspettavano.... Il filo conduttore è la volontà eutanasica: ci sono casi in cui la vita non merita d’essere vissuta, è meglio morire. Ma mentre l’eutanasia generalmente si definisce in un contesto di sofferenza fisica insopportabile (non riesci a placarla in alcun modo e quindi è “meglio” morire), per Charlie non si tratta di una sofferenza incontrollabile di tipo fisico e la logica eutanasica stava nel voler porre fine ad una vita che teoricamente produceva sofferenza a prescindere da un dolore fisico, una vita sofferente perché di scarsa qualità. Per Charlie si è arrivati al punto da non consentirgli di tornare a casa per morire: se gli “esperti” e le istituzioni possono stabilire il tuo massimo interesse, decidendo anche della tua vita e della tua morte, a maggior ragione possono decidere dove e come vivi e muori. Questa mentalità eutanasica è entrata pian piano nella mentalità comune – non si fanno mai grandi salti, per la finestra di Overton – e Charlie è stato una sentinella: ci ha avvertito che siamo già entrati in questa mentalità, e ci ha resi coscienti che probabilmente ci sono state tantissime altre vittime sconosciute di questa logica mortifera». Oggi, infatti, c’è un altro bambino che rischia di fare la fine di Charlie,  Isaiah Haastrup.

La Morresi spiega anche l’ipocrisia di coloro che promuovono l’eutanasia sotto le sue varie forme (anche sotto forma di DAT) mettendo innanzi “l’autodeterminazione dell’individuo”.

«Non è, infatti, la volontà del singolo a valere, ma il giudizio sulla sua qualità di vita da parte di “esperti”, e questo è terribile. Una volta si dava per scontato il cosiddetto favor vitae, e cioè che la vita fosse il primo fra tutti i diritti, e quindi, nel dubbio, la preferenza era sempre al vivere. Se invece il favor vitae non è più il criterio di giudizio, ma la principale coordinata di riferimento è la qualità della vita, tutto dipende da chi decide, a prescindere dalla volontà della persona interessata. E morire può diventare il massimo interesse.»

Molte persone non comprendono la differenza tra “inguaribile” e “incurabile” proprio perché non c’è più il favor vitae: «Se la vita vale solo a certe condizioni – salute, qualità di vita decente – nel momento in cui quelle condizioni non ci sono più, e non hai prospettive di guarigione, non importa che tu sia curabile, cioè che qualcuno possa prendersi cura di te».

I medici del Gosh non hanno dato la possibilità ai genitori di Charlie di  scegliere il medico curante. Hanno peccato di una sorta di «delirio di onnipotenza che li ha persino portati ad imporre l’hospice dove far morire Charlie».

E il bello è che «Nessuno dei cosiddetti “liberali” che vediamo continuamente gridare e appellarsi alla libertà di cura si è espresso, per il piccolo Charlie: se questi sono i paladini della libertà di cura, Iddio ce ne scampi.»

I media, infatti,  hanno provato ad oscurare la mobilitazione che c’è stata per il piccolo Charlie. Non hanno parlato delle veglie di preghiera, non hanno parlato dei monumenti blu, in tutta Italia e in tutto il mondo: si fossero colorati di arcobaleno sarebbero stati tanto zitti? Non hanno digerito che la mobilitazione a favore di Charlie fosse stata senza un “capo”: cattolici, pro-life, senza un riferimento politico, né del mondo dello spettacolo né dei media.

Conclude quindi la Morresi: «La costrizione di staccare il ventilatore è stata una coercizione terribile sotto tutti i punti di vista, degna di un regime dittatoriale, ma il non poter morire a casa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Inoltre noi abbiamo messo in evidenza le bugie del Gosh – come il fatto che il ventilatore non passava dalla porta o le difficoltà dovute a scale inesistenti nella casa dei Gard.»

E mette in guardia: «Se peraltro continuiamo a ragionare in base ad “ipotetiche sofferenze”, non dimostrate ma probabili, andrebbero “terminati” tutti coloro che sono in terapia intensiva – tutti ipoteticamente sofferenti, anche se notoriamente sedati

Bisognerebbe che in Senato si leggessero tutti questo libro prima di proclamare, tra uno spot pre-elettorale e l’altro, che vogliono approvare la legge sul biotestamento come una “questione di civilità”: con una legge come quella sulle DAT tutti i malati in stato di incoscienza – soprattutto i minori e gli incapaci – potrebbero essere uccisi per fame e per sete contro la loro volontà, ma nel loro “miglior interesse”.

Redazione


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