12/10/2023

Carriera Alias nelle scuole: cos’è, quanto è diffusa e cosa fare

Sempre più spesso, negli ultimi anni, nelle scuole di ogni ordine e grado si pongono questioni relative all’affettività, alla sessualità, al rapporto con il proprio corpo. In molti casi, la sessualità viene considerata in modo fluido o nell’ambito di quella che viene chiamata ‘teoria gender’ o ‘gender’ e che ha i suoi risvolti anche nella cosiddetta Carriera Alias.

 

Cosa è la Carriera Alias

La “Carriera Alias” - così come descritta dai suoi fautori - è un profilo alternativo e temporaneo, riservato agli studenti - e in alcuni casi pure ai docenti e al personale - che non si riconoscono nel genere ‘assegnato alla nascita’ - come oggi si usa dire con riferimento al sesso biologico – e che, quindi, intendono vedersi riconosciuto un altro genere: quello percepito. L’identità "alias" viene riconosciuta, quasi sempre, dall’ente scuola in assenza d’una qualsivoglia verifica medica. Nella maggior parte dei cosiddetti ‘regolamenti alias’ approvati nelle scuole è specificato a chiare lettere che tale ‘carriera’ si può intraprendere senza nessun tipo di certificazione medica che attesti una diagnosi di disforia di genere o un percorso di transizione non solo intrapreso ma anche concluso. Ciò significa che se Tizio si sente Caia, dovrà essere chiamato con questo secondo nome e riconosciuto come una ragazza. E guai a chi non si adegua.

 

Perché si chiama Carriera Alias?

La carriera alias, che come abbiamo detto è inquadrata come un profilo burocratico, alternativo e temporaneo, si chiama in questo modo proprio perché gli studenti scelgono un "alias", dunque un nome e una identità alternative, sostitutivi del proprio vero nome e identità.

 

Come si ottiene la Carriera Alias?

Purtroppo la Carriera Alias è fin troppo facile da richiedere e da ottenere. L’attivazione della Carriera Alias, infatti, può essere richiesta dalla famiglia/tutore legale di un’alunna o di un alunno minorenne o direttamente dall'alunno maggiorenne, inviando una comunicazione firmata in cui si dichiara che lo studente ha un’identità diversa da quella assegnata alla nascita in base al sesso biologico, attestando che la persona in questione deve essere rispettata e nominata secondo il nome di elezione e i pronomi scelti.

 

Cosa significa attivare una Carriera?

Significa, come detto sopra, l'attivazione di questo "cambio" di nome nei documenti e registri interni alla scuola, e soprattutto il riconoscimento della presunta identità transgender dello studente all'interno della scuola.

 

Le criticità della Carriera Alias

Tra le criticità, molte, della Carriera Alias, una prima sembra essere nella contraddizione in termini - e in fatti - delle conseguenze a cui arriva. Il nome di elezione, infatti, vale solo in ambito scolastico e non riguarda tutta la vita di una persone che ‘si sente’ qualcos’altro rispetto al suo sesso biologico. Niente ‘alias’, dunque - almeno, fortunatamente, non ancora - nelle attività sportive, associative, di ritrovo con gli amici e il gruppo dei pari, fuori dalla scuola. Ѐ dunque concreto e all’ordine del giorno il rischio che una persona non venga riconosciuta come fa la scuola, innescando - in quel caso davvero - un senso di disagio e disallineamento di identità che non verrebbe in questo modo arrestato ma perfino alimentato.

In seconda battuta, la «carriera alias» presenta rilievi di natura giuridica. Quasi sempre, infatti, le scuole che la introducono fanno leva sul D.p.r. 275/1999, recante la disciplina in materia di autonomia delle istituzioni scolastiche. Il fatto è che, in assenza di una normativa specifica, evocare tale norma appare alquanto parziale e arbitrario. Questo per un motivo semplice: l’articolo 4 del citato D.p.r. presuppone, quale componente finalistica della norma, il rispetto della libertà di insegnamento, della libertà di scelta educativa delle famiglie e delle finalità generali del sistema. Quindi la pur rilevante autonomia scolastica non può essere tirata in ballo per l’adozione di provvedimenti che non trovino in una norma, ad oggi assente, il loro fondamento giuridico. Ma torneremo sulle criticità giuridiche, che sono molte.

Come terzo punto, ci sono le conseguenze negative che la «carriera alias» potrebbe avere sui soggetti che decidono di avvalersene. Infatti, anche nell’ipotesi che – diversamente da quanto detto poc’anzi – tale profilo burocratico possa funzionare a meraviglia, esso altro non farebbe che agevolare l’iter di transizione, da parte di un minore, da un genere all’altro. Il che appare altamente problematico per un motivo semplice: spesso i giovani transgender, crescendo, cambiano idea e decidono perciò di tornare alla loro identità originaria, con tutte le dure criticità che esso comporta sotto il profilo chirurgico, ormonale e psicologico. Non si tratta di casi rarissimi, anzi: a livello internazionale risultano sempre più frequenti.

Dalla letteratura scientifica in tema di disforia di genere di minorenni si evince che:
1. La maggior parte dei soggetti con disforia di genere (anche ad insorgenza nell’infanzia) risolvono spontaneamente la disforia entro la maggiore età. 
2. Sul recente (ed esponenziale) fenomeno della disforia di genere a insorgenza rapida nell’adolescenza non ci sono dati sufficienti (si può presumere che tale “disforia” sia meno persistente di quella a insorgenza nell’infanzia).
3. Non c’è sufficiente evidenza scientifica per affermare che la transizione sociale abbia effetti psicologici positivi (nel medio e lungo termine) nei minori, anche nei casi di disforia di genere più persistente.
4. La transizione sociale (di cui la Carriera alias è una manifestazione) sembra favorire la persistenza della disforia di genere.

Alla luce delle evidenze scientifiche, quindi, non è vero che la Carriera alias tuteli il “diritto all’identità di genere” degli studenti e sia a beneficio di quelli con disforia di genere. Infatti:

1. Non ci sono garanzie che i soggetti interessati possano legittimamente invocare il diritto all’identità di genere, in quanto generalmente i regolamenti non richiedono alcuna certificazione della disforia di genere;
2. Non possiamo essere sicuri che la transizione sociale della carriera alias procuri benefici nel medio/lungo termine a soggetti con disforia certificata (perché la maggior parte di questi risolverà spontaneamente la propria disforia, visto il fenomeno rilevante della desistenza, ed è impossibile sapere in anticipo chi desisterà e chi no). Anzi, nella maggior parte dei casi, la transizione sociale della Carriera alias è verosimilmente controproducente, in quanto rende più difficile la risoluzione spontanea della disforia;
3. Persino nell’ipotesi dei giovani che persisteranno nella disforia, non abbiamo sufficiente evidenza scientifica a fondamento di un beneficio netto della transizione sociale.

 

La Carriera Alias è legale?

​​La “Carriera Alias” è conforme alle disposizioni del nostro ordinamento giuridico, oppure si tratta di qualcosa di incompatibile con le leggi italiane? Tanto i promotori, naturalmente, ma spesso anche i critici di questo strumento, di solito non si misurano con il quesito della sua legittimità giuridica. Il dibattito pro o contro la «carriera alias» si ferma spesso, infatti, al piano bioetico e morale; il che è comprensibile. Esiste però anche un livello giuridico che pare francamente ineludibile, allorquando si affronta il tema di nuove e alternative identità basate esclusivamente sulla percezione di sé. Per rendersene conto, ancor prima di consultare i giuristi, è sufficiente leggere le norme. A partire dall’articolo 6 del Codice Civile, che dispone che «ogni persona ha diritto al nome che le è per legge attribuito. Nel nome si comprendono il prenome e il cognome. Non sono ammessi cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati». L’esclusione tassativa di «cambiamenti, aggiunte o rettifiche al nome, se non nei casi e con le formalità dalla legge indicati» - tra le quali non rientra la «carriera alias», non disciplinata per legge – è senza dubbio un dato notevole; ma non è il solo.

Su questo tema si è anche pronunciata, infatti, la magistratura; più precisamente, è accaduto che la Suprema Corte di Cassazione, con l’ordinanza 17 febbraio 2020, n. 3877, abbia affermato che «il legislatore nazionale, con la L. n. 164 del 1982, art. 5 ha richiesto una corrispondenza assoluta tra sesso anatomico e nome, manifestando preferenza per l'interesse alla certezza nei rapporti giuridici rispetto all'interesse individuale alla coincidenza tra il sesso percepito e il nome indicato nei documenti di identità». Conseguentemente, la Cassazione ha sottolineato che «l'attribuzione del nuovo nome - pur non essendo espressamente disciplinata dalla L. n. 164 del 1982 - consegue necessariamente all'attribuzione di sesso differente, al fine di evitare una discrepanza inammissibile tra sesso e nome». Tutto questo alla luce del fatto che, in altre precedenti sentenze, era stato stabilito che «al nome, quale segno distintivo della persona, si applica la legge dello Stato cui il soggetto appartiene», quindi, «i provvedimenti che possono incidere sul nome sono soltanto quelli previsti dall'ordinamento dello Stato di appartenenza».

La conferma che il cambio di nome non può essere né qualcosa di automatico, né essere stabilito da un ente come quello scolastico ci viene inoltre dall’art. 89 del D.p.r. 3 novembre 2000, n. 396, che dispone come «salvo quanto disposto per le rettificazioni, chiunque» desideri «cambiare il nome o aggiungere al proprio un altro nome ovvero vuole cambiare il cognome [...] deve farne domanda al prefetto della provincia del luogo di residenza o di quello nella cui circoscrizione è situato l'ufficio dello stato civile dove si trova l'atto di nascita al quale la richiesta si riferisce». Nessun cenno dunque, neppure remoto, alla facoltà della scuola d’introdurre la «carriera alias» che, alla luce di quanto detto, risulta un istituto viziato da incompetenza – per ciò pure in violazione dell’art. 97 della Costituzione - e adottato in violazione di legge. Diverso sarebbe, naturalmente, se all’amministrazione scolastica fosse attribuito un qualche potere in materia di modifica anche temporanea e anche solo nel perimetro didattico del nome o dell’identità – ma tale attribuzione, norme alla mano, non c’è.

Non solo. Per completezza, va rimarcato come non siano ammessi dalla legge provvedimenti dell’amministrazione scolastica che abbiano carattere anticipatorio rispetto ad un eventuale provvedimento giurisdizionale che rettifichi l’attribuzione del sesso e il nome attribuito alla nascita.

È vero che la Carriera alias non incide - né potrebbe incidere - sul nome anagrafico dello studente. Tuttavia, la legge regola il diritto al nome in generale (ad es. art. 6 c.c.) non soltanto il nome anagrafico, e manca una legge che attribuisca alla scuola il potere di cambiare il nome e l'identità sessuale, anche a livello non anagrafico. 

Alcuni sostengono che il nome di elezione alias sarebbe uno pseudonimo, che già trova tutela nell’ordinamento. Tuttavia:

1. Il nome d’elezione alias è diverso dallo pseudonimo: l’uso dello pseudonimo non è mai imposto a terzi (diversamente dal nome di elezione alias); il nome alias è solo funzionale alla transizione di genere; il nome alias potrebbe essere inventato e subito tutelato dalla scuola, mentre lo pseudonimo è tutelato solo se “usato da una persona in modo che abbia acquistato l’importanza del nome” (art. 9 c.c.).

2. I registri ufficiali della scuola devono contenere i dati anagrafici degli alunni, non lo pseudonimo. L’Ordinanza Ministeriale 2 agosto 1993, n. 236, in materia di valutazione degli alunni della scuola elementare e in attuazione dell’art. 11 della legge 5 giugno 1990, n. 148, prevede esplicitamente che «il registro di classe riporta: [...] elenco e dati anagrafici degli alunni, presenze e assenze» (art. 5 comma 4)

Ci sono anche potenziali problematiche di carattere penale. Ci riferiamo all’art. 479 del Codice penale, che prevede il reato di “Falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici”. In sintesi, la norma punisce – con reclusione da tre a dieci anni, se la falsità concerne un atto che faccia fede fino a querela di falso - il pubblico ufficiale, che, «ricevendo o formando un atto nell'esercizio delle sue funzioni, attesta falsamente che un fatto è stato da lui compiuto o è avvenuto alla sua presenza [...] o comunque attesta falsamente fatti dei quali l'atto è destinato a provare la verità».

Perché è significativo tutto questo? Semplice: perché i documenti ufficiali dell’istituzione scolastica, in particolare il registro di classe e il registro dei professori - anche in forma elettronica -, costituiscono atti pubblici di fede privilegiata, e - in relazione ai fatti attestati in essi - agli insegnanti compete la qualifica di pubblici ufficiali. Ecco che allora, se l’insegnante dovesse attestare - ad esempio - la presenza o assenza di una persona con nome e genere divergente dai dati anagrafici, ciò potrebbe costituire, alla luce di quanto sin qui detto, una falsità commessa da pubblico ufficiale in atto pubblico (art. 479 c.p.), considerato altresì che l’Ordinanza Ministeriale 2 agosto 1993, n. 236, in materia di valutazione degli alunni della scuola elementare, specifica che «il registro di classe riporta: [...] elenco e dati anagrafici degli alunni, presenze e assenze» (art. 5 comma 4).

Il lettore arrivato fin qui sarà già impressionato dalla vasta incompatibilità tra la «carriera alias» e le previsioni del nostro ordinamento; ma non è finita. Va infatti ricordato, restando sul Codice penale, che oltre al citato articolo 479, c’è anche il 494, che prevede il reato di “Sostituzione di persona”, ai sensi del quale è punito chiunque «al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all'altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici». Come mai questo richiamo è rilevante? Perché, visti i profili attinenti alla privacy - e quindi alla potenziale relativa “segretezza” dell’identità biologica e anagrafica del richiedente la carriera alias, nonché al cambio di nome e di identità su alcuni documenti interni e all’incoraggiamento (o addirittura l’obbligo) rivolto al personale scolastico (o agli altri studenti) di usare il nome contrastante con il sesso biologico e con l’identità anagrafica – il regolamento della «carriera alias» potrebbe creare situazioni in cui alcuni sono indotti in errore rispetto al nome e all’identità del richiedente la carriera alias.

Un avvocato, a questo punto, chioserebbe osservando che la giurisprudenza di legittimità ha ritenuto sussistente il reato in questione – vale a dire il citato articolo 494 del Codice penale - in fattispecie simili a quelle che potrebbero risultare dall’applicazione del regolamento scolastico. Infine, va evidenziato come, per la sussistenza del reato di sostituzione di persona, non sia necessario che il fine propostosi dall'agente sia in sé stesso illecito o di natura patrimoniale, ben potendo essere lecito e non patrimoniale.

Da ultimo c’è un aspetto che, specie chi ha responsabilità scolastiche, non può non considerare, vale a dire il concorso morale o materiale nel possibile reato, ovvero l’istigazione o l’apologia pubblica dei reati di falso o di sostituzione di persona costituiscono a loro volta reato, ai sensi del combinato disposto degli artt. 110, 414, 479 e 494 c.p.

Morale, se in apertura ci si era chiesti se la «carriera alias» fosse conforme alle disposizioni ordinamentali italiane, l’unica conclusione che se ne può trarre è che non solo essa sia del tutto priva di basi giuridiche, ma che le leggi, lette in modo coordinato, formano un solido argine contro regolamenti scolastici che la includano. Di tutto ciò sono consapevoli i dirigenti scolastici che appoggiano simili iniziative? A questo punto, la sola domanda che resta in piedi è proprio questa.

 

Le iniziative di Pro Vita & Famiglia

Come Pro Vita & Famiglia abbiamo denunciato ed evidenziato più volte enormi problematiche di natura sociale e umana per i ragazzi, nonché criticità di natura giuridica. Innanzitutto, infatti, promuovere questo strumento significa rischiare di rafforzare nei minori l’idea malsana di essere ‘nati nel corpo sbagliato’, soprattutto se consideriamo che si tratta di bambini e adolescenti, ovvero periodi della vita dove sono molto presenti incertezze emotive superficiali o influenzate da mode e tendenze del momento. Un’idea, dunque, quella di essere nati in un ‘corpo sbagliato’ che può dunque portare a intraprendere iter, appunto, di transizione da un sesso a un altro, con danni psicofisici e fisici irreversibili, con frequenti casi di pentimento postumo, laddove invece di un incoraggiamento a sentirsi ‘nel corpo sbagliato’ sarebbe stato più opportuno ascoltare e supportare nella chiarificazione un adolescente in una fase delicata della propria vita. 

Carriera Alias, infatti, significa legittimare agli occhi degli studenti l’idea che non c’è nulla di male né di rischioso nell’iniziare un iter di transizione di genere. Questo iter - prima sociale (appunto la Carriera Alias), poi fisico e infine forse anche chirurgico - se portato a termine rappresenterà la certezza di non poter più tornare completamente indietro. Come detto, in tal senso sono decine e decine le storie, che ci arrivano soprattutto dall’estero, dei cosiddetti ‘Detransitioner’, ovvero adolescenti pentiti della scelta fatta, che raccontano come le proprie perplessità erano dovute, appunto, a disagi giovanili del momento, non di certo a disforie o altri presunti motivi inculcati loro dalla narrazione LGBTQIA+.

Da questo punto di vista le azioni da fare, anche ora che è iniziato da poco il nuovo anno scolastico, sono molteplici. Sicuramente è possibile agire per vie legali, qualora la scuola dei nostri figli avesse già adottato - o anche solamente proposto - la Carriera Alias. È quello che, per esempio, abbiamo fatto come Pro Vita & Famiglia lo scorso dicembre, quando abbiamo notificato oltre 150 diffide – ora diventate oltre 220 - ad altrettante scuole che l’hanno approvato, intimandone l'immediato annullamento. Nelle diffide abbiamo infatti esposte le ragioni per cui assegnare un nome diverso a uno studente in base a una mera auto-percezione di genere, per di più priva di una diagnosi di disforia di genere, non solo è una procedura dannosa per la sua sana maturazione psico-fisica, ma è soprattutto in aperto contrasto con le normative vigenti in campo amministrativo, civile e potenzialmente anche penale.

 

Cosa possono fare i genitori contro la Carriera Alias?

E poi c’è un altro strumento, molto utile per noi genitori proprio per ridurre al minimo i rischi di far entrare il gender - e la carriera alias - nelle scuole: ed è quello di essere protagonisti all’interno degli organi collegiali degli Istituti. Prepararsi già ora significherebbe infatti iniziare questo anno scolastico già in modo attivo, come famiglia, negli  organismi di governo e di gestione delle attività scolastiche a livello territoriale e di ogni singola scuola. Secondo le normative, infatti, si tratta di realtà che prevedono sempre la rappresentanza dei genitori e sono tra gli strumenti che possono garantire sia il libero confronto fra tutte le componenti scolastiche sia il raccordo tra scuola e territorio.

Si tratta in ogni caso di componenti essenziali per immaginare la “scuola che verrà” e preparare un terreno fertile e che dia buoni frutti per i nostri figli e il futuro della società. Il rapporto tra le famiglie e l’istituzione scuola, infatti, è fondamentale per una buona riuscita del compito educativo della stessa scuola. I genitori non sono un mero contorno rispetto ai loro figli, ma con docenti e dirigenti devono costituire sempre un’alleanza educativa per i bene dei più piccoli, anche e soprattutto quando si tratta di contrastare o bloccare sul nascere derive ideologiche come, appunto, la Carriera Alias.

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