«Gruppi transgender altamente politicizzati mettono a rischio i bambini». Uno strale acuto e terribile è quello lanciato da Marcus Evans, psicoterapeuta ed ex direttore della Tavistock Clinic dove si curano i bambini affetti da disforia di genere. Frase lapidaria, la sua, per di più riportata dal Corriere della Sera, giornale della sinistra liberal che ha sempre sposato la causa della comunità Lgbt.
Evans ha raccontato, senza peli sulla lingua, che i suoi colleghi hanno paura di essere accusati di transfobia e per questo si sentono pressati e in qualche modo “costretti” ad intraprendere per i bambini e i ragazzi il percorso di “transizione”, a base di ormoni.
Le sue parole non lasciano spazio a dubbi: «L’agenda politica dei trans ha invaso l’ambiente medico. Serve un servizio sanitario indipendente che metta gli interessi del paziente al primo posto. Questo richiede la forza di resistere alle pressioni che arrivano da diverse fonti: il ragazzino, la famiglia, i social network e i gruppi trans iperpoliticizzati».
In effetti l’inspiegabile boom, verificatosi dal 2013 in poi, di adolescenti che vogliono diventare transgender, potrebbe essere causato proprio da quello che denuncia Evans, parliamo di un aumento vertiginoso e repentino che ha dell’incredibile: se nel 2013 erano 468 i giovanissimi che si erano rivolti al Servizio per lo sviluppo dell’identità di genere (Gender Identity Development Service), nel 2018 i casi registrati sono arrivati a 2.519. Cifre che destano sospetti e non poche perplessità al punto che il Royal College of Paediatricians and Child Health ha chiesto al suo comitato etico di condurre adeguate indagini e verifiche su questo strano aumento dell’uso di bloccanti della pubertà.
Inoltre Evans ha messo in evidenza che il “cambiamento di sesso”, alla Tavistock, viene presentato come l’unica soluzione ai disturbi legati all’identità sessuale: «Tutti i genitori hanno espresso preoccupazione per il fatto che, dopo che i loro figli hanno improvvisamente annunciato di pensare di vivere nel sesso sbagliato, gli operatori hanno immediatamente appoggiato la tesi che questa fosse la causa dell’angoscia del bambino, piuttosto che offrire tempo per esplorare dal punto di vista psicologico lo sviluppo del problema».
Peraltro, all’inizio di quest’anno, una decina di medici della Tavistock avevano denunciato che le forti pressioni delle lobby trans spingevano nella direzione degli interventi di transizione. Come prevedibile, tuttavia, il consiglio direttivo ha pensato bene di ignorare la questione con due parole: «La sicurezza del paziente non è in pericolo», impiegando invece tutto lo zelo possibile nel chiedere e ottenere le dimissioni di Evans, il quale si sarebbe giocato il posto di lavoro, in seguito a questa coraggiosa e chiara denuncia: «C’è una grande paura a parlare perché si rischia l’accusa di transfobia e anche un richiamo disciplinare o persino il licenziamento».
Manuela Antonacci