23/03/2022 di Giuliano Guzzo

Biden choc. Vuole una fervente abortista alla Corte Suprema

Serpeggia un forte senso di grande preoccupazione, nel mondo pro life americano e non solo, per la decisione dell’inquilino della Casa Bianca, Joe Biden, formalizzata ufficialmente lo scorso 25 febbraio, di proporre la giudice Ketanji Brown Jackson quale nuovo componente della Corte Suprema, che, come noto, è il più alto organo giudiziario degli Stati Uniti. Tale preoccupazione, ovviamente, non è campata per aria ma deriva dalla semplice lettura della biografia della giurista che il presidente democratico ha proposto: 51 anni, proveniente dalla Corte d’Appello federale, Jackson è infatti di risapute simpatie progressiste.

Non solo, il giudice Jackson ha dei trascorsi che non possono non destare inquietudine in chiunque abbia a cuore il valore della difesa della vita nascente dal concepimento. Infatti, nelle sue vesti di legale, negli anni ha assistito svariate organizzazioni e realtà abortiste, tra le quali svettano cui l'Abortion Access Project del Massachusetts e Naral Pro-Choice America. Si tratta di elementi già pesanti ma, purtroppo, non è ancora finita.

La giudice Jackson, segnalano i bene informati, non solo considera intoccabile la sentenza Roe contro Wade – quella che, nel 1973, ha spalancato le porte all’aborto legale negli Usa – ma, da parte sua, non si è mai tirata indietro, quando le si è profilata dinnanzi la possibilità di spendersi per limitare la libertà di parola degli americani pro life che difendono i bambini al di fuori dei centri per l'aborto, spesso con risultati sorprendenti come dimostra, su tutte, la vicenda di Abby Johnson, così ben raccontata nel toccante film Unplanned. Certo, c’è da dire che in realtà questa nomina, se sarà ufficializzata a conclusione dell’iter in corso, dovrebbe essere in sostituzione di un altro giudice progressista, l’ultraottantenne Stephen Breyer, che ha già annunciato il pensionamento a fine estate.

Ciò però nulla toglie alla gravità, in ottica pro life, di una nomina quale è quella della giudice Jackson. Motivo per cui il mondo americano attivo sui temi etici, in questi giorni, è realmente in allarme e la nota associazione LiveAction ha addirittura lanciato una petizione proprio per fermare l’ascesa di questa giurista alla Corte Suprema. Nel frattempo, i grandi media progressisti non stanno naturalmente a guardare. Infatti, risulta già in corso la preparazione di un’ovazione mediatica per colei che, se sarà confermata, diventerà «la prima donna afromericana a far parte della Corte suprema degli Stati Uniti d'America», come perfino Wikipedia si è già affrettata a precisare.

Ora, ci si può sempre sbagliare, ma la netta sensazione è che i democratici americani, con questa nomina, intendano fare una cosa ben precisa: controbilanciare il pesante schiaffo – politicamente parlando – inflitto loro dall’ex presidente Donald Trump con la nomina, sul finire del suo mandato, del giudice Amy Coney Barrett: anche lei donna, anche lei giovanissima (perfino più della stessa Jackson), ma cattolica ed orgogliosamente pro life. C’è da giurare che da quando, nell’ottobre 2020, il giudice Barrett ha fatto il suo ingresso nella Corte suprema, a molti progressisti la cosa non sia mai andata giù. Per questo si tenta, spingendo ora sulla giudice Jackson, di pareggiare un po’ i conti.

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