16/06/2021 di Giuliano Guzzo

Vergognoso alla Camera: aborto difeso come un diritto umano. Ecco cosa è successo

A difesa dei diritti, anzi «del grido di allarme delle donne polacche», private del loro sacrosanto «diritto di aborto». Sposando e rilanciando questa tesi, introdotte dall’ex Presidente della Camera Laura Boldrini, due significative voci pro-choice sono intervenute lunedì pomeriggio presso il Comitato permanente sui diritti umani nel mondo, istituito presso la Commissione Esteri, nell'Aula della Commissione Cultura del Parlamento italiano. Le voci in questione sono state quelle di Eleonora Cirant, dell’Associazione Pro-choice - Rete Italiana Contraccezione Aborto, e di Irene Donadio, dell’International Planned Parenthood Federation European Network (Ippf En).

Per la verità, molto era già stato detto, introducendo le due audite, dalla Boldrini, la quale non ha mancato di segnalare il «collasso sistematico dello stato di diritto in Polonia», che porterebbe ben 30.000 donne ogni anno a recarsi all’estero per abortire, visti i limiti di una legislazione che già era restrittiva e che da qualche tempo lo è ancor di più. Ad imprimere una svolta ulteriore, infatti, facendo infuriare tanti, è stata la pubblicazione di una sentenza della Corte Costituzionale polacca, presieduta da Julia Przylebska, che il 22 ottobre 2020 aveva di fatto vietato l’aborto in caso di grave malformazione del feto, richiamando l’«incompatibilità» di tale fattispecie, prevista da una norma del 1993, con la Costituzione.

In sostanza, ora in Polonia la pratica abortiva rimane così legale esclusivamente in caso di stupro o incesto o quando la vita della madre è in pericolo. Con questi limiti - sempre secondo anche le citate voci ascoltate nelle audizioni per la promozione e la tutela dei diritti umani - i diritti delle donne polacche sono calpestati in modo gravissimo, mettendo a repentaglio la loro stessa vita. Una posizione che, in sintesi, poggia sull’idea che il divieto di aborti coincida con un aumento della mortalità materna; l’aborto legale, insomma, sarebbe quasi un toccasana. Peccato che si tratti di un’idea falsa.

Lo dimostrano i dati proprio sulla mortalità materna che, nei Paesi con le legislazioni più limitanti in materia di accesso all’aborto, non sono affatto così allarmanti né più elevati che altrove. Si pensi a quanto succedeva in Irlanda dove, con un divieto all’aborto oggi non più vigente, si registrò una bassissima di mortalità materna, addirittura la più bassa al mondo nel 2005 e la terza più bassa nel 2008. Anche una pubblicazione sulla rivista Plos One del 2012 aveva sottolineato come il contestato divieto di aborto non comporti maggiore mortalità materna. Perché, allora, continuare a far passare la Polonia come una nazione caratterizzata da un «collasso sistematico dello stato di diritto»?

Ma, soprattutto – venendo all’aspetto più critico delle posizioni manifestate nel corso delle audizioni per la promozione e la tutela dei diritti umani – per quale motivo si fa passare il ricorso all’aborto, sponsorizzato a livello planetario dal mondo pro-choice, come un «diritto umano»? Non è forse questa una posizione estremamente di parte? Non esiste per caso anche il «diritto umano» dei bambini polacchi e, in particolare, il loro diritto di venire al mondo?

Questi sono alcuni dei dilemmi che è impossibile non porsi, osservando il tenore del tutto parziale degli interventi enfaticamente introdotti dall’ex Presidente della Camera in una seduta che, benché sul tema prevedesse tre distinti interventi (è stato audito anche il Comitato SeNonOraQuando? di Torino), di fatto è stata dominata da una voce sola: quella dell’abortismo libertario, per dirla col filosofo Luigi Lombardi Vallauri. Con tanti saluti alla democrazia e, naturalmente, ai diritti umani. Quelli veri, s’intende.
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