23/10/2020 di Manuela Antonacci

Anche Ceccanti (Pd) denuncia l’incostituzionalità del ddl Zan

Molti hanno parlato dell’incostituzionalità del ddl Zan e non si tratta solo di esponenti di destra: ultimamente, infatti, si è espresso in proposito, anche l’onorevole del Pd Stefano Ceccanti, professore universitario di Diritto parlamentare e Diritto costituzionale, membro della Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati "Occorre chiarire più puntualmente la norma e che non costituiscono discriminazione la libera espressione di opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, nonché le condotte legittime riconducibili alla libertà delle scelte".

Per quanto riguarda la cosiddetta 'clausola salva idee', infatti, si chiede, in particolare, di specificare meglio «che non costituiscono discriminazione, né istigazione alla discriminazione, la libera espressione e la manifestazione di convincimenti o di opinioni riconducibili al pluralismo delle idee, nonché le condotte legittime riconducibili alla libertà delle scelte, purché non istighino all’odio o alla violenza, ossia non presentino un nesso con atti gravi, concreti e attuali».

Inoltre, la Commissione Affari Costituzionali chiede di «chiarire maggiormente i confini tra le condotte discriminatorie fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, al fine di evitare incertezze in sede applicativa». Concretamente: cosa effettivamente costituisce oggetto di reato? Quali sono quelle condotte che possono portare all’arresto? E’ impensabile, infatti che un cittadino possa essere sanzionato penalmente senza sapere nemmeno il perché. Né tantomeno è accettabile concedere una così ampia discrezionalità al giudice di turno. Si tratta, insomma, di modifiche indispensabili che, secondo il Centro Livatino, Alleanza Cattolica, Family Day, Medici Cattolici Italiani, Pro Vita & Famiglia, Comunità Papa Giovanni XXIII e Movimento per la Vita, come sostengono in un comunicato congiunto rendono “evidente che adesso l’esame debba tornare nella Commissione Giustizia, e non in Aula.” perché “è in gioco il rispetto dei principi fondanti della nostra Costituzione”

Nello specifico si chiede di rivedere il testo, difendendo quanto meno la libertà di opinione: non possono costituire istigazione alla discriminazione, la libera espressione e la manifestazione di opinioni “riconducibili al pluralismo delle idee, nonché le condotte legittime riconducibili alla libertà delle scelte, purché non istighino all’odio o alla violenza, ossia non presentino un nesso con atti gravi, concreti e attuali”.

Come ha avuto modo di affermare in più occasioni Ceccanti, non si possono considerare le parole, anche se sgradevoli, al pari delle pietre. Infatti, in un’intervista rilasciata per Avvenire, lo scorso giugno, ha sottolineato come è indispensabile che nel ddl resti immutata “la libera manifestazione del pensiero garantita dall’art. 21 della Costituzione”.

E non ci fa dormire tranquilli nemmeno la fretta con cui si sta cercando di far passare un disegno di legge che per come è formulato adesso, configura sempre più chiaramente, man mano che lo si prende in esame, un vero e proprio reato d’opinione.

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