02/02/2022 di Luca Marcolivio

Amadeus e la Rai giustificano Achille Lauro e parlano a sproposito di Chiesa

Sull’ennesima esibizione blasfema di Achille Lauro, nessun mea culpa. Chiamato in causa da un giornalista durante la conferenza stampa odierna, Amadeus ha replicato al vescovo di Ventimiglia-Sanremo, monsignor Antonio Suetta, che aveva aspramente criticato il «gesto del battesimo» da parte del cantante romano, compiuto in un «contesto insulso e dissacrante».

«Rispetto il parere del vescovo, ci mancherebbe altro», ha detto in prima battuta Amadeus. Colto in contropiede, il conduttore e direttore artistico del Festival è apparso visibilmente in difficoltà e ha cercato di salvarsi in corner, definendosi «molto credente» eppure, «da cattolico», di essersi sentito «assolutamente non turbato» dalla performance di Achille Lauro.

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Quanto andato in scena ieri sera sul palco dell’Ariston «non manca di rispetto a nessuno», laddove «un artista deve anche poter esprimersi liberamente», ha insistito Amadeus. In conclusione, il conduttore prova a ribaltare completamente i termini della questione: «Dobbiamo accettare questo, altrimenti teniamo i giovani lontani non solo dal Festival ma anche dalla Chiesa e non è giusto», ha dichiarato Amadeus tra gli applausi dei giornalisti e dei colleghi.

Da parte sua, anche il direttore di Rai1, Stefano Coletta, ha accolto «con dispiacere che la Chiesa legga questa cosa come un affronto, soprattutto al sacramento del battesimo». Secondo Coletta, non ci sarebbe nessuna volontà da parte degli artisti di «veicolare ideologie, trasgressioni chissà di quale parte». Coletta crede quindi «alla bontà di Achille Lauro», dietro il cui gesto vi sarebbe, in realtà, un «messaggio a sua madre».

C’è poi una stampa cattolica che, a differenza dei vertici Rai, è stata ed è meno comprensiva per quanto riguarda la performance di Lauro. Su Famiglia Cristiana, ad esempio, viene smascherato l’inganno di una plateale trasgressività come foglia di fico per una musica di pessimo livello qualitativo. Un brano, quello di Achille Lauro, «piuttosto banalotto», portato in scena da un cantante che, già durante il Sanremo del 2019, aveva irriso la religione cattolica, parafrasando nel brano Rolls Royce, nientemeno che la crocefissione di Cristo in mezzo ai due ladroni.

Colpisce, però, la totale impermeabilità degli organizzatori del Festival alle critiche e sono evidenti sia il loro tentativo di eludere qualunque forma di discussione, sia la loro deliberata volontà di non ascoltare le ragioni dell’altro. Del resto, se Amadeus risponde alle critiche parlando «da cattolico» e sale in cattedra, attribuendo una capacità evangelizzatrice alle canzoni del suo Festival, si arroga un ruolo che non gli compete. Così facendo, calpesta due volte la sensibilità non solo del vescovo di Sanremo ma della stragrande maggioranza dei cattolici italiani. Persone che sono cresciute serenamente nella fede, senza diventare né bigotte né amanti della censura, pur non avendo certo avuto Amadeus come catechista.

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