25/02/2021 di Manuela Antonacci

Al liceo Ripetta di Roma nomi fittizi per gli studenti in nome dell’ideologia gender

Al liceo artistico Ripetta, di Roma, il Consiglio di Istituto ha, ultimamente, preso una decisione ferale: quella di permettere agli alunni transgender di chiamarsi col proprio nome di 'elezione di genere' e non con quello di battesimo. “Una scelta di civiltà e buonsenso” è stata definita da alcuni giornali, in quanto renderebbe visibile il “genere di transizione” anche nei documenti scolastici ufficiali. E per documenti ufficiali si intendono: il libretto delle assenze, il registro elettronico, i quadri ecc. Infatti il provvedimento, adottato anche in alcune università italiane, prende il nome di “carriera alias”: una sorta di scelta alternativa, di “seconda possibilità”.

A noi più che una scelta di buonsenso, sembra una scelta veramente senza senso, anzi, di più, finalizzata proprio ad annullare il senso, il significato profondo, legato alla funzione del nome di battesimo.

Infatti, non si tratta di un suono qualunque, quello con cui veniamo appellati per tutta la vita, ma di un simbolo carico di storia, di significato che dice molto sul nostro passato, le nostre origini e che contribuisce a suggellare la nostra identità. Ed è proprio questo il nodo della questione: l’identità è il fastidioso bagaglio di cui l’ideologia gender vorrebbe sbarazzarsi. Un bagaglio formato da tantissime componenti: da quelle più visibili, come il dato biologico e i caratteri sessuali secondari che ci identificano inequivocabilmente come “maschi” e “femmine”, alla propria singolarissima personalità, fino anche al nome che ha sempre una provenienza, un’origine carica di senso e che ha contribuito a formare la nostra storia personale.

E invece no, con questo provvedimento, meglio cancellare del tutto ogni traccia di ciò che si è, per consentire ai ragazzi di “vivere meglio” la loro nuova, fittizia, identità, anziché aiutarli a ritrovare davvero se stessi, un lavoro che richiede molta più fatica e che spesso non si è disposti ad intraprendere, nemmeno per il loro stesso bene, siccome spesso si parla di disforia di genere, ovvero una condizione di sofferenza. Queste scelte, al contrario, sono ideologiche proprio perché non risolvono queste sofferenze.

Ed è così che, anziché interrogarsi sulla reale bontà di questo ferale provvedimento, la Rete degli Studenti Medi del Lazio, ci mette il carico da novanta ed esorta anche "tutte le altre scuole del territorio ad adottare questa soluzione".

Un invito a cui fanno da eco le parole di Claudio Mazzella, Presidente del Circolo di Cultura Omosessuale Mario Mieli (verrebbe da dire, per restare in tema, “nomen omen”) - "È importante che tutte le scuole del territorio laziale e italiano possano adottare la Carriera Alias che attualmente è approvata da pochissimi istituti. Attraverso questo percorso è possibile garantire alle persone che frequentano le scuole di vivere in un ambiente di studio sereno, inclusivo che tuteli la loro privacy e che sia idoneo a favorire i rapporti interpersonali nel reciproco rispetto delle libertà e dell'autodeterminazione della persona.

La scuola e l'università devono essere punti fondamentali per le nostre rivendicazioni. Per questo motivo dobbiamo aumentare il dialogo e avviare una costruzione politica con le studentesse e gli studenti". E se non fosse già abbastanza, rincara la dose la capogruppo della Lista Zingaretti alla Regione Lazio, Marta Bonafoni: "Una iniziativa encomiabile che accade solo in altri quattro istituti in Italia e in poche Università. Questo regolamento è un passo necessario per tutte quelle persone che magari non vogliono o non possono fare la riassegnazione chirurgica del sesso e per i molti e molte in attesa di completare l'iter di rettificazione che può durare anni”.

Due dichiarazioni in cui è concentrato tutto il succo dell’ideologia gender: le parole della Bonfani, infatti, esprimono proprio il senso della performatività dell’identità, affermata dal gender, ovvero io sono ciò che dico e questo basta per far sussistere la realtà presente unicamente nella mia mente, anzi, di più, gli altri sono obbligati a riconoscere questa mia realtà non oggettiva. E’ questo il senso del cambio del nome, promosso dalla Bonfani, anche in persone che non hanno ancora intrapreso il percorso di riassegnazione chirurgica del sesso, ma che pretendono di essere chiamate con un nome che corrisponda ad un’identità non ancora raggiunta, nemmeno fittiziamente.

E poi c’è un altro aspetto del gender, molto importante, che emerge, invece, dalle parole di Mazzella: la sua natura ideologica. E’ estremamente grave che si definisca la scuola come il luogo di certe “rivendicazioni” ma è proprio questo il modus operandi dell’ideologia: non avendo alcun fondamento nella realtà e dunque, nessuna ragionevolezza, l’unico modo per farla accettare è imporla.

Quindi non è affatto scontata la natura libertaria di certi provvedimenti. Bisognerebbe interrogarsi, anzi, su quale sia il substrato ideologico in cui affondano le radici e quanto permettano anche a chi dissente da tutto questo, di negare una visione antropologica oggettivamente inesistente e creata a tavolino, senza alcun fondamento scientifico.

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