06/11/2020 di Manuela Antonacci

Aborto vietato in Polonia, il commento del professor Boscia

Lo scorso 22 ottobre la Corte costituzionale polacca ha stabilito che l’aborto per gravi malformazioni del feto viola la Costituzione. I giudici hanno motivato la sentenza, che è stata approvata con 11 voti favorevoli e 2 contrari, dicendo che non può esserci tutela della dignità di un individuo senza la protezione della vita. Una notizia che in queste settimane ha fatto il giro del mondo, suscitando le reazioni più diverse. Noi di Pro Vita & Famiglia ne abbiamo parlato con il professor Filippo Boscia, presidente dell’Associazione Medici Cattolici Italiani (AMCI)

 

Sta avendo grande risonanza la decisione presa dalla Polonia, di rendere illegale l’aborto anche in caso di malformazione del feto. Cosa ne pensa?

«Questo è un argomento molto particolare perché la diagnostica prenatale sta cancellando la vita di molti bambini con difetti congeniti che avrebbero comunque la possibilità, almeno per la metà, di sopravvivere. Perché è diventata talmente precoce che nel momento in cui c’è qualche virgola che non va, ci si rivolge all’interruzione di gravidanza. E, viceversa, la gravidanza stessa, in molti casi, riesce, da sola, a riparare molte malformazioni, rendendole compatibili con la vita. Io ho creato qui a Bari un centro che si chiama “Medicina fetale, il feto come paziente”. In passato le cose sono sempre andate benissimo perché avevamo creato un gruppo di consulenti accanto a questo bambino in crisi, accanto la fragilità del bambino in utero. Questa dinamica di aiuto consisteva nel consultare tutti coloro i quali avrebbero potuto prendersi cura di questo bambino “fragile” e malformato alla nascita, per guarirlo. In realtà questa impostazione ha dato uno sviluppo incredibile alla cardiochirurgia perché molte delle cardiopatie congenite e alcuni difetti del tubo neurale, ad esempio la spina bifida, sono da riparare, i bambini poi stanno bene».

Quali sono le differenze tra Italia e Polonia, in questo campo?

«Sicuramente in Italia abbiamo una medicina che sta andando con una velocità maggiore, rispetto alla Polonia: abbiamo un’organizzazione sociale della sanità che è universalistica e solidaristica e quindi c’è molta attenzione non solo alla prevenzione primaria ma anche alla cura successiva. La prevenzione primaria ci dice che un bambino ha la possibilità di avere minori difetti congeniti e quindi le patologie possono essere ridotte se, i fattori di rischi, che sono ampiamente dimostrati, vengono conosciuti prima e facciamo delle azioni di prevenzione. Una fra tutte: la supplementazione dell’acido folico in gravidanza, ha ridotto in modo radicale la spina bifida che comporta paralisi degli arti inferiori ecc. Durante la gravidanza se si seguono sani stili di vita e si eseguono analisi per tutelare la salute del bambino, questo può essere necessario anche se non sufficiente, per abolire i difetti congeniti, ma ci fa capire qual è la biologia dello sviluppo embrionale. Attraverso questo percorso, abbiamo visto che qualche cardiopatia che ci sembra gravissima, al momento della nascita è meno grave di quello che avevamo previsto. Quindi dobbiamo, con molta umiltà, riconoscere queste cose. Se facciamo una selezione a tutto campo e mettiamo questi bimbi nell’osservatorio precoce e poi facciamo una cernita, in questo modo facciamo praticamente quella politica di scarto che è una politica di selezione eugenetica».

Quali sono le derive dell’aborto in caso di malformazione del feto? C’è il rischio di andare incontro a forme di eugenetica?

«Il rischio è già reale, non è potenziale. Ci stiamo già dentro. Perché qui in Italia dove il fenomeno è più grave rispetto alla Polonia, abbiamo un contenzioso medico-legale, legato al fatto che al medico viene quasi commissionata una nascita di un bambino che dev’essere perfetto e che, se perfetto non è, non ha il diritto a vivere. Anche la giurisprudenza italiana si è orientata in questo senso. Mancata diagnosi, il professionista è costretto a risarcire, non solo il dolore del danno ma anche gli effetti del danno sulla capacità di apprendimento e di lavoro dell’altro. Quindi si è instaurato una sorta di timore e qui si inserisce un altro elemento che è la medicina difensiva, per la quale un medico dice “Io ho visto una malformazione, la sospetto, anche il semplice sospetto te lo comunico, non mi interessa sapere quale sarà l’evoluzione, poi tu decidi”. Ma già nella comunicazione iniziale è insita la decisione dei genitori perché spesso non si riesce a sostenere queste situazioni, incoraggiando i genitori, valutando tutti gli elementi in gioco. Bisogna stimolare le donne a credere nella vita comunque, non nella vita etichettata al meglio. L’organizzazione sanitaria dovrebbe essere impostata in un modo quanto meno di comunicazione di speranza, non solo di comunicazione secca, si chiama “medicina di accompagnamento” questa, che ha dato dei risultati splendidi soprattutto in età avanzata, nei tumori, in altre realtà diverse ma che comunque è applicabile e noi lo abbiamo sperimentato. Peraltro i bambini che nascono con difetti congeniti sono 8 milioni e di questi la metà sopravvive, in Italia abbiamo 55.000 neonati che vengono al mondo con un’anomalia. Il problema è valutare le conseguenze che queste anomalie comportano per dare una vera informazione. Le cardiopatie congenite ad esempio sono curabili, il problema vero è che molti centri specializzati stanno chiudendo. Noi avremmo la possibilità di salvare la metà di questi bambini che vengono condannati a morte, ma purtroppo l’aborto viene considerato una metodica ecologica con cui bonificare il creato, una visione ardita che ci sta spingendo molto in avanti, pensiamo a all’aborto post nascita che si dovrebbe chiamare in realtà infanticidio. E’ frutto di un ragionamento graduale che consente l’aborto per malformazione, a 3 mesi, a 6 mesi e in questa escalation qualcuno dice “quelli che sfuggono li catturiamo alla nascita” e siccome la legge è quella della selezione, questa selezione si fa fino alla nascita. Questa è la drammatica espansione di qualcosa che è andato pian piano costruendosi nell’ambito della medicina predittiva, alla quale è mancata il progetto di sensibilizzazione delle mamme verso i loro bambini».

L’attrice polacca Kasia Smutniak, ha commentato il divieto di aborto in Polonia dicendo “Guardo il mio Paese con orrore”. Vogliamo commentare questa frase?

«Noi ci siamo disabituati all’accettazione dell’imperfezione e siamo veramente schizofrenici in questo senso: se da un lato ci preoccupiamo di curare le malattie rare, dall’altro lato, facciamo di tutto per individuarle prima ed escluderle. Viceversa abbiamo dimostrato, nel passato, che attraverso lo studio e l’approfondimento di queste patologie, riusciamo ad individuare l’inizio del “guasto” e lo possiamo riparare. Per esempio la talassemia maior: i bambini che nascono da due genitori portatori di uno stigma talassemico, in Sardegna non nascono più perché vengono intercettati prima della nascita e fatti fuori. Ma la scienza è andata avanti: c’è un trapianto di midollo che consente ai bambini nati con talassemia maior di guarire.  Questo è un avanzamento che dev’essere tenuto presente per ridurre questo eccidio. E invece, oggi viene definito “delinquente” quel ginecologo che abbia consentito la nascita. Partiamo allora dal rispetto della vita».

 

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