16/01/2018

Aborto in caso di stupro: una violenza sulla violenza

Un articolo di LifeNews, oggi ci riporta una testimonianza che potrebbe far cambiare idea a chi ammette l’aborto in caso di stupro.

Nicole sin da piccola era convinta della sacralità della vita. Affermava che non avrebbe mai in alcun modo pianificato una gravidanza. Se non avesse voluto bambini, si sarebbe astenuta da rapporti carnali (metodo infallibile al 100%, oltre che etico, per non procreare).

Era salda nei suoi principi, avrebbe aspettato il Matrimonio per avere rapporti sessuali ed avrebbe frequentato un ragazzo solo se quest’ultimo avesse rispettato tali principi. E così fece, ma non lo trovò davvero (anche se ragazzi così esistono):  trovò uno che la ingannò e fu molto bravo a fingere di condividere queste scelte.

Non sapeva che lui avesse una grave dipendenza dalla pornografia. Con il senno del poi, in un appello ai giovani, Nicole affermerà: «Una dipendenza dalla pornografia [...] vi porterà sempre a fare ciò che guardate». E questo Nicole lo ha sperimentato sulla sua pelle quando, accecato dalla sua passione malata, il suo ragazzo le fece assumere, con l’inganno, la “droga dello stupro” e la violentò.

Due settimane dopo, il test di gravidanza era positivo. Si sentiva persa e profondamente sola. Suo padre da sempre le diceva di essere contrario all’aborto, salvo in caso di stupro, e lo stesso pastore della sua comunità, in quel momento, le consigliò l’aborto.

Era convinta che nessuno avrebbe adottato il suo bambino con il 50% di possibilità che avesse la neurofibromatosi (una malattia complessa con cui suo padre ha combattuto la maggior parte della sua vita). Si sentì, così, con le spalle al muro e senza altra scelta. Dunque, abortì.

Non poteva immaginare ciò che avrebbe provato con l’aborto: una nuova, terribile, violenza sul suo corpo, solo che, in questo caso, aveva acconsentito.

Ci sono voluti anni prima che riuscisse a riprendersi ed anni prima che riuscisse a condividere la sua storia. In una testimonianza, ha dichiarato: «L’aborto costringe una madre a rivoltarsi contro la sua stessa carne e sangue. È autodistruttivo come nessun altro trauma – le cicatrici scendono veloci in profondità. Anche lo stupro è traumatico, senza dubbio. Ma [...] L’aborto ferisce di più le vittime di stupro; non le aiuta affatto».

Fu, però, grazie a una sua testimonianza che Morgan, vittima di stupro incinta e presente in sala, decise di non abortire.

Nicole ora lotta in difesa della vita umana e ricorda a tutte le donne che salvare il figlio che portano in grembo, anche se concepito durante uno stupro, è come salvare se stesse.

Luca Scalise


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