29/02/2020

Aborto, il fantomatico “diritto”... che in realtà nuoce

La Vita è un bene indisponibile, di cui non siamo affatto padroni. Rendere un “diritto” il toglierla a qualcuno non può che mettere in pericolo tutta la società. L’aborto, nel secolo scorso, è stato propagandato come “diritto delle donne”, nonostante sia una pratica che sopprime una vita umana e ne mette a rischio un’altra, quella della stessa donna.

Non dovrebbe, pertanto, essere considerato un “diritto” e, come tale, un “interesse individuale protetto”, un bene per la persona, ma, piuttosto, un serio pericolo.  L’esserci abituati a ritenerlo un “diritto”, dunque, potrebbe aver anestetizzato un po’ le nostre coscienze sul tema. E così, due casi che ci presenta La Nuova Bussola Quotidiana possono farci riflettere sulla “bontà” di questa pratica.

Il primo è quello di una donna con disabilità mentale a cui fu imposto dallo Stato inglese l’aborto forzato “nel suo miglior interesse” (e, purtroppo, non è l’unica ad aver vissuto un simile dramma). Quel figlio era il suo bambino, un essere umano vivo e vero, senza alcuna colpa. Eppure, gli è stata tolta la vita, obbligatoriamente.

L’altro è il caso di una donna alla cui bambina hanno diagnosticato la spina bifida, una patologia per cui, a detta dei medici, la piccola non sarebbe sopravvissuta dopo il parto (anche se la sopravvivenza dei bambini con questa malattia è recentemente migliorata).

Puntualmente, i medici le dissero di abortire. Lei e il marito inizialmente erano indecisi, poi scelsero di fidarsi dei medici. Alla venticinquesima settimana di gravidanza, le iniettarono, dunque, una sostanza letale, per la procedura dell’aborto tardivo.

«Una volta conclusa, però, la giovane aveva comunicato all’ostetrica di aver sentito la sua piccola scalciare. […] Invece, anziché partorire un cadavere, la donna aveva dato alla luce la sua piccola viva e piangente. A quel punto i medici, anziché accogliere la nascitura e sostenerne la vita, avevano lasciato che la bambina morisse fra le braccia della madre. Ora la donna sostiene di non avere pace e che non sarebbe dovuto avvenire quanto accaduto».

Ebbene, questi due casi ci colpiscono più facilmente, perché nel primo c’è una evidente privazione della libertà della donna e nel secondo vi è una situazione di shock. Eppure, questi due casi condividono un elemento costante con tutti gli altri aborti: un bambino muore. E che si tratta di un bambino lo dice la scienza. E una larga parte di documentazione attesta anche gravi rischi per le donne stesse che si sottopongono a questa pratica.

Insomma, se il diritto è un bene tutelato da una legge, l’aborto è un “diritto” che nuoce. Ergo: uno pseudo-diritto.

di Luca Scalise

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