28/04/2018

Aborto e cancro al seno: vediamoci chiaro

L’affissione, prima, e la rimozione, poi, del maxi manifesto di ProVita Onlus ha riportato il tema dell’aborto come omicidio e delle sue conseguenze negative sulla salute delle donne al centro di numerosi dibattiti.

Un articolo di Wired.it trae spunto proprio da questa vicenda per evidenziare come sui nessi fra aborto e cancro al seno vi siano posizioni differenti nel campo scientifico.

Abc: il legame tra aborto e cancro al seno

In particolare, l’articolo, con tono pacato e ragionevole critica  la correlazione “Abc: abortion-breast-cancer”, secondo cui l’aborto indotto rappresenta un fattore di rischio per il cancro al seno. Il National Cancer Institute dà la sua spiegazione a riguardo affermando che «La gravidanza e l’allattamento hanno effetti diretti sulle cellule della mammella, promuovendone la differenziazione».

«Alcuni ricercatori», come Joel Brind, professore di biologia ed endocrinologia del Baruch College a New York e co-fondatore del Breast cancer prevention institute, «ipotizzano che queste cellule differenziate siano più resistenti a trasformarsi in cellule tumorali rispetto a cellule che non hanno subito differenziazione», pertanto l’aborto renderebbe il seno materno più facilmente soggetto a un possibile cancro.

Gli oppositori della teoria

L’American Cancer Society, non concorda con la posizione di Brind, in quanto  le sue indagini , per essere fondate sul metodo retrospettivo, sono soggette al  recall bias, quindi sarebbero meno affidabili.

Questi “errori di ricordo” si devono al fatto che le donne con il cancro al seno e che hanno abortito in precedenza sarebbero più spinte a fornire dettagli rispetto a donne sane che, quindi, tendono a non  ammettere di aver avuto precedenti aborti.

A tale critica nei confronti di Brind  si associano anche l’Oms, l’American ed il Royal college of obstetricians and gynecologists, concordi nel fatto che non esistano prove sufficienti di relazione fra aborto e successivo cancro al seno.

Le autorevoli conferme scientifiche

Ma il recall bias, può spiegare un’incidenza del rischio 20 volte maggiore?

Perché, come abbiamo già spiegato in un altro articolo, in base ai dati rilevati dagli studi condotti in Asia meridionale dal 2008 al 2016, il rischio di cancro al seno a seguito di aborto sarebbe aumentato del 2.000 percento (20 volte).

E’ stata determinante a invalidare la critica del recall bias la tragica enorme mole di dati provenienti soprattutto dalla Cina sudiati dal team di Yubei Huang dell’università di Tianjin. La spietata politica del figlio unico che ha costretto all’aborto centinaia di milioni di donne cinesi (per lo più non consenzienti) ha fornito dati inoppugnabili: gli aborti sono documentati dalle agenzie per la pianificazione familiare sparse capillarmente su tutto il vasto territorio cinese, quindi non esistono praticamente donne sane che possono negare o “dimenticare” d’avere abortito.  L’aumento del rischio del 2000 % è talmente impressionante che anche anche volendo ridimensionare  statisticamente i dati calcolando tutti gli errori possibili e di vario genere , il legame Abc rimane ampiamente dimostrato. Si veda lo studio pubblicato su  Cancer causes & control.

Ma anche in India (si veda lo studio pubblicato sul NCBI, qui) le donne che abortiscono (più o meno volontariamente) sono – ahinoi – dei campioni di indagine statistica davvero imponenti. SullIndian journal of cancer  Bhadoria, Kapil, Sareen, e Singh hanno rilevato che le donne che hanno abortito hanno una possibilità 6,26 volte più alta di sviluppare il cancro al seno.

Dello stesso avviso è la dottoressa Angela Lanfranchi della Robert Wood Johnson medical school del New Jersey, secondo cui «l’aborto indotto prima delle 32 settimane lascia il seno materno con tessuto più vulnerabile per l’inizio del cancro».

Infine, il professor Giuseppe Noia, ginecologo, clinico e cattedratico di fama internazionale, fondatore de Il Cuore in Una Goccia, anche lui, concorde, spiega che «una donna che arresta una gravidanza avrà  nel seno moltissimi lobuli non “maturati” da cui può insorgere un tumore».

Il nostro impegno concreto

Queste notizie sono ampiamente cenurate dall’ideologia abortista dominante che si insinua anche nel mondo accademico e piega  le verità scientifiche ai suoi dogmi.  ProVita  continuerà a fare tutto il possibile perché  le donne siano realmente informate sulle conseguenze fisiche e psichiche dell’aborto. Nell’interesse delle donne, per la salute delle donne. Chi l’avesse davvero a cuore, anche gli estensori dell’articolo di Wired citato all’inizio di questo post, firmi la petizione , legga e divulghi il nostrolibretto intitolato “Per la salute delle donne”, sul  quale si può approfondire questo tema e dove si può attingere a una copiosa bibliografia.

Redazione

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