12/01/2018

Ricerca scientifica senza limiti: radicali e nazisti

Dopo la legalizzazione di divorzio, aborto, fecondazione artificiale, eugenetica e ora anche eutanasia, la crociata dei radicali per la “liberazione” dell’ umanità dall’ “inutile orpello” dei principi etici si sta spostando su un altro fronte: quello della ricerca scientifica, che gli eredi di Pannella vorrebbero svincolata dai principi di morale e di bioetica, ed ispirata unicamente al criterio della convenienza e della produzione di “benefici per l’ umanità”.

Sul sito della associazione Luca Coscioni  troviamo scritte parole molto chiare in proposito: «…perché l’Italia, ancora oggi, a distanza di anni, rimane frenata da un astratto concetto di vita. In Italia e non solo, troppe ideologie e assolutismi, in particolare religiosi, ostacolano l’avanzamento della ricerca che potrebbe portare un giorno benefici per persone affette da malattie che oggi non lasciano speranza di vita».
La vita per loro sarebbe un “concetto astratto” e chi la difende sarebbe un “assolutista” che “ostacola l’ avanzamento della ricerca”.
Parole ancora più chiare sono state pronunciate da Marco Cappato (tesoriere della associazione Luca Coscioni stessa) in un convegno a Milano nell’ottobre scorso proprio sul tema della libertà nella ricerca scientifica.
Cappato dopo aver definito la bioetica una “cosa orribile” (attenzione, la “bioetica” e non l’ assenza di essa!) ha invocato un radicale “rovesciamento del paradigma”, cosi’ enunciato:«Il vero problema etico è “rimuovere gli ostacoli di ordine economico, sociale che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”… prima noi ci liberiamo delle proibizioni sulla eutanasia sulle droghe sulla ricerca scientifica sugli embrioni umani o sulla modificazione del genoma … prima riusciremo da affrontare il vero problema etico, cioè che questa rivoluzione scientifica, tecnologica, medica non lasci indietro nessuno».
Quindi per Cappato, lo Stato non deve creare leggi e farle rispettare (anzi questo devierebbe lo Stato dai suoi veri compiti) per proteggere i più fragili, ma in nome dello sviluppo di alcune persone umane (i più forti) deve consentire che i deboli vengano usati, manipolati e uccisi, stravolgendo così il senso dell’art. 3 della Costituzione, che prima di pronunciare la frase citata da Cappato spiega che “tutti hanno pari dignità sociale”, tutti, anche i bambini piccoli piccoli allo stato embrionale.

Come al solito i radicali si dimostrano le “scimmie di Dio”, cioè gente che usa a sproposito frammenti di verità, per affermare falsità. Perché se è vero che lo Stato, come dice la costituzione, deve “rimuovere le cause….”, è anche vero che ciò non significa che lo Stato non debba più occuparsi della imposizione di divieti e della repressione del crimine a tutela di chi ne è vittima. Gli esseri umani sono purtroppo (o per fortuna) liberi, e quindi sempre in grado di commettere il male, anche se fossero state rimosse tutte le cause che li inducono a farlo. La visione radicale  dimentica la vera natura dell’ uomo e la sua fragilità intrinseca che alcuni chiamano “peccato originale”. Peggio ancora, è una visione che vorrebbe legittimare il peccato stesso.

Comunque, questo “ribaltamento di paradigma” invocato da Cappato, applicato alla ricerca scientifica significa che, a loro parere, dovrebbe essere abolita tout court la bioetica (che loro definiscono “quella cosa orribile”) e gli scienziati e tecnocrati dovrebbero essere lasciati liberi di fare quello che vogliono senza vincoli morali. L’ unico criterio ispiratore dovrebbe essere quello della utilità. Cioè il criterio del “fine che giustifica i mezzi”.

Idee del genere non sono certo nuove. Sono state alla radice di tutti i peggiori olocausti della storia recente come quelli perpetrati dal comunismo e dal nazismo e hanno origini nel positivismo e nello scientismo dell’Ottocento che già invocavano l’abolizione dei principi etici perché ostacolano la ricerca scientifica e la “volontà di potenza” degli aspiranti “super-uomini”.

Attualmente gli strali dei radicali si indirizzano essenzialmente contro il divieto, previsto dalla legge 40, di uso degli embrioni umani negli esperimenti scientifici.
Se si fa notare che gli embrioni sono già esseri umani (o, quanto meno, per un principio di precauzione, dovrebbero essere considerati come tali anche da chi non ne è convinto), e quindi usarli per esperimenti è di fatto usare esseri umani come cavie di laboratorio, loro rispondono con una alzata di spalle, affermando che “bisogna essere pragmatici” e che, sacrificando gli embrioni potremmo trovare rimedi per le malattie e salvare tanti altri uomini.

Peccato che, con la stessa disinvoltura e le stesse motivazioni, si potrebbe giustificare anche l’ uso per gli esperimenti, di uomini adulti magari incoscienti, malati psichici, persone in stato vegetativo. Tutti “pesi morti”, con vite “indegne di essere vissute”, che almeno sarebbero usati “proficuamente” per il bene dell’ umanità. Oppure (perché no?), anche persone in pieno stato di salute. Infatti se uccidere un uomo serve a salvarne 100 o 1000, e l’ unico criterio è quello della utilità pratica, perché non poter uccidere chiunque serva, in vista di un risultato che “giustifichi” il sacrificio?

Del resto la prassi della “donazione” (meglio: predazione) di organi di pazienti che chiedono l’eutanasia, di cui parlavamo qui, è perfettamente in linea con questo utilitarismo disumano.

Tutto questo ci fa capire che la lotta dei radicali per la abolizione dei divieti etici, e che ci viene spacciata come battaglia di civiltà e libertà, è invece la radice di tutte a barbarie. E’ una battaglia per distruggere i fondamenti stessi della civiltà. Nessuna società può reggersi senza principi netti e inviolabili. Cioè senza criteri superiori che stabiliscono (senza possibilità di equivoco e senza discrezionalità) cosa è lecito e cosa no.

Alla logica radicale, che vorrebbe distruggere l’etica e farci diventare tutti potenziali vittime sacrificali, da immolare sull’altare del progresso, opponiamo la ragione naturale. E cioè che i principi etici sono intangibili perché scritti nella natura umana fin dall’alba della civiltà (perfino tra gli uomini di Neanderthal!).  E soprattutto: mai l’essere umano può essere usato come mezzo, come una cosa, in ragione del fatto che abbia o non abbia certe qualità. Altrimenti chi ha il potere potrà decidere di volta in volta quali esseri umani meritano di essere considerati soggetti di diritto e quali oggetti.

Se invece tutto è relativo, la disonestà e l’arbitrio regnano sovrani, e alcuni possono “legalmente” essere ladri e assassini (e lo Stato impone di uccidere anche a quelli che vorrebbero sollevare obiezione di coscienza, alla faccia della “autodeterminazione”).

Angelo Mandelli


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