24/11/2021

Vaccini per bambini: sì o no?

Si parla con sempre più insistenza della possibilità di vaccinare i bambini da 5 a 12 anni e anche quelli da 0 a 15 anni. Vorremmo offrire ai genitori lo spunto per riflettere sulla questione confrontando le posizioni pro (il prof. Perno del Bambin Gesù) e contro (i firmatari della lettera allegata.

Scrive all'Huffington Post l'associazione CoScienze Critiche che risponde  al Professor Carlo Federico Perno, del Bambin Gesù, intervistato da Hp giorni addietro

«Come accademici e come genitori non possiamo che esternare la nostra contrarietà e preoccupazione per le parole del Professor Carlo Federico Perno dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma.

La questione parte dalla recente autorizzazione negli USA da parte della Food and Drug Administration (FDA) all’uso in emergenza del vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 per i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni. Il Prof. Perno, intervistato dall’Huffington Post il 3 novembre, sostiene che i bambini di età compresa tra 5 e 11 anni devono essere vaccinati anche in Italia e rassicura i genitori che il vaccino è sicuro e necessario. Il professore si spinge ben oltre, sostenendo la vaccinazione per tutti i bambini, anche per i più piccoli di 0-5 anni. 

Il ragionamento alla base delle rassicurazioni del Prof. Perno è articolato su tre piani. Il primo riguarda i motivi che dovrebbero spingere alla vaccinazione. Il pediatra fa riferimento in modo generico a statistiche internazionali e alla sua esperienza di ricoveri all’ospedale Bambino Gesù e afferma che la vaccinazione serve per preservare i bambini dal virus, poiché non sono immuni al Covid.  Quando si sostiene una vaccinazione dell’intera popolazione, e soprattutto per i bambini, è necessario essere accurati. Guardiamo quindi i dati da vicino. 

Dal report dell’Istituto Superiore di Sanità del 20 ottobre 2021 si rileva che in Italia, nella fascia di età 0-5, il numero complessivo di casi positivi al test RT-PCR per il Sars-Cov-2 è pari 138.167, con una percentuale di decessi dello 0,00008%; per la fascia di età 6-10 anni il numero di positivi è 179.660 con una percentuale di decessi dello 0,00003%. Considerando l’intera popolazione 0-19 anni, essa è pari a circa 10.600.000 bambini/ragazzi (dati ISTAT) e i casi positivi rilevati fino a ottobre 2021 sono circa 770.000, con 35 decessi da inizio pandemia. Ciò significa che il rischio in questa fascia d’età di contrarre il virus e poi morirne è stimabile in 2,9 per milione. Da notare che la quasi totalità dei decessi nei bambini positivi per il Sars-Cov-2 è concomitante con gravissime patologie pregresse e che la probabilità media di morte per qualsiasi causa per la fascia 1-19 è 112 per milione, quindi 38 volte più elevata di quella legata alla singola COVID-19. 

Chiaramente ogni vita è preziosa e va difesa. Come genitori sicuramente pensiamo alla salute dei nostri propri figli e non alle statistiche. Non ci sarebbero dubbi sulla vaccinazione se vi fossero solo benefici, o almeno benefici noti superiori a rischi altrettanto noti, ossia se il vaccino fosse inequivocabilmente uno strumento per proteggere la salute dei bambini. Tuttavia, ogni farmaco ha effetti avversi e la decisione di somministrare un qualunque trattamento medico deve basarsi necessariamente su un bilancio rischi/benefici. Questo lo sa bene il Prof. Perno che, proseguendo nel suo ragionamento, affronta la questione della sicurezza dei vaccini. Egli afferma che “i dati che ci sono, sono già molto solidi e dicono che non ci sono effetti collaterali gravi. La miocardite? Nessun caso nello studio dei bambini di 6-11 anni, e casi sporadici tra gli adolescenti, a risoluzione benigna.”

Questa parte del ragionamento è la più discutibile, poiché giunge a conclusioni in assenza di evidenze scientifiche. Andiamo a guardare il report su cui è basata la decisione della FDA. Per quanto riguarda i bambini 0-5 anni, non ci sono dati disponibili circa l’efficacia e la sicurezza dei vaccini. Poiché non è possibile affermare che il vaccino sia sicuro né il suo contrario, non possiamo nemmeno affermare che devono essere vaccinati anche i bambini 0-5 anni perché i vaccini sono efficaci e sicuri. In generale, i vaccini anti COVID-19 quando usati su ampia scala nel mondo reale hanno mostrato molti più effetti collaterali che nella sperimentazione del trial clinico, con effetti avversi maggiori per la fascia dei giovani, come dimostrato da diversi studi pubblicati su riviste scientifiche (per esempio, Alghamdi et al., Frontiers in medicine, 2021, 760047, o anche Cari et al., J. of Epidemiology, 2021, 125, 102742), al punto di non essere più raccomandati o addirittura sconsigliati in questa fascia.

Il secondo piano del ragionamento riguarda la vaccinazione sui bambini 5-11 anni e la sicurezza del vaccino. Il Prof. Perno riporta che “tutti e 3.000 i bambini che sono stati studiati per questa vaccinazione non hanno avuto effetti collaterali gravi”. Se osserviamo i dati effettivamente disponibili, constatiamo che non sono a tutt’oggi disponibili specifiche pubblicazioni scientifiche a riguardo. I dati che la FDA ha utilizzato per giustificare la vaccinazione dei bambini dai 5 agli 11 anni (circa 4.600 volontari tra cui 3.100 hanno ricevuto il vaccino) sono riassunti e consultabili qui. 

In breve: i bambini a cui è stato somministrato il vaccino Pfizer-BioNTech COVID-19 hanno avuto effetti collaterali simili a quelli sperimentati dalle persone di 16 anni e più. Gli effetti collaterali più comunemente riportati includono: dolore nel punto ove è stata praticata l’iniezione; fatica; mal di testa; brividi; dolore muscolare; febbre; dolore alle articolazioni; linfonodi gonfi; nausea; diminuzione dell’appetito. Similmente agli adulti, entro 2 giorni dalla vaccinazione i bambini manifestano effetti collaterali, che in genere durano da 1 a 3 giorni. Più bambini hanno riportato questi effetti collaterali, tranne il dolore al sito di iniezione, dopo la seconda dose del vaccino. 

La principale preoccupazione per gli effetti avversi riguarda le miocarditi. Il Prof. Perno afferma: “La miocardite? Nessun caso nello studio dei bambini di 6-11 anni, e casi sporadici tra gli adolescenti, a risoluzione benigna”. Anche in questo caso, l’affermazione appare superficiale e non basata sui dati, che invece indicano un rapporto rischi/benefici che non supporta la vaccinazione di massa, come già discusso sul prestigioso British Medical Journal. Per i bambini maschi di età 5-11 anni, il rischio di ricovero in terapia intensiva a causa della miocardite post vaccinazione è dello stesso ordine dei presunti ricoveri in terapia intensiva a causa COVID, che il vaccino eviterebbe. Inoltre, il rischio di miocardite stimato (1 su 10.000, con un terzo che richiede cure intensive) è stato ottenuto per estrapolazione dalla popolazione adulta. La stessa FDA nel documento di valutazione sulla sicurezza/efficacia del vaccino BNT162B2 sui bambini di 5-11 anni dichiara che “La dimensione del database di sicurezza non è abbastanza grande per rilevare qualsiasi rischio potenziale di miocardite associati alla vaccinazione. Per questo motivo, la sicurezza a lungo termine del vaccino COVID-19 in partecipanti da 5 a <12 anni di età sarà studiata in 5 studi di sicurezza post-autorizzazione, compreso uno studio di follow-up di 5 anni per valutare le sequele a lungo termine della post-vaccinazione miocardite/pericardite”.

A questo punto è necessario fare almeno tre osservazioni:
i) Un campione di 3.600 bambini non è evidentemente sufficiente a valutare un rischio di miocardite stimato in 1 su 10.000. I bambini sani sono soggetti che hanno una bassissima probabilità di prendere il virus e, anche qualora ciò accadesse, essi hanno un’altissima probabilità di guarire e sviluppare, o aver già sviluppato, un’immunità naturale più efficace di quella da vaccino; 
ii) i dati utilizzati per calcolare il rischio di effetti collaterali nei bambini 5-11 anni non sono stati effettivamente misurati, ma solo stimati sulla base di quanto osservato nello studio sulla popolazione adulta! Ogni medico dovrebbe sapere che gli effetti possono essere ben diversi e più gravi tra bambini in età pediatrica e adolescenti o adulti e questo vale sia per la fascia 5-11 sia per quella 0-5; 
iii) i bambini sottoposti ai test clinici sono stati monitorati solo nel breve termine (circa 2 mesi). La FDA stessa dichiara: “Non sono ancora disponibili informazioni sulle potenziali sequele a lungo termine e sugli esiti negli individui colpiti, o se il vaccino possa essere associato inizialmente a una miocardite subclinica (e se sì, quali sono le conseguenze a lungo termine)”. A tale proposito, come chiarisce un’analisi di cardiologi tedeschi, a dispetto della risoluzione benigna a brevissimo termine, la prognosi per la miocardite virale è generalmente piuttosto sfavorevole: quasi il 40% dei pazienti affetti è morto entro i successivi dieci anni, la maggior parte per cause cardiache, e uno su dieci ha sofferto di infarto con esito fatale.

Sottolineiamo questo aspetto: per i bambini, a fronte di una possibilità di ammalarsi di COVID-19 quasi trascurabile, nulla conosciamo degli effetti a lungo termine di questi vaccini anti-COVID. Inoltre, i bambini non sono affatto dei piccoli adulti, poiché il loro sistema immunitario si sviluppa nel corso del tempo. Anche se i bambini raggiungono livelli di immunità simili a quelli degli adulti intorno ai 6 anni di età, il ritmo varia da bambino a bambino, in base a fattori genetici e ambientali. Valutare i vaccini anti COVID-19 nei più piccoli richiederebbe quindi una strategia totalmente nuova per rilevare se hanno bisogno di una formulazione e/o di un dosaggio diversi. 

Proprio in relazione ai potenziali effetti sul lungo termine, giungiamo quindi alla parte più preoccupante delle dichiarazioni del Prof. Perno che ricorda che “ci sono i Post Authorisation Study: d’ora in poi il vaccino sarà somministrato ai bambini e continuerà l’osservazione attentissima sugli effetti collaterali dopo ciascuna somministrazione. Quindi lo studio su 3.000 bambini continuerà con un’osservazione su numeri ben più ampi. Qualcuno potrebbe ripetere la banalità che quindi è un vaccino sperimentale, laddove tutte, ripeto tutte, le vaccinazioni richiedono un registro di osservazione delle reazioni avverse che prosegue per anni. Quindi non sperimentazione, ma osservazione”. Infine, riferendosi ai 28 milioni di bambini da vaccinare negli USA afferma: “Ebbene, provi ad immaginare che tutti questi bambini, ammesso (e temo non concesso) che si vaccineranno tutti, uno per uno entreranno nella valutazione quando saranno vaccinati e saranno seguiti per registrare qualsiasi effetto collaterale dovesse emergere”. Dovremmo dunque valutare i rischi derivanti dalla vaccinazione anti-COVID nei bambini grazie alla somministrazione di massa? Una valutazione dei rischi a posteriori è una valutazione del danno.

Giungiamo all’ultimo piano affrontato dal Prof. Perno e dunque al fatto che, oltre alle questioni pratiche e tecniche, sia imperativo discutere le considerazioni etiche riguardanti la vaccinazione infantile COVID-19. Poiché l’incidenza e la gravità della malattia COVID-19 sono molto basse nei bambini, la vaccinazione non dovrebbe essere eseguita principalmente per la loro protezione, ma per quella della comunità, principalmente degli anziani o degli individui ad alto rischio. Come è possibile sostenere che la società dovrebbe vaccinare i bambini, sottoponendoli a qualsiasi rischio, non allo scopo di conferire loro un beneficio diretto, ma per proteggere gli adulti? Noi crediamo che l’onere di proteggere sia a carico degli adulti verso i bambini e non viceversa. In diverse giurisdizioni del mondo, la stragrande maggioranza degli adulti, compresi quelli ad alto rischio, non sono stati vaccinati completamente contro il COVID-19. Se l’obiettivo fosse quello di proteggere gli adulti, non si dovrebbero concentrare gli sforzi per assicurare che gli adulti siano completamente protetti (tramite iniziative terapeutiche e sanitarie adeguate e aggiornate) piuttosto che puntare sui bambini? La considerazione rischio/beneficio può essere diversa nei bambini a rischio relativamente più alto di malattia grave, come quelli che sono obesi o immunocompromessi. 

Lo ribadiamo, certi che non possa esserci smentita: i rischi a lungo termine dei nuovi vaccini COVID-19 su una popolazione di milioni di bambini sono al momento sconosciuti, dato che le sperimentazioni cliniche hanno coinvolto poche migliaia di soggetti e per pochi mesi. Semplicemente, non ci sono dati. Vaccinare i bambini sarebbe perciò un modo per trattarli come mezzi per servire gli interessi di altre persone o una qualche forma di bene collettivo, come già fatto attraverso lockdown e altre restrizioni, quali la chiusura delle scuole, su cui non ci sono evidenze e consenso unanime circa l’efficacia nel mitigare o contenere la diffusione del virus. Inoltre, i vaccini COVID-19 pediatrici dovrebbero essere dimostrati efficienti nell’interruzione o nella riduzione della trasmissione del virus. Sfortunatamente e dato il nostro attuale stato di conoscenza, i vaccini anti COVID-19 attualmente disponibili non soddisfano nessuna delle due condizioni neanche negli adulti. Non solo, vaccinare i bambini comporterebbe per loro rischi senza alcun beneficio diretto sostanziale. Inoltre, vaccinare i bambini potrebbe andare a vantaggio della collettività solo se ciò riducesse in effetti i livelli di diffusione della infezione nel corpo sociale. Tuttavia, sebbene i vaccini COVID-19 forniscano quasi certamente una protezione a medio termine contro i sintomi gravi e contro il rischio di decesso, la loro efficacia nel bloccare l’infezione è incompleta e molto probabilmente transitoria (3-6 mesi). Un articolo pubblicato nel 2021 sulla prestigiosa rivista Lancet, infatti, riporta che “La vaccinazione riduce il rischio di infezione con variante delta e accelera la clearance virale. Tuttavia, gli individui completamente vaccinati che hanno preso l’infezione hanno una carica virale di picco simile ai casi non vaccinati e possono trasmettere efficacemente l’infezione”. Ciò significa che, in realtà, non c’è alcun beneficio collettivo a compensare il possibile danno individuale causato ai bambini attraverso la vaccinazione. A maggior ragione se la vaccinazione dovesse essere effettuata in massa e su base regolare per via del rapido decadimento della protezione conferita, ad esempio ogni sei mesi o un anno, aggravando ulteriormente i potenziali rischi di effetti avversi.

 Alla luce di tutte queste considerazioni, l’affermazione che vaccinare i bambini contro SARS-CoV-2 possa proteggere gli adulti rimane ipotetica. Anche supponendo che questa protezione esista, considerando i bassi tassi di trasmissione, l’elevata percentuale di bambini già post-COVID e la maggior parte degli adulti vaccinati o post-COVID, il numero di bambini che dovrebbero essere vaccinati per proteggere un solo adulto da un grave attacco di COVID-19, sarebbe straordinariamente alto.

Un ulteriore punto del ragionamento del Prof. Perno necessita un’ultima discussione e riflessione. Secondo il professore, la ragione per vaccinare anche nella tenera infanzia è legata tra l’altro all’obiettivo di eliminare la circolazione del virus: “Vogliamo lavorare in tutto il mondo per l’eradicazione del virus? Allora dobbiamo cercare di vaccinare tutti e quindi anche i bimbi tra 0 e 5 anni”.

A questa affermazione del Prof. Perno rispondiamo che non solo l’eradicazione dei virus non è minimamente plausibile, ma anche la supposta immunità di gregge con la vaccinazione di massa è irraggiungibile perché:
- gli attuali vaccini riducono solo parzialmente la trasmissione e sono molto meno efficaci sulle varianti dominanti a oggi;
- le nuove varianti, con probabile resistenza ai vaccini, si diffondono velocemente con i movimenti delle popolazioni. Alti tassi di immunizzazione con vaccini imperfetti, come quelli attuali, potrebbero creare pressioni selettive con vantaggi per varianti più virulente, che potrebbero diffondersi con maggiore facilità tra i vaccinati (Read et al. 2015. PLoS Biology, 13(7), e1002198.);
- l’efficacia e la durata della protezione da vaccino sembra ridursi dopo pochi mesi (da 2 a 6 in base alla tipologia di vaccino) e a oggi è stabilita la necessità di dosi di richiamo per mantenere l’immunità, restando sconosciuto l’effetto di richiami periodici;
- le campagne vaccinali procedono a ritmi diversi nei diversi paesi e nelle regioni, e comunque i problemi per vaccinare/rivaccinare otto miliardi di persone non sembrano gestibili;
- i vaccinati possono tendere a comportamenti meno attenti per eccesso di sicurezza.

In più, la popolazione pediatrica è eterogenea, con caratteri fisiologici distinti anche nelle varie fasce d’età. I bambini sono più suscettibili degli adulti a effetti avversi dei farmaci, reagiscono in modo molto diverso a seconda dell’età. L’aggiunta di nuove vaccinazioni nei calendari vaccinali potrebbe fare insorgere interazioni con le vaccinazioni di routine con esito non prevedibile.

Con riferimento alle prove scientifiche disponibili, senza rinunciare a discutere delle strategie più efficaci contro la pandemia e rifiutando strumentalizzazioni antivacciniste, rivendichiamo l’imperativo ippocratico primum non nocere come principio base per ogni medico e misura di sanità pubblica. I bambini sono i meno colpiti dalla pandemia, ma rischiano di essere le sue più grandi vittime».

Prof. Leonardo Vignoli
Prof. Daniele Porretta
Prof. David Conversi
Prof.ssa Maria Luisa Chiusano
Dott.ssa Marina Piscopo
Dott.ssa Lucia Cicchillitti
Prof. Marco Milanesio
Prof. Nicola Schiavone
Prof. Gandolfo Dominici
Prof. Salvatore Valiante
Prof. Lorenzo Maria Pacini
Associazione CoScienze Critiche

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