15/02/2016

Utero in affitto e “materialismo” cristiano (o sano realismo?)

La legge Cirinnà ci porterà l’utero in affitto. Infatti si cerca di giustificare l’abominevole pratica con mille elucubrazioni filosofiche che perdono di vista la sana realtà... 

Al turpe mercimonio non si oppongono solo i Cristiani, ma gli intellettuali di grido se la prendono con loro e li accusano di “materialismo” (forse perché la Croce di Cristo – che per chi ci crede porta in Cielo – è solidamente piantata per terra...)

Non so se il fatto di pura, semplice, evidente e per certi versi banale realtà di venire al mondo dall’unione di un uomo e una donna e di poter crescere con coloro che ti hanno generato possa e debba essere ridefinito nei contorni di un diritto da dover ribadire e difendere con i denti.

A quanto pare le discussioni di questi tempi ci portano a pensarlo.

Quello che è certo è che la mancanza di uno o di entrambi i genitori è per il figlio una tragedia. Da lui è sicuramente considerata come tale. Ma anche dalla comunità civile. Essa si prende carico di questa mancanza  e cerca di porre rimedio ponendo le basi per ristabilire una continuità affettiva con due figure che possano supplire al meglio a ciò che gli è stato negato, sicuramente la considera tale. Altrimenti perché porsi il problema dell’adozione degli orfani e perché stabilire delle regole ferree al fine di dare in adozione coloro che non hanno più un padre e una madre a una famiglia che risulti più idonea? O perché porsi il problema che gli individui adottanti debbano essere due se non per il fatto che da due individui (uomo e donna) il bambino è stato generato?

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“Questa non è una pipa” (Magritte)

Il prof. Galimberti durante una recente trasmissione televisiva, lamentava l’ottuso materialismo cristiano secondo il quale, il fatto di ricordare che si nasce da un uomo e una donna e che il bambino ha, nella misura del possibile, il diritto a conoscere, stare ed essere educato da loro, sarebbe una visione riduzionista e per certi versi sicuramente banale.

La capacità generativa infatti, secondo il professore, si può donare alla stessa stregua con cui si dona il midollo osseo o un rene per i più bisognosi.

Il gretto materialismo cristiano viene così superato da una nuova visione antropologica che prescinderebbe da legami di sangue,  fondata sull’amore come sentimento universale capace di superare le barriere che la natura impone.

È curioso notare come ormai un fatto di sconcertante evidenza, come il riconoscere che i figli non possono essere oggetto di vendita, di donazione,  di affitto né di prestito gratuito per il semplice fatto che non sono beni a disposizione, sia considerato materialismo da chi mette sullo stesso piano la donazione di un organo con la donazione di una persona. In una visione prettamente materialista infatti l’unico criterio di giudizio della realtà è la quantità di materia nelle sue molteplici differenziazioni, prescindendo da qualunque dimensione  spirituale o ontologica. In questo senso il midollo o un rene si differenzia dal suo proprietario solo per il numero e tipo di cellule che lo compongono. Seguendo il filo logico gli animali pertanto hanno esattamente pari dignità rispetto all’essere umano, in quanto fatti della stessa materia e le correnti culturali di stampo animalista vanno oggi per la maggiore.  La senatrice Cirinnà ne rappresenta un fulgido esempio.

Curiosamente il professor Galimberti  non  giudica la sua presa di posizione come altrettanto materialista, anzi la infiocchetta di buoni propositi e sentimenti per renderla in qualche modo digeribile al povero telespettatore confuso da cotanta sapienza.  Il donare un organo è visto come un atto di suprema generosità se serve a salvare una vita o a rendere migliori le condizioni di vita di chi è nel bisogno.  Per questo, se fatto in pieno spirito di aiuto, condivisione  e di altruismo, perché non donare un figlio a chi è impossibilitato ad averne?

È sconcertante e sicuramente deprimente che si debba chiarire la differenza fra i due fatti. O che tali argomentazioni vengano usate (da supposti luminari e non da gente comune) per giustificare la cruda realtà che tocca il nervo scoperto dell’uomo moderno. Il credersi Dio perché la tecnica permette di soddisfare qualunque nostro desiderio.

Non c’è da stupirsi se siamo arrivati a questo punto.

Il bambino nel grembo materno non diventa automaticamente “un grumo di cellule” se non voluto? Lo stesso bambino e allo stesso grado di crescita se voluto e se per disgrazia abortito spontaneamente non diventa una tragedia per la madre che subisce questa perdita?

È necessario riflettere come ormai lo status di persona, di essere umano, venga di volta in volta attribuito in base alla percezione o al giudizio che di lui viene dato, o meglio in base alla convenienza o al sentimento di desiderio o di rifiuto che di lui abbiamo, prescindendo dal dato di realtà. Perché stupirsi se ormai si spinge in maniera ossessiva verso la mercificazione del vivente quando lo stesso vivente può essere soppresso nel grembo materno in un modo culturalmente e socialmente accettabile da diversi decenni?

Ancor più recentemente il Prof. Domenico de Masi, sociologo, durante una trasmissione televisiva (Omnibus la7, sabato 13) giustificava l’assenza della figura materna o paterna nelle coppie omosessuali, in quanto veniva compensata dal fatto che uno dei due assume il ruolo materno o paterno:  in tali coppie, un uomo può assumere caratteristiche femminili o una donna caratteristiche maschili, che il bambino riconosce e che bastano a una sana crescita senza squilibri. Sicuramente il professore è anche un sostenitore della teoria (o ideologia) del genere secondo cui tali caratteristiche sono solo frutto di imposizioni culturali, dove, uomini e donne, a parte il sesso biologico, risultano perfettamente uguali.

Allora è da chiedersi: in una coppia di omosessuali dove non ci sono differenze sessuali primarie, in base a cosa i due individui possono assumere caratteristiche maschili e femminili, se tali caratteristiche sono frutto di imposizioni culturali? E siamo perfettamente sicuri che un bambino possa percepire in due individui dello stesso sesso queste differenze? Qual è il criterio di giudizio con cui dovrebbe coglierle se la differenza gli viene negata in partenza?

Il “materialismo” cristiano – se è materialismo – ci radica a una realtà nuda e cruda che non lascia adito ad interpretazioni. Si nasce da un uomo e una donna, portiamo nel nostro DNA e in ognuna delle nostre cellule la stessa “materia” di chi ci ha generato e parte di quella di chi ha generato a sua volta i nostri genitori. E questa materia rimane impressa in noi come un marchio che ci contraddistingue. Perché ci ricorda la nostra storia, le nostre origini, la conoscenza delle quali è molto più presente, pressante e necessaria di qualunque bisogno di amore.

Il “materialismo” cristiano ci ricorda anche che la persona umana, in qualunque età o condizione fisica, non può essere mai rivendicato come oggetto di diritto perché è “altro” da noi. È qualcuno che può anche avere parte del nostro patrimonio genetico, ma questo non ci dà alcun diritto su di lui.

Di fronte alla creatività culturale di stampo sentimental-emotivo fatta ormai propria da tanti luminari, il “materialismo” cristiano – che si àncora a una realtà tangibile e che chiama le cose con il proprio nome – è forse preferibile.

Ferdinando Costantino

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