10/06/2025 di Redazione

Famiglia e Biopolitica al tempo dell’inganno universale

Riceviamo e pubblichiamo un approfondimento sul tema della famiglia, della politica e della biotica realizzato dalla professoressa Dina Nerozzi, medico specialista in neuropsichiatria infantile ed endocrinologia, docente di Psiconeuroendocrinologia all’Università Tor Vergata di Roma e consultore del Pontificio Consiglio per la Famiglia. Autrice di pubblicazioni di riferimento come “La guerra del gender” e “L’uomo nuovo”, la professoressa Nerozzi partecipa regolarmente a conferenze, audizioni istituzionali e campagne di sensibilizzazione, portando un contributo scientifico rigoroso in difesa della famiglia naturale e della verità antropologica.




Con la sentenza n. 68 del 2025, la Corte Costituzionale dichiara incostituzionale il divieto di riconoscere le due madri nei certificati di nascita. Una svolta che cambia il destino di tante famiglie e ribalta la narrazione politica degli ultimi anni. Dobbiamo considerare la sentenza un passo avanti nel cammino della civiltà? Vediamo di ripercorrere le tappe del processo che ha deciso che la realtà biologica dell'essere umano è un dettaglio trascurabile.

Premesse

Per politica si intende il processo relazionale che si instaura tra gli abitanti di una determinata area geografica e la forma di Stato che ne deve governare i rapporti nei vari settori del vivere quotidiano. Il modo con cui questi rapporti vengono normati e attuati nella società si pone in stretta correlazione con il diverso modo di intendere la vita e la storia del genere umano. Il termine bio, dal greco bios, fa riferimento alle leggi che governano la vita biologica. Per biopolitica si intende l’intrusione della politica in un campo che non è di sua pertinenza diventando arbitra del Bene e del Male nelle questioni che riguardano la vita, la morte, l’individuo, la famiglia, la specie, in totale autonomia rispetto alle regole stabilite dalle scienze biologiche, ciò comporta l’estensione del politicamente corretto nell’ambito delle scienze naturali. 

I principi di oggettività e non contraddizione, un tempo considerati il cardine del pensiero scientifico, sembrano divenuti un inutile ingombro che intralcia il processo creativo dell’uomo nuovo finalmente liberato non solo dai vincoli imposti dalla religione e dalle tradizioni ma anche da quelli imposti dalla Legge di natura.

In Italia un enorme passo avanti nella direzione voluta dal mondo progressista prende piede l’11 maggio 2016 con il ddl Cirinnà intitolato “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, che diventa legge dello Stato. Questa legge, di fatto, equipara le unioni omosessuali al matrimonio eterosessuale: essa è la dimostrazione lampante di cosa si intende per biopolitica nel settore specifico della famiglia. 

Nel corso dei secoli molte volte è stata affrontata la questione di quanto determinati comportamenti individuali e sociali siano imputabili a fattori innati o culturalmente acquisiti, un binomio considerato inscindibile, sia pure con diverse gradazioni e sfumature. L’11 Maggio 2016 il Parlamento Italiano ha stabilito, ope legis, la scomparsa della dualità complementare: maschio/femmina per quel che riguarda la normativa sulla famiglia ed ha deciso che l’anatomia, la fisiologia, la genetica dell’essere umano sono elementi privi di significato a meno che non si tratti di omosessualità maschile nel qual caso la biologia torna ad essere l’elemento determinante, mi riferisco alla teoria del” born gay”, secondo la quale omosessuali si nasce e pertanto l’omosessualità è un fatto naturale.

Nel mondo postmoderno quello che conta è solo la volontà dell’individuo e le leggi varate dalle mutevoli maggioranze politiche momentaneamente al potere.

Il Parlamento ha anche deciso di ignorare quanto scritto nella Costituzione della Repubblica Italiana, frutto di decisioni maturate tra le varie anime politiche dei costituenti, che così recita al comma 1 dell’articolo 29: “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”. Secondo il comma 1 della Costituzione Italiana lo Stato non ha potere di intrusione nella vita familiare in quanto essa è considerata una realtà autonoma che esiste di per sé e come tale viene riconosciuta. La nuova norma varata dal Parlamento afferma che la famiglia non è una realtà evidente di per sè, ma che è lo Stato a decidere chi abbia diritto a essere considerato famiglia.  In questo modo è stato annullato il paletto posto dai Padri Costituenti a tutela della famiglia naturale, paletto che essi avevano inteso porre a protezione dei cittadini nei confronti dell’ingerenza dello Stato.

Così come aveva bene espresso l’on Aldo Moro nella seduta del 6 Novembre 1946: “Dichiarando che la famiglia è una società naturale si intende stabilire che la famiglia ha una sfera di ordinamento autonomo nei confronti dello Stato”.

Due visioni del mondo

Per cercare di comprendere il quadro politico che si para davanti al momento attuale è utile ricordare come esistano, essenzialmente, due antitetiche concezioni del mondo che si confrontano fin dall’origine dei tempi e, di conseguenza, come esistano anche due modi diversi di affrontare le questioni che insorgono all’interno della società. Le due visioni del mondo non sono compatibili, non è possibile trovare una sintesi per quanti sforzi si attuino e per quanta buona volontà si possa mettere in campo. 

La prima Weltanschauung fonda il suo agire in base al principio secondo il quale l’essere umano è una creatura di Dio, dunque soggetta alle Sue leggi, che sono poi le leggi di natura, l’altra nega l’esistenza di un qualunque essere superiore ed afferma che l’uomo è l’unico dio in terra nonché l’unico padrone e arbitro del suo destino. 

Per l’una esistono le verità che persistono nel tempo e le dicotomie: Bene/Male, Maschio/Femmina, Naturale/Innaturale, l’altra invece non riconosce verità ultime ma intende unificare gli opposti (secondo il processo hegeliano tesi, antitesi, sintesi), l’unica morale che ritiene valida è quella che risponde al tornaconto personale e considera veritiero tutto ciò che appare utile al momento.

In base alle due diverse interpretazioni della realtà si crea anche un modo diverso di guardare alla scienza e alla tecnologia e di conseguenza anche il modo di intendere il progresso umano. 

Nella prima interpretazione della realtà la scienza ha il compito di scoprire le leggi che regolano i fenomeni naturali senza altro fine specifico che la loro conoscenza. Le cognizioni scientifiche acquisite vengono successivamente utilizzate attraverso la tecnologia con lo scopo di migliorare le condizioni di vita dell’uomo in base al principio di precauzione e in armonia con le leggi di natura. Non tutto quello che è tecnologicamente possibile è anche automaticamente buono, l’energia atomica, ad esempio, rappresenta un grande progresso scientifico in tema di conoscenza ed una strabiliante acquisizione della moderna tecnologia, che tuttavia mette in pericolo la stessa esistenza dell’uomo. E’ questa la ragione per la quale la scoperta dell’energia atomica ha messo in crisi l’idea stessa della scienza posta nelle vesti di una nuova religione salvifica del mondo, dopo che la “morte di Dio”, annunciata nell’Ottocento da Nietsche, aveva inteso relegare la civiltà cristiana negli armadi della storia. 

La civiltà cristiana, sorta sulle fondamenta della cultura greca e romana, è alla base del mondo occidentale. Essa vede nel controllo delle pulsioni la bussola di riferimento indispensabile per acquisire un più elevato livello di bene individuale e di civiltà collettiva.  L’uomo è considerato un animale razionale in grado di prevedere le conseguenze delle proprie azioni e quindi anche in grado di orientare le proprie scelte in modo da evitare la ripetizione di errori passati e l’insorgere di problemi nel futuro. 

L’altra Weltanschaung ritiene invece che l’uomo sia un animale al pari degli altri, tranne rare eccezioni, e che il bene dell’individuo risieda nel conseguimento del maggior numero possibile di gratificazioni mondane e carnali che si ottengono dando libero sfogo al vento delle passioni, senza prendere in considerazione le conseguenze del proprio agire, con la certezza che le acquisizioni della tecnologia saranno in grado di risolvere ogni tipo di problema che dovesse presentarsi.

In questa altra visione della vita e del mondo non è prevista alcuna distinzione tra scienza e tecnologia, tutto ciò che è tecnologicamente (e biotecnologicamente) possibile è considerato lecito e tutto ciò che consente all’uomo di affrancarsi dalla Legge di natura è considerato giusto. Per i fautori del nuovo mondo, e del suo progresso inarrestabile, nulla di quanto accade nelle società moderne è da considerarsi contro natura in quanto la sua stessa esistenza costituirebbe la dimostrazione della sua “naturalità”. 

La Natura Umana

Il tema della biopolitica si pone in stretta correlazione con il concetto di natura umana. Questo tema è di interesse generale e supera i confini del tempo e dello spazio dal momento che in tempi e in luoghi diversi si sono formate idee diverse sul significato di natura umana.

Le radici culturali del mondo occidentale sono innestate con la filosofia greca e con il diritto romano, un solido retroterra che ha trovato fondamento non solo nella Sacra Scrittura ma soprattutto nel principio di oggettività e di non contraddizione che è alla base dell’agire scientifico.
Principi sani che sono stati gradualmente accantonati man mano che prendevano piede le teorie emergenti dal processo di secolarizzazione della società e che si possono raggruppare essenzialmente in tre filoni principali:

1. La teoria della separazione tra corpo e mente.
2. La teoria della tabula rasa, 
3. La teoria del buon selvaggio

1. La prima origina in Francia con René Descartes (1596-1650). Che diede il via al suo operato criticando sia la tradizione che il principio di autorità quando non si trovino in sintonia con la ragione. A giudizio di Cartesio, l’essenza dell’anima risiede nella res cogitans, nel pensiero, da cui era necessario partire per dimostrare sia l’esistenza di Dio che l’esistenza della realtà, la res extensa. Con l’andar del tempo il suo “cogito ergo sum” si è però trasformato nella teoria secondo la quale la realtà in sé non esiste se non come prodotto della mente umana. Egli fu anche sostenitore della necessità di far avanzare una filosofia pratica in sostituzione di quella speculativa in modo che essa potesse agire direttamente all’interno della società. La filosofia cartesiana di fatto ha creato le basi ideologiche dell’agire politico progressista.

2. La teoria della Tabula Rasa proviene dal mondo anglosassone, e in particolare dal filosofo John Locke (1632-1704). Essa parte dall’assunto secondo il quale l’uomo nasce con pochissimi istinti primordiali innati e tutto lo sviluppo successivo è da attribuirsi all’esperienza maturata nel tempo attraverso il processo di socializzazione.

La teoria della tabula rasa, di fatto, segnò la fine della visione gerarchizzata della società precedente alla rivoluzione francese. Per Locke tutti gli uomini nascono uguali e per così dire omologati fin dalla nascita, il che, a ben vedere è l’esatto contrario della visione cristiana, eminentemente cattolica, della unicità di ogni persona che Dio ha creato a Sua immagine  e somiglianza e redento con un destino individuale e irripetibile. E’ sulla base di questa visione collettivista ed egualitarista che lo Stato si sostituisce a Dio appropriandosi del ruolo di supremo legislatore, relativizzando così quei principi che, in quanto trascendenti, sono necessariamente immutabili.  La novità sottesa nella concezione filosofica di Locke consisteva nel fatto che il garante del principio di uguaglianza doveva essere non tanto e non solo il Dio creatore e sostenitore della vita, ma anche e soprattutto lo Stato con le leggi positive emanate dagli uomini e, dunque, soggette al cambiamento, quel vago e vagheggiato “change” che viene periodicamente invocato come soluzione di tutti i mali del mondo.

3. La teoria del buon selvaggio nasce anch’essa in Francia per opera di Jean Jacques Rousseau (1712-1778) e si basa sull’assunto secondo il quale l’essere umano nasce intrinsecamente buono e viene successivamente corrotto al contatto con una società malata. Questa teoria intendeva contrapporsi a quella decisamente più pessimistica espressa dal filosofo inglese Thomas Hobbes (1588-1679) secondo la quale, invece, l’uomo è intrinsecamente malvagio e in natura vige il principio dell’“homo homini lupus”. 

L’idea di Hobbes poggia sull’assunto che l’uomo sia un animale al pari degli altri e, dunque, privo di quel logos che la Rivelazione cristiana considera come parte integrante dell’essere uomo e che lo pone al di sopra degli altri animali che popolano la terra. Se l’uomo è un animale come gli altri, allora anche all’interno della comunità umana vale la legge della giungla, vale a dire la sopravvivenza del più adatto, così come sosterrà in seguito Charles Darwin. Questa è la ragione per cui in una società allo stato “naturale” il più debole è destinato a soccombere.

Tanto Rousseau quanto Hobbes, pur con le loro divergenze, cancellano con un tratto di penna duemila anni di Cristianesimo, negando le conseguenze del peccato originale. Per Rousseau l’uomo nasce buono ed è la società che lo corrompe, per Hobbes egli nasce malvagio e la società non può renderlo buono. Questi due paralleli filosofici ricordano da vicino quanto si trova rispecchiato nella riforma Protestante.

E’ certamente difficile tentare di racchiudere in una formula il concetto di natura umana, data la complessità dell’opera di Dio e delle sue leggi. Leggi che però risultano accessibili alla ragione e trovano espressione in quelle verità definite come evidenti di per sé e trascritte nelle leggi emanate dall’uomo quando a scriverle sono persone convinte che l’uomo sia una creatura e dunque soggetta sia alla Legge di natura che alla legge positiva (la cui autorità dovrebbe trarre la propria legittimazione dalla conformità con il volere del supremo Legislatore).

Chi si riconosce in questa realtà trascendente accetta di non essere il centro dell’universo e accetta di conformarsi al fine ultimo che Dio gli ha assegnato usando la propria libertà entro i confini del Bene che la ragione gli mostra. Chi invece vuole sostituirsi a Dio trova intollerabile l’idea che esista qualcosa che sfugge al proprio controllo e vuole veder appagati tutti i suoi desideri, anche se questi entrano in conflitto con il principio di realtà e con la Legge di natura.

Le tre principali impostazioni teoriche sono tuttora vigenti nella società. Ritroviamo la teoria del buon selvaggio nella divinizzazione della natura (la Madre Terra) e nell’enfasi eccessiva posta su tutto ciò che viene presentato come  “naturale o “biologico”: dai cibi, alla medicina, alla preoccupazione per la distruzione dell’ambiente.  

Anche nel caso specifico della preoccupazione per la tutela dell’ambiente si verifica il fenomeno di confondere il particolare con il generale. La capacità delle multinazionali di inquinare il Pianeta in alcune zone, anche vaste, diventa la capacità distruttiva dell’uomo sull’intero ecosistema che si estrinseca attraverso il cosiddetto “climat change”. I cambiamenti climatici sarebbero il frutto dell’attività umana, nonostante sia evidente, a tutti coloro che non vogliono ignorare il principio di realtà, che a dettare il clima del pianeta è sempre il sole. I movimenti come “extintion rebellion”  (che si definisce come movimento internazionale, basato sulla scienza, nato dal basso in risposta alla devastazione ecologica causata dalle attività umane) riportano l’imprinting di Hobbes identificando nell’uomo una sorta di virus in grado di distruggere il Pianeta come sostengono anche gli attivisti dell’altro movimento “Fridays for Future”. Questi movimenti ecologisti chiamano, soprattutto i giovani, alla disobbedienza civile nonviolenta di massa allo scopo di forzare i governi a invertire la rotta che, a loro giudizio, starebbe portando il Pianeta dritto verso il disastro climatico ed ecologico. 

La teoria del cogito ergo sum e della tabula rasa sono alla base della cosiddetta “gender ideology” che relativizza l’oggettiva realtà biologica dei sessi, sostituendovi il genere come scelta soggettiva del tutto arbitraria. Quello che conta non sono più l’anatomia, la fisiologia, la genetica, vale a dire la realtà biologica dell’individuo, ciò che conta è la percezione della mente e la volontà del singolo. 

Nel mondo secolarizzato è solo la politica che decide le regole della società, ed è questa la ragione per la quale si sono ipotizzate ed emanate leggi che impongono l’ideologia gender dando legittimità ai matrimoni omosessuali e al cambiamento di sesso, il tutto in aperto conflitto con l’ordine naturale e in aperta sfida alla natura. 

Questa ideologia si sta imponendo a livello globale attraverso organismi internazionali quali ONU, OMS, UE, FMI che interferiscono tanto con il potere legislativo dei Parlamenti quanto con quello giudiziario a causa di una magistratura che spesso si è dimostrata complice del disegno. 

Anche la soppressione della vita nascente nel grembo materno, sotto l’egida dello Stato, riporta in auge la teoria dell’homo homini lupus di Thomas Hobbes, là dove è il più forte che trionfa, così come accade nel regno animale di cui anche l’uomo è considerato una parte integrante. 

Tutte queste nuove leggi emanate dall’uomo sono in netto contrasto con la realtà biologica dell’individuo e, di conseguenza, anche con il senso morale che si è maturato nel corso dei secoli, e così già sappiamo che apriranno la via a innumerevoli problemi sia di natura medica che giuridica e quindi sappiamo anche che risulteranno inevitabilmente dannose tanto per l’individuo che per la società nel suo insieme. 

La nuova ideologia si sta dunque imponendo non con il supporto della ragione e della scienza ma con l’aiuto della forza che decide in autonomia cosa è giusto e cosa è sbagliato e dunque ci confrontiamo con un falso progresso che annulla millenni di storia e di fatiche operate dal genere umano nel tentativo di raggiungere più alte mete di civiltà collettiva e di benessere individuale.

La nascita di una falsa scienza e di un falso progresso

Se i postulati filosofici, nati sul finire del ‘500 e perfezionati nei secoli successivi, davano spazio all’azione dell’uomo indipendentemente dai dati di realtà, e dal senso morale che ne deriva, per trovare accoglienza nell’olimpo della modernità era necessario ottenere l’avallo della comunità scientifica. 

L’evoluzionismo Darwiniano (sempre rimasto nell’ambito delle ipotesi) rappresenta la cornice “scientifica” che dovrebbe dare sostegno al progetto politico progressista. Nella logica evoluzionista e progressista esiste un continuum che, partendo dagli organismi unicellulari (che nel corso dei millenni hanno dato origine alle diverse specie animali e vegetali che popolano la terra) arriva fino all’attuale superamento della leggi della biologia, dato che ormai è l’uomo che dirige in autonomia il processo evoluzionistico nella direzione desiderata. 

Con la pubblicazione de: “On the Origin of Species by Means of Natural Selection” del 1859, Charles Darwin (1808-1882) fornì ad una falsa premessa filosofica una falsa prova “scientifica” che aveva il compito di dare una spiegazione alternativa dell’origine dell’ordine naturale e della comparsa della vita e dell’uomo sulla terra (“The Descent of Man”, 1871) rispetto a quella descritta nella Genesi, considerata alla stregua di una fiaba e quindi inaccettabile in un mondo che era entrato nell’Era della Scienza. 

Il tentativo di interpretazione della realtà in chiave evoluzionista si è dovuta confrontare con innumerevoli problemi primo tra tutti quello di fornire una spiegazione razionale e convincente circa le origini della vita, spiegazione mai giunta per la semplice ragione che è al di fuori della portata umana. 

A distanza di più di cento e cinquanta anni dall’apparizione del postulato darwiniano è ormai chiaro che sono troppi gli anelli che mancano all’appello perché esso possa essere elevato al rango di teoria scientifica. L’evoluzionismo darwiniano va inteso come una sorta di filosofia della biologia, quindi ben lungi dall’essere in grado di rispettare quei criteri di oggettività e non contraddizione che sono alla base dell’agire scientifico e che erano stati la sua primitiva ragion d’essere. 

Il fatto che gli organismi vadano incontro a un processo evolutivo è una realtà incontestabile e ben visibile in natura ed è a questo fatto che si appellano i cultori della teoria evoluzionista nel tentativo di preservare il pilastro portante dell’ideologia progressista, quello che non dicono è che l’evoluzione avviene all’interno della specie di appartenenza.

E’ fondamentale, infatti, fare una netta distinzione tra micro e macro evoluzione. Per microevoluzione si intende l’esistenza di piccoli graduali cambiamenti che insorgono all’interno di una determinata specie in risposta ai mutamenti delle condizioni ambientali ed è un fenomeno inoppugnabile. La macroevoluzione ipotizzata da Darwin, invece, prevede l’esistenza di un comune antenato da cui sarebbero evolute tutte le specie animali e vegetali, e si è dimostrata essere una fiaba più fantasiosa della narrazione biblica che intendeva contrastare. Ciò si è reso possibile utilizzando un procedimento in netto conflitto con il metodo scientifico che prevede che si parta dall’osservazione della realtà per giungere a formulare delle ipotesi che poi dovranno essere verificate e non da tesi preconfezionate che poi devono trovare conferma nella realtà. Realtà che se non si trovano si fabbricano, come è accaduto per la favola dell’uomo di Piltdown, avallato dal gesuita Theilerad de Chardin, che è stato considerato per quasi 50 anni come la prova dell’anello mancante a tutela dell’ipotesi evoluzionista prima di essere apertamente sconfessato come pura e semplice frode.

La tecnica utilizzata dai cultori del falso progresso è quella di confondere il particolare con il generale, di usare una piccola verità per far passare una grande menzogna, come quella di confondere la microevoluzione con l’ipotesi darwiniana della macroevoluzione al solo scopo di dare una coerenza logica al progetto politico progressista. 

Può essere interessante consultare “The Evolution Deceit. The scientific collapse of Darwinism and its ideological background” di Harun Yahya, Ta-Ha Publishers Ltd, UK 1999, reperibile in rete. Si tratta di un testo in cui sono elencate tutte le incongruenze della teoria evoluzionista, un libro talmente pericoloso per la narrazione ufficiale da aver indotto il Consiglio d’Europa a emanare la Risoluzione 1580 del 2007 allo scopo di impedirne la diffusione nelle scuole mediante una vera e propria messa all’indice della pubblicazione considerata eretica.

Cosa dice la Risoluzione 1580 al suo primo articolo? 

1.“Lo scopo di questa risoluzione non è quello di combattere una fede: il diritto alla libertà di credo non lo permetterebbe. L’obiettivo è di mettere in guardia contro alcuni tentativi di far passare una Fede come una Scienza. E’ necessario mantenere separate la Fede e la Scienza. Ciò non è una questione di antagonismo. Scienza e Fede possono coesistere. Non c’è motivo di contrapporre fede e Scienza, ma è necessario prevenire che il Credo si opponga alla Scienza.”

Il primo articolo della Risoluzione tenta di mettere in contrapposizione l’evoluzionismo, considerato scienza, e il creazionismo, che invece è considerato una religione e dunque un mito da sfatare. Tutto ciò è ben lontano dalla verità, infatti l’Umanesimo Ateo secolare, che ha prodotto l’ipotesi evoluzionista in contrapposizione all’ipotesi creazionista, è esso stesso considerato una religione ad esempio dalla Corte Suprema degli Stati Uniti che nel 1961, nel caso Torcaso v. Watkins (367 U.S. 488), così afferma: “Tra le religioni che in questo Paese non insegnano quella che generalmente viene considerata la credenza nell’esistenza di Dio vi sono il Buddismo, il Taoismo, l’Umanesimo secolare ed altre” Charlotte Thomson Iserbyt “the deliberate dumbing down of america”, (Conscience Press, Ravenna, Ohio, 1999) america volutamente in lettera minuscola a dimostrazione dell’ignoranza che ormai pervade il sistema scolastico made in USA.

L’articolo 2 spiega perché è pericoloso dare una qualche rilevanza all’ipotesi del creazionismo, cioè all’dea che esista una realtà biologica che persiste inalterata nel tempo, sia pure con lievi modifiche che si rendono necessarie per adattare gli organismi alle diverse condizioni ambientali.

2.“Per molte persone la Creazione, come parte del proprio Credo religioso, dà un significato alla propria vita. Tuttavia, l’Assemblea Parlamentare è preoccupata per i cattivi effetti della diffusione delle idee creazioniste nei sistemi educativi, e delle conseguenze per le nostre democrazie. Se non stiamo attenti, il Creazionismo può diventare una minaccia dei diritti umani, che sono il principale pensiero del Consiglio d’Europa.”
Per quale ragione il creazionismo può diventare una minaccia per i diritti umani? Se si fa strada l’idea che l’essere umano non è il prodotto evolutivo di un corpo unicellulare che gradualmente si è trasformato nelle varie specie animali secondo un processo che evolve in un continuum, allora c’è il rischio di veder crollare l’idea che l’uomo sia libero di progettare il futuro della specie, continuando il percorso evolutivo fin qui acquisito, che ora prevede per ciascuno la possibilità di scegliere il sesso/genere di appartenenza e soprattutto il passaggio evolutivo del dominio della procreazione che da dono gratuito di Dio deve trasformarsi in un processo tecnologico/commerciale governato dall’uomo, compreso il nuovo salto quantico che prevede l’ibridazione uomo/macchina.

All’articolo 7 si evoca anche lo spettro della confusione che si potrebbe ingenerare nelle menti dei bambini raccontando loro “credenze, convinzioni e ideali” secondo cui al mondo esistono maschi e femmine che si uniscono per generare la vita. ”C’è un rischio reale di seria confusione, nell’introdurre nelle menti dei nostri bambini ciò che ha a che fare con credenze, convinzioni ed ideali, insieme ad argomenti che riguardano la conoscenza scientifica. Il principio che “tutte le cose sono uguali” può sembrare allettante e tollerante, ma nei fatti esso è pericoloso.”

Perfino il principio di uguaglianza, tanto declamato, può diventare pericoloso nel caso specifico e nessuno ha il coraggio di riconoscere che il mistero della vita indagato dalla scienza, in una visione armoniosa del creato, non può essere in contraddizione con la Fede. L’impostazione messa in campo dal modernismo non sta in piedi perché crea una falsa e aprioristica antiteticità tra scienza e fede, elevando la scienza al rango di unica verità accettabile e relegando la Fede al ruolo di superstizione. Bisogna avere il coraggio di affermare con chiarezza che come siano sorti l’universo e la vita è un mistero e che questo mistero è al di fuori della portata della mente umana. 

Di fronte a una realtà non conosciuta l’uomo di scienza, e il filosofo, devono avere l’umiltà di riconoscere i propri limiti e dire serenamente il socratico Scio me nihil scire, So di non sapere nulla, anziché ostinarsi a voler dare risposte assolute e definitive, quando gli strumenti di cui dispone si rivelano inadeguati e le conclusioni a cui giunge si rivelano spesso contraddittorie. 

L’evoluzionismo darwiniano, che è il pilastro portante dell’ideologia progressista, e dunque anche dell’uomo nuovo e della nuova famiglia, ha mostrato in pieno la sua debolezza strutturale proprio nel momento in cui, per poter restare in piedi, ha avuto bisogno di aggrapparsi alla stampella della politica. Ogni qual volta deliberatamente si ignora il metodo scientifico per dare spazio alle ideologie, allora la politica deve necessariamente subentrare e sostenere la sua visione del mondo con la sua propaganda, finchè non diviene necessario far intervenire anche la magistratura al suo livello più alto, con il suo potere coercizzante, per cercare di tenere in piedi una falsa narrazione della realtà.

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.