30/12/2023

Staminali embrionali: 25 anni di esperimenti, 0 risultati

A cosa serve la ricerca sulle cellule staminali embrionali?

Abbiamo letto l’articolo di E. C. Tarne, Human Embryonic Stem Cell Research 25 Years On, (25 anni di ricerca sulle cellule staminali embrionali) pubblicato il 30 ottobre 2023 sul portale del Lozier Institute. Lo proponiamo ai nostri Lettori perché è importante sapere a cosa serve creare bambini in laboratorio e poi smembrarli perché - dicono - così “la scienza” fa progressi.

Per una trattazione più ampia dell'argomento qui esposto vi invitiamo a chiedere a [email protected] lil numero di gennaio 2024 della nostra splendida rivista mensile, Notizie Pro Vita & Famiglia, che viene spedita a tutti i sostenitori di ProVita & Famiglia.

 

Oggi difficilmente si sente parlare di ricerca sulle cellule staminali embrionali umane (hESC) ma venticinque anni fa, quando queste vennero isolate per la prima volta da un gruppo di scienziati  americani, furono al centro del dibattito politico e scientifico statunitense.

 

La loro capacità di differenziarsi, man mano che l’embrione cresce, e farsi parte costituente di ogni organo e tessuto necessario al suo sviluppo gli è valsa l’appellativo di “pluripotenti” e i ricercatori hanno intravisto in questa loro peculiarità possibili applicazioni vantaggiose nel campo della rigenerazione cellulare: «L’elenco dei possibili usi terapeutici», affermava nel ‘99 il dottor L. Goldstein, professore di farmacologia presso L’Università della California di San Diego, «è quasi infinito». 

Si prospettò in maniera ottimistica una possibilità di cura per il morbo di Parkinson, l’Alzheimer, il diabete, le malattie cardiache e finanche il cancro, e tali rosee prospettive fecero accogliere questa ricerca con clamore ed entusiasmo, nella convinzione che avrebbe inaugurato una nuova era nella storia della medicina. Erano stati addirittura paventati ingenti guadagni per lo stato della California grazie alle royalties risultanti dalle cure derivate dall’hESC. 

Il miraggio di simili risultati, la convinzione di poterli raggiungere in tempi brevi (H. Varmus, allora direttore del National Institute of Health e tra gli aperti sostenitori della ricerca, nel ‘98 stimò di poter accogliere i primi successi già dopo due o comunque entro dieci anni) e la massiccia campagna pubblicitaria sul tema, appoggiata da scienziati e personaggi pubblici influenti condussero nel 2004 all’approvazione della Proposition 71 in California, che prevedeva lo stanziamento di finanziamenti statali per un totale di 3 miliardi di dollari in 10 anni  per sostenere la ricerca sulle cellule staminali, hESC in particolare. Venne anche istituito un apposito ente per supervisionare la distribuzione di una così ingente somma di denaro, il California Institute for Regenerative Medicine. 

A distanza di venticinque anni ci si chiede cosa sia andato storto: non solo non abbiamo assistito ai miracolosi progressi promessi ma non esistono neppure studi clinici  sull’impiego delle hESC con successo e tanto meno, conseguentemente, sono stati raccolti i fiorenti profitti pubblicamente paventati. 

Ci si rese conto da subito che, seppur tenendo conto del presunto potenziale terapeutico, la ricerca sulle hESC è, per sua stessa natura, eticamente compromessa poiché l’unico modo per ottenere cellule staminali embrionali umane è attraverso la distruzione di un embrione umano vivo. Anche il solo atto di raccogliere queste cellule comporta la distruzione dell’embrione.

Inizialmente si pensò che tali preoccupazioni sarebbero state appannaggio dei soli cristiani più conservatori, ma nonostante ciò non si riuscì a respingerle facilmente.

Già nel ‘98 J. Thomson, il primo a derivare una linea di cellule staminali embrionali umane, ammise i problemi etici della ricerca, confermati successivamente anche dalla National Bioetichcs Advisory Commision (NBAC), la prima commissione presidenziale che affrontò il tema nello specifico, ma il tutto proseguì. 

Ecco spiegato però perché fu necessaria una campagna pubblicitaria così massiccia e promettente, che tuttavia non bastò a fugare i problemi di coscienza che questa ricerca sollevò. 

Si tentò allora di aggirare il problema lavorando con le cellule staminali adulte ma la ricerca su quelle embrionali proseguì ugualmente anche se con esiti deludenti rispetto alle aspettative promesse, tanto che oggi la maggior parte degli assegni di ricerca concessi dal CIRM - California’s Stem Cell Agency viene destinata alla ricerca sulle cellule staminali non embrionali, dato che i progressi medici derivati dall’impiego di cellule staminali adulte proseguono.

Contribuì al lasciare indietro l’hESC anche la scoperta del 2007 delle cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC)  che soli cinque anni dopo valse al suo scopritore, lo scienziato giapponese Shinya Yamanaka, il Premio Nobel: aveva trovato il modo di ottenere cellule pluripotenti di tipo embrionale a partire da normali cellule somatiche, come quelle della pelle per esempio.  La sua scoperta rappresentò un importante paradigma di come la scienza possa proseguire nel rispetto dell’etica dal momento che a guidarlo fu proprio la sua determinazione a non voler lavorare con l’hESC, desiderando evitare esperimenti letali per embrioni umani. Questa scelta, che gli valse il pubblico riconoscimento, maturò dall’osservazione di un embrione umano al microscopio avvenuta anni prima, nel quale ebbe l’intuizione di riconoscere la dignità dell’essere umano: «Ho improvvisamente realizzato che c’era una differenza così piccola tra questo [l’embrione] e le mie figlie...ho pensato, non possiamo continuare a distruggere embrioni per la nostra ricerca. Deve esserci un altro modo».  Deciso a non scendere a compromessi, nel suo lavoro di ricerca sulla  riprogrammazione cellulare utilizzò i topi.

Il suo successo, unito al fatto che la ricerca medica con cellule staminali adulte e pluripotenti indotte avanza, al contrario di quella con cellule staminali embrionali, hanno dimostrato che la scienza e l’etica, collaborando, possono raggiungere risultati che superano l’immaginabile.

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Resta solo un concetto da ribadire chiaramente, oltre a quanto ci spiega Tarne. Se tutti gli esseri umani hanno pari dignità, se - quindi - anche i piccoli esseri umani hanno la stessa dignità di quelli più grandi, allora non è mai lecito usare una persona. Non è lecito neanche usarla per un fine buono. Non sarebbe lecito uccidere un bambino neanche per curarne altri. 

A maggior ragione non è lecito ucciderne solo per il gusto di fare esperimenti che in 25 anni non hanno portato alcun risultato. 

Sabina Frendimara
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