18/01/2021 di Luca Marcolivio

«Serve trasversalità politica». La ricetta di suor Alfieri per la parità scolastica

Il Covid è una sciagura ma, come tutte le sciagure, offre all’umanità un’occasione di riscatto e di cambiamento. Nel caso dell’Italia, la strada è quella di un governo di unità nazionale che aiuti il Paese a rinascere nel segno della sussidiarietà orizzontale e della riscoperta dei principi della Costituzione. Un cambiamento in cui la parità scolastica avrebbe un ruolo non secondario. Questa, in sintesi, l’opinione di suor Anna Monia Alfieri, responsabile scuola dell’USMI, che ha lanciato nei giorni scorsi il proprio “manifesto”. A colloquio con Pro Vita & Famiglia, la religiosa ha illustrato nei dettagli la propria proposta.


Suor Anna Monia, è il momento dell’unità nazionale?

«Gli stati di emergenza come quello attuale evocano la necessità di un governo d’emergenza nazionale e di solidarietà nazionale tra tutte le forze politiche. Più che mai divengono attuali gli insegnamenti di San Paolo VI, che considerava la politica come “la più alta forma di carità”, o di Aldo Moro, che, per rispondere al terrorismo, riteneva fondamentale costruire le più ampie trasversalità. Raccogliere la sfida del Covid sarebbe quanto di più profetico e innovativo si possa fare per il Paese. Credo che questa pandemia sia una tragedia ma le tragedie dobbiamo vederle come opportunità».

In che modo?

«Questa sciagura è andata colpire tre nervi scoperti. 1) In particolare, negli ultimi dieci anni, il Paese ha fatto dei passi indietro nell’azione corresponsabile che muove tutte le libertà e che muove la responsabilità solidale. Non abbiamo più investito nell’imprenditoria e nell’iniziativa privata che muovono questa responsabilità perché non abbiamo più creduto nella sussidiarietà orizzontale. Oggi, è come se il Covid avesse sfidato tutto il Paese – governanti e governati – ad anteporre il maggior interesse di tutti: tuttoquesto vuol dire emancipazione. 2) Su temi come salute, scuola, libertà, imprenditoria, credo che le riforme che servono al Paese siano talmente forti, da rendere necessaria una trasversalità, in uno spirito che rimanda ai nostri padri costituenti. 3) La terza sfida che ci troveremo davanti tra un anno è l’elezione del prossimo presidente della Repubblica, il quale avrà bisogno della più ampia rappresentatività possibile, quindi questa elezione non potrà essere frutto di un compromesso al ribasso. Avere un governo che realizzasse questi tre obiettivi equivarrebbe a “fare bingo”. Se la cosa andrà in porto, l’Italia vincerà e tornerà ad essere protagonista nel mondo. Avremo scritto una pagina fondamentale della nostra storia».

Realizzare una “trasversalità” politica di questi tempi, pare un’opera ambiziosa. Come sarà possibile?

«Fare politica è un’arte, un mestiere, una missione, una vocazione. In questi anni è passato il concetto che chiunque possa fare politica: non sono d’accordo, la competenza è indispensabile. Per questo, un’iniziativa che lancerei è la patente del politico. Alle prossime elezioni, chi vorrà presentarsi, dovrà mostrare un proprio curriculum di preparazione, competenza ed esperienza, in base al quale, i cittadini voteranno i candidati. Il problema della classe politica attuale è che non è riuscita ad accogliere l’invito delle due più alte cariche dello Stato. Il presidente della Repubblicaha lanciato il suo appello a mettere insieme le migliori forze del Paese, per ottenere la migliore forma di collaborazione. Da parte sua, il presidente del Senato ha indicato che il luogo dove si mettono in gioco le forze dello Stato è il Parlamento. E dall’emergenza se ne esce solo se si percorrono le vie parlamentari della democrazia».

Fin qui l’impostazione politica. Quale dovrebbe essere, invece, il programma economico?

«Un governo non può limitarsi a distribuire mancette o sussidi ai ristoranti o a qualsiasi altra categoria professionale. Serve rimettere in pista la capacità dei cittadini di produrre reddito per sé e per gli altri: questa si chiama sussidiarietà orizzontale. A quel punto, lo Stato che deve investire sul recovery fund, si dovrà occupareessenzialmente di chi, in questo momento, non ce la sta facendo – il senzatetto, il disoccupato, il disperato – preoccupandosi di emanciparlo».

E la scuola?

«Anche in questo ambito, non possiamo illuderci che i problemi vengano risolti da una sola forza politica. Al contrario, destra e sinistra insieme possono fare il miracolo che, intorno al 2000, fecero i paesi appena usciti dal comunismo: investire nel pluralismo educativo. Un corretto utilizzo delle scuole statali e paritarie, con la quota capitaria, che equivale ai costi standard. Del resto, anche da noi abbiamo l’esempio che un voto trasversale è possibile: mi riferisco a quando l’opposizione ha votato assieme al governo per lo stanziamento di 70 milioni a beneficio degli insegnanti di sostegno delle paritarie, quando oggi il costo standard per uno studente disabile è di 8000 euro».

Intravede altre riforme prioritarie?

«Tutte le altre riforme sono secondarie, eppure alcune di queste le stanno ponendo in cima all’agenda, perché non scomodano i grandiinteressi. Esempio: la reintroduzione di “genitore 1” e “genitore 2” sulla carta d’identità, ovviamente, è tutt’altro che prioritaria ma non è affatto scomoda. Nel senso che lede soltanto la mamma e il papà, non i poteri forti, come i sindacati o la burocrazia».

Nel suo documento lei parla di una “libertà sempre più compromessa dalla curva crescente della deprivazione culturale”: cosa intende?

«A settembre abbiamo rischiato di mettere in conflitto il diritto all’istruzione e il diritto alla salute. Lasciando gli studenti a casa, si è impedito alla scuola di ripartire. In realtà, sappiamo che la curva del Covid, quando è crescente, produce parecchi morti nell’immediato ma, parallelamente, cresce anche la curva della deprivazione culturale. Una curva che, in Italia, segnava già un trend negativo: gente meno preparata, più ignorante e incompetente. Con la pandemia, questa curva si è accentuata e ha prodotto un divario più pesante tra Nord e Sud, tra classi sociali avvantaggiate e svantaggiate a livello di istruzione: 34mila ragazzi hanno abbandonato la scuola, con un rischio abbandono per un totale di 160mila studenti, che rischiano di finire nelle grinfie della mafia o della criminalità. Questa deprivazione culturale si tradurrà prima o poi nell’incapacità di produrre reddito, quindi nella fame e nella morte. Se non avremo studenti ben formati chi andrà a ripagare il nostro debito e a fare la voce forte in Europa? Quindi abbiamo l’obbligo di accendere i riflettori sui pericoli reali per evitarli e scongiurarli: questo può farlo soltanto un governo di larghe intese».

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