13/05/2025 di Luca Marcolivio

Consenso informato: ecco cosa prevede il Ddl del Governo, ma le famiglie non devono abbassare la guardia

Sui principi non negoziabili, il governo Meloni sembra fare sul serio. Quanto meno sulla libertà educativa. Così è stato con un primo e importante passo sul consenso informato, ovvero un disegno di legge presentato lo scorso 30 aprile dal Consiglio dei Ministri, su proposta del ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara.

Cosa prevede il Disegno di Legge

Le disposizioni in materia di consenso informativo preventivo concernono le «attività scolastiche che riguardano l’ambito della sessualità». Lo schema di disegno di legge dispone che tale consenso venga chiesto obbligatoriamente da parte delle istituzioni scolastiche, «in forma scritta, ai genitori o agli studenti se maggiorenni, per la partecipazione sia alle attività extracurriculari sia a quelle rientranti nell'ampliamento dell'offerta formativa che riguardino tematiche relative alla sessualità». Le scuole dovranno dunque informare i genitori sull’identità e le qualifiche professionali anche e soprattutto di eventuali relatori ed “esperti” esterni, specificando quali argomenti saranno trattati e con quali finalità.

Il disegno di legge impone poi un vero e proprio divieto di parlare di gender nelle scuole materne ed elementari, dove si potranno trattare solo argomenti già previsti nei programmi del Ministero sulla scienza e la biologia. 

Inoltre, la proposta di normativa del Governo prevede l’obbligo di pensare a delle ore alternative in contemporanea ad eventuali progetti per i quali i genitori non diano il consenso informato, così da tutelare il diritto allo studio dei minori.

L’importanza del consenso informato

Il principio del consenso informato è una delle colonne portanti della libertà di educazione da parte delle famiglie declinata nello scenario attuale. Qualunque norma sul consenso informato tutela il pluralismo delle idee nella società civile e protegge anche lo sviluppo armonico ed equilibrato dei minori, opponendo un solido baluardo all’ideologia Lgbt+, senza per questo limitarne la libertà di espressione. La diffusione della teoria del gender a scuola è infatti la testa d’ariete per normalizzare l’omosessualità, il transessualismo e, in generale, i comportamenti gender fluid: se l’intero apparato ideologico arcobaleno non passasse per le aule scolastiche, il cambiamento antropologico non attecchirebbe o procederebbe molto a rilento, diventando così assai più vulnerabile e neutralizzabile.

Il ruolo delle famiglie

È evidente che un principio come il consenso informato, per quanto codificato dalla legge ordinaria, ha bisogno dell’appoggio delle famiglie, chiamate a coltivare quotidianamente il loro diritto alla libertà educativa. Ogni genitore ha quindi l’obbligo morale di monitorare costantemente i libri di testo dei propri figli e, in modo particolare, i contenuti delle lezioni. Altro passaggio fondamentale è il fare rete: l’unione fa la forza, sia tra famiglie determinate nel far valere i propri diritti, sia tra le famiglie stesse e le associazioni – Pro Vita & Famiglia in primis – a sostegno dei principi non negoziabili a 360 gradi.

I progetti educativi a sfondo gender, infatti - e lo sappiamo fin troppo bene - sono onnipervasivi e capillari. Spesso si diffondono con la complicità delle dirigenze scolastiche e in alcuni casi delle istituzioni compiacenti, tuttavia, i loro contenuti presentano caratteristiche “mimetiche”: in altre parole, si fa presto a proporre un corso anti-omofobico e anti-bullismo, per sconfinare in vere e proprie lezioni di educazione sessuale, peraltro ricche di “contenuti espliciti”, oltre che difficilmente filtrabili da menti ancora acerbe e vulnerabili come possono essere quelle di bambini della primaria, di 8-10 anni.

Gli italiani vogliono il consenso informato

E gli italiani cosa ne pensano in termini di consenso informato e libertà educativa? Una recente indagine di Noto Sondaggi offre dati incoraggianti, che, per certi versi, rappresentano un’occasione da non perdere. Dal sondaggio è emerso, ad esempio, che per il 76% degli intervistati, i genitori hanno una responsabilità maggiore rispetto alla scuola in termini di educazione sessuale e affettiva. Pertanto, sostiene il 55% del campione, la scuola non può imporre contenuti educativi sui temi della sessualità senza il consenso dei genitori.

Su questo tema, Pro Vita & Famiglia non è stata a guardare e, in un certo senso, ha anticipato il disegno di legge governativo: stiamo parlando della Campagna “Mio figlio No”, partita all’inizio di quest’anno. Anche sulla scorta del già menzionato sondaggio di Noto, con questa campagna la onlus ha sollecitato l’approvazione proprio di una legge sulla libertà educativa dei genitori che abbia come obiettivo la sensibilizzazione e la mobilitazione contro l’indottrinamento gender di bambini e adolescenti nelle scuole.  

 

 

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