16/07/2020 di Giuliano Guzzo

Schedare chi prega in chiesa contro il PdL Zan. La folle richiesta di un sindaco

È ancora lecito pregare in chiesa? Soprattutto, è lecito farlo a difesa del matrimonio tra uomo e donna e contro le insidie a questo istituto naturale, insidie cui certamente rientra il ddl contro l’omotransfobia? Apparentemente provocatori, tali quesiti sorgono spontanei alla luce di quanto accaduto martedì 14 luglio, la sera, a Lizzano, in provincia di Taranto. Questi, in breve, i fatti: don Giuseppe Zito della chiesa di San Nicola del citato paese pugliese ha permesso, nella sua chiesa appunto, lo svolgimento di un rosario in favore della famiglia «per difenderla dalle insidie che la minacciano, tra cui il Disegno di legge contro l’omotransfobia».

Nel corso di detto incontro di preghiera, all’esterno della chiesa alcuni militanti Lgbt – senza, va riconosciuto, creare alcun tipo di disordine – si sono messi a manifestare il loro dissenso. Sono quindi sopraggiunti i Carabinieri per identificare questi manifestanti e, a quel punto, il sindaco di Lizzano, Antonietta D’Oria, è intervenuta. Lo ho fatto prima a difesa dei militanti Lgbt («questo manifestare è un diritto dei cittadini»), poi invitando i militari ad entrare anzitutto in chiesa a schedare chi stava pregando: «Identificate prima quelli che stanno dentro. Perché siamo in un Paese democratico!».

Ora, non serve essere fini cultori del diritto per sapere che non esiste la possibilità di schedare chi, semplicemente, è in chiesa a pregare. Un luogo di culto è un luogo di culto. L’irruzione di militari per identificare chi semplicemente esercita la propria libertà religiosa sarebbe pertanto un abuso forse immaginabile in Corea del Nord o in Russia sotto Stalin, ma non certo in un Paese democratico. Quindi già giuridicamente quanto suggerito dalla sindaco D’Oria ai Carabinieri appare lunare, per non dire di peggio.

Ma c’è anche un secondo aspetto che merita di essere considerato, e che si lega proprio alla legge contro l’omotransfobia. Ci riferiamo qui al fatto che, per il momento, il ddl Zan è ancora un progetto di legge, non è cioè in alcun modo in vigore. Eppure – e quanto accaduto in questo paese in provincia di Taranto ne è, ahinoi, la plastica dimostrazione – c’è già chi si arroga il diritto di chiedere ai Carabinieri, in barba alla Costituzione e al più elementare principio di libertà di culto, di andare a prendere chi prega in chiesa. Ora, se questo si verifica già adesso, una volta che il ddl Zan fosse approvato cosa accadrebbe?

Vedremo sindaci e uomini delle istituzioni convocare le forze dell’ordine per andare a prendere casa per casa veri o presunti «omofobi»? Verranno forse organizzati arresti, deportazioni o ronde per intercettare gruppi di persone ree di essere disallineate al pensiero dominante? Sono domande dalla parvenza di certo bizzarra con le quali, tuttavia, occorre confrontarsi senza sottovalutarle. Sarebbe infatti terribilmente ingenuo pensare che solo il sindaco di Lizzano coltivi un certo fastidio verso la preghiera contro certe leggi, al punto da ritenerla in antitesi con un «Paese democratico». Al contrario, questo è un pensiero diffuso.

Motivo per cui quanto accaduto in provincia di Taranto va preso per quello che inevitabilmente è: un campanello d’allarme, la prova provata che non si sa – anzi, c’è da dubitarne assai – se c’è omofobia in Italia; ma di certo, ecco il punto, c’è cristianofobia. Eccome. Perché l’esortazione ad andare a prendere manu militari chi prega in Chiesa, lo si ripete, è una cosa che forse oggi non verrebbe in mente neppure a Kim Jong-un. Eppure è un pensiero che in Italia , Lizzano docet, può addirittura essere condiviso da un esponente delle istituzioni. Allucinante. Anche perché non si tratta di un film o di una rappresentazione teatrale, bensì di una tragica realtà che sarà il caso d’iniziare a prendere sul serio.

Questo articolo e tutte le attività di Pro Vita & Famiglia Onlus sono possibili solo grazie all'aiuto di chi ha a cuore la Vita, la Famiglia e la sana Educazione dei giovani. Per favore sostieni la nostra missione: fai ora una donazione a Pro Vita & Famiglia Onlus tramite Carta o Paypal oppure con bonifico bancario o bollettino postale. Aiutaci anche con il tuo 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi firma e scrivi il codice fiscale 94040860226.