19/10/2020 di Luca Marcolivio

Romania, nasce il primo partito pro-Life. Intervista al leader Peter Costea

La Romania non è in assoluto il paese europeo più pro life, anche in ragione di alcune scelte politiche infelici compiute nel momento della transizione dalla dittatura comunista alla democrazia. Qualcosa, però, inizia a muoversi. Forte di un’esperienza ormai quindicennale nei movimenti pro-life, Peter Costea ha fondato un nuovo partito politico, denominato Alleanza per il Rinnovamento Nazionale, che punta ad aprire per la prima volta un vero dibattito sui principi non negoziabili in Romania. A colloquio con Pro Vita & Famiglia, il candidato ha illustrato alcuni punti del suo programma, in vista delle elezioni del prossimo 6 dicembre.

 

Peter Costea, lei è fondatore di un nuovo partito, orientato ai valori cristiani, pro-vita e pro-famiglia. In che modo siete arrivati a questa esperienza?

«Il nome del nuovo soggetto politico è Alleanza per il Rinnovamento Nazionale, in rumeno Alianta Renasterea Nationala (ARN). È un’estensione della piattaforma politica che ho promosso durante la mia candidatura alle elezioni europee del 2019, quando mi presentai da indipendente. Sono stato coinvolto in cause pro-vita e pro-famiglia dal 2005 e, nel 2007, ho fondato l’Alleanza per le Famiglie della Romania. In qualità di membro dell’Alleanza per le famiglie, ho esercitato forti pressioni, nelle istituzioni e nei consessi europei, nonché nel Parlamento rumeno, a favore del diritto alla vita dei nascituri, della famiglia naturale, dei diritti dei genitori, della libertà religiosa e degli altri principi fondamentali della comunità cristiana. Sebbene i miei sforzi siano stati numerosi e sostenuti, il più delle volte ho fallito, ma mi sono reso conto che un partito politico basato sui valori cristiani, un autentico partito cristiano-democratico, per così dire, potrebbe avere più successo nel promuovere i principi cristiani rispetto a chi manifesta lo stesso impegno da outsider. Alle europee del maggio 2019, ho ottenuto ufficialmente oltre 130.000 voti, ma in realtà io e i miei volontari siamo stati in grado di creare una base elettorale di almeno 150.000 elettori, la maggior parte dei quali cristiani. Pertanto, ho ritenuto che non avesse senso fermarsi a quell’esperienza elettorale ma che bisognava continuare gli sforzi profusi negli anni precedenti a favore di cause pro-famiglia, fondando un partito politico di orientamento cristiano».

Con quale programma di politiche per la vita e la famiglia, vi presenterete alle elezioni in Romania del 6 dicembre prossimo?

«I dettagli effettivi non sono ancora stati definiti, ma, prevedibilmente, il nostro programma politico includerà importanti proposte a favore della famiglia e della vita. Ad esempio, vorremmo avviare un dibattito nazionale sul diritto alla vita dei non nati come valore fondamentale. In Romania non c’è mai stato un simile dibattito. Nel dicembre 1989, nel pieno della rivoluzione anticomunista, coloro che raggiunsero il potere, solo per pochi giorni, emanarono due decreti, il primo dei quali abolisce la pena di morte, mentre l’altro depenalizza l’aborto. Questi decreti non sono stati emanati da un organo legislativo, né da alcun organo politico legittimo. Né sono stati firmati da persone con la legittima autorità per farlo, come normalmente accade in un processo democratico. Sfortunatamente, questi decreti, sebbene presentassero vizi di costituzionalità, sono in vigore da allora, senza che nessuno li abbia contestati. Crediamo allora sia giunto il momento di avviare un dibattito nazionale sul diritto fondamentale più importante, che si pone alla base della società: il diritto alla vita del nascituro. Se discutiamo delle leggi per l’eutanasia degli animali, perché non discutere sulla concessione della personalità ai nascituri?».

Quali sono le principali sfide che il suo Paese sta affrontando sui temi della vita e della famiglia?

«Siamo un paese in declino demografico. Come in Italia e nella maggior parte degli altri paesi occidentali, la situazione demografica della Romania è triste. Se questa tendenza non sarà corretta, tra cent’anni, l’orologio biologico del nostro paese smetterà di funzionare. Questo significherà la fine della Romania e della nazione rumena. Sfortunatamente la classe politica rumena è del tutto insensibile al profondo inverno demografico che affronta la nazione».

La Corte Costituzionale rumena si è recentemente pronunciata a favore del consenso informato dei genitori per l’insegnamento dell’educazione sessuale a scuola. Ritiene si tratti di un segnale incoraggiante?

«In linea di massima, la risposta è ovviamente positiva. All’inizio dell’anno, i laicisti hanno ottenuto una straordinaria vittoria imponendo l’insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole pubbliche e private. Fortunatamente, dopo che il movimento pro-famiglia si è mobilitato e ha criticato i parlamentari cristiani che avevano votato a favore, la legge è stata rapidamente modificata. La bozza rivista ha eliminato ogni riferimento all’educazione sessuale, prevedendo solo l’insegnamento dell’“educazione sanitaria”. È stato così specificato che la legge è progettata per prevenire le gravidanze in età adolescenziale e le malattie a trasmissione sessuale. Tuttavia, l’“educazione alla salute” può essere insegnata solo con il consenso dei genitori espressamente fornito dai genitori per iscritto. Da parte sua, il presidente della Repubblica, Klaus Iohannis, ha attaccato la legge sostenendo che era incostituzionale. Fortunatamente, il mese scorso, la Corte Costituzionale si è pronunciata contro il parere del presidente Iohannis. Quindi l’ultima versione della legge rimane in vigore. Tuttavia, ho suggerito ai genitori e alle famiglie della Romania di non consentire ai loro figli di essere iscritti ai corsi di educazione sanitaria. Educazione alla salute è una definizione più ampia ed è necessariamente connessa alla sessualità, alle relazioni sessuali e all’intimità sessuale. La definirei comunque un’“educazione sessuale”, sia pure sotto un nome diverso, che porta, inevitabilmente, agli stessi effetti che l’educazione sessuale ha prodotto nella maggior parte dei paesi occidentali: confusione sessuale, promiscuità sessuale, indifferenza ai valori, disprezzo per il matrimonio, per la famiglia, in particolare, per la famiglia naturale».

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