07/04/2020

Quando il Coronavirus provoca la sindrome di don Abbondio

Riceviamo e pubblichiamo, come facciamo spesso dando libero spazio ed espressione a chi segue il nostro sito, un commento del signor Allieri



Al tempo del Coronavirus alcuni vescovi e sacerdoti sembrano essere sempre di più in sudditanza psicologica e piena obbedienza delle autorità politiche che ormai determinano e impongono propri principi non negoziabili, sia in ambito etico che in materia di libertà di culto.

In realtà il giudizio è ingeneroso: ci sono ancora alcuni, forse molti, preti che conservano un po’ di dignità e di fede. Ma non hanno grande voce. Non contano quasi più niente.

Ciò che vale è il rispetto delle leggi. Ha detto recentemente un parroco riguardo alla possibilità di favorire la preghiera dei fedeli in chiesa: “Le chiese sono chiuse perché noi preti rispettiamo la legge del nostro Paese”. Questo prete che ha così a cuore la salute (non certo quella spirituale) dei fedeli, non sa o non vuole sapere che nessun decreto ha chiuso le chiese. E che anzi è prevista nel sito del governo dal 2 aprile la possibilità di entrare a pregare in chiesa (nella chiesa più vicina a casa e con le solite cautele di mascherine e distanze) non più in modo accessorio ad altre motivazioni, ma in via diretta.

L’autocertificazione ‘necessità urgenti’ con specificazione ‘preghiera personale’ ora dà al diritto di pregare la stessa dignità di quello di andare a prendere le sigarette o fare jogging vicino a casa. Che conquista!

Tale possibilità è inoltre riconosciuta in base all’ordinanza del 21 marzo anche dalla Regione Lombardia che recita testualmente: ‘Sono aperti i luoghi di culto… L’accesso ai luoghi di culto è consentito in forma contingentata e nel rispetto delle misure necessarie a garantire la distanza di sicurezza interpersonale di un metro’.

Quindi, anche volendo essere ligi alla legge, non c’è nessun motivo legittimo per scacciare i fedeli dalle chiese. Senonché, laddove lo Stato apre spiragli ai fedeli ecco che trova i più accaniti oppositori proprio in alcuni vescovi e sacerdoti.

Purtroppo il virus peggiore che sta contagiando il clero è di tipo spirituale. L’effetto è quello che potremmo definire ‘Sindrome di Don Abbondio’. Oggi la sindrome di Don Abbondio porta alcuni esponenti del clero ad abbandonare il gregge, ad una deriva che si manifesta in alcune dichiarazioni: “Non serve andare in chiesa. Pregare in bagno ha lo stesso valore che inginocchiarsi in adorazione al santissimo sacramento”. Il concetto non è stato formulato esattamente in questi termini, ma tanti la pensano così. Favorirà tantissimo il dialogo con i luterani e lo svuotamento delle chiese anche ad emergenze finita.

Ci sono state poi altre dichiarazioni e frasi che sono state delle vere e proprie "perle di saggezza". Come ‘I sacramenti non sono poi così importanti. La comunione va bene anche ‘fai da te’ e la confessione va bene anche se ti confessi da solo’. Gongoleranno i protestanti che aborrono questi sacramenti e riducono il rapporto con Dio ad un fatto privato, per il quale Dio non serve neanche: i conti loro li fanno con la propria coscienza. Secondo loro, decido io in coscienza ciò che è giusto o no, senza dover necessariamente rendere conto a Dio.

O ancora: ‘La Chiesa in uscita deve essere inclusiva ed accogliente, non deve alzare muri ma ponti’, ma dov’è l’inclusività e l’accoglienza per i fedeli umiliati perché vogliono pregare e che, se vogliono entrare in chiesa, trovano chiusure pretestuose e muri di intolleranza? Oppure il concetto che ‘Prima vengono le necessità materiali. Quelle spirituali non sono così urgenti o importanti’. La salute spirituale è quindi un valore azzerato. Portare fuori il cane o fare jogging è più meritevole di tutela che entrare in chiesa a dire una preghiera.

Chi va al supermercato tutti i giorni anche se non ha strettamente bisogno, toccando gli articoli sugli scaffali e incrociando continuamente altre persone tra strette corsie, non è un problema. Se però decide di entrare in chiesa a pregare ecco che diventa un pericoloso untore da bloccare. E il Concordato si può calpestare con decreti legge, e persino atti amministrativi (DPCM) di basso rango normativo.

Povero popolo cattolico allo sbando! Vi invito a riascoltare (la trovate anche su internet, suggerisco la versione di Corrias Emiliano) la datata ma sempre verde barzelletta ‘dell’amico del giaguaro’. Famosissima: ha ispirato un omonimo varietà televisivo di successo, trasmesso in molte puntate negli anni ’50, diventando espressione proverbiale (ma tu sei amico mio o del giaguaro?). Dolorosamente attuale…

Ma non voglio finire questo doloroso sfogo senza una nota di speranza: il mio vuole essere uno stimolo per i tutti i consacrati e i laici di buona volontà. So che ci siete, ancora in buon numero. E allora fatevi sentire, esponetevi, non abbattetevi! Alzatevi in piedi, e imparate ad opporvi e protestare. Vedrete che molti vi seguiranno.

 

di R. Allieri

 

 

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