01/02/2021 di Francesca Romana Poleggi

Perseguitato per aver salvato una bambina da una pedofila

Philip Zodhiates è un cristiano perseguitato dalla lobby LGBT che l'ha accusato ingiustamente di  un falso crimine: ha aiutato una mamma a salvare sua figlia dagli abusi di una pedofila protetta dal sistema.
 
I tribunali che giudicano sotto l'influenza di precisi diktat imposti da lobby di potere non sono solo quelli noti al nostrano giudice Palamara.
Dagli Stati Uniti abbiamo ricevuto una testimonianza agghiacciante. 
 
Philip Zodhiates è un professionista del direct mailing per organizzazioni non profit  di ispirazione cristiana. La sua azienda, Response Unlimited, ha curato il fundraising, per esempio, dell'associazione Mass Resistance che è una spina nel fianco della lobby LGBT in diversi Stati federati degli Usa, come il Texas e in California. 
Sposato,  ha adottato sei bambini dall'America centrale e ha generosamente donato denaro lui stesso, offrendosi come  volontario in molte circostanze in cui bisognava lottare per i principi non negoziabili, e per cause cristiane.
 
Il 21 settembre 2009, Zodhiates ha offerto aiuto a una giovane donna che aveva conosciuto in  chiesa, Lisa Miller, accompagnando lei con la sua figlioletta di 7 anni, Isabella,  in macchina dalla Virginia  a Buffalo, nello stato di New York.
Quello fu l'inizio dell'incubo di Zodhiates. Il Dipartimento di Giustizia (ai tempi di Obama) e i principali gruppi  LGBT  lo hanno accusato di concorso nel rapimento di minore e l'uomo è finito nella prigione federale dove si trova ancora oggi.
 
Ma ltutta a storia è iniziata quasi dieci anni prima. 
 
Nel dicembre 2000, Lisa Miller e un'altra giovane donna, Janet Jenkins, avevano una relazione lesbica e si sono unite civilmente nel Vermont. 
Lisa si è fatta inseminare artificialmente e ha avuto una bambina, con la quale Janet non ha alcun legame biologico.  Nel 2002, quando è nata Isabella, Janet non era nominata sul certificato di nascita, e dopo di allora si è rifiutata di adottare Isabella in almeno due occasioni.
Nel 2003, la relazione si rompe e Lisa e Isabella tornano in Virginia.  Dopodiché,  Janet ha visto Isabella solo una volta nel 2003 e due nel 2004.
Poco dopo, Lisa si converte e cambia vita.  Nel 2004, un giudice della Virginia ha riconosciuto ufficialmente Lisa come unico genitore di Isabella e Lisa ha deciso di non consentire a Janet di avere ulteriori rapporti con con Isabella. E secondo i documenti pubblicati, Janet non ha mostrato interesse per la cosa.
 
Poi, però, è intervenuta la lobby LGBT.
 
L'ACLU insieme al Lambda Legal Defense and Education Fund hanno usato la vicenda di Janet  per farne un precedente e cercare di ottenere che  i partner delle unioni civili avessero  "diritti genitoriali" sui bambini, anche  non biologicamente legati a loro né adottati legalmente . 
 
A partire dal 2007, questi gruppi hanno finanziato la lunga battaglia legale perché  Janet Jenkins potesse ottenere la custodia legale di Isabella, nei tribunali della Virginia e del Vermont. Un giudice del Vermont ha ordinato che a Janet fosse permesso di trascorrere la notte con la bambina senza  la supervisione della madre, anche se a quel tempo non vedeva Isabella da 2 anni e mezzo.
 
Lisa inizialmente si è adeguata. Ma poi ha notato che Isabella si comportava in modo molto inquietante dopo queste visite a Janet.  La bambina, allora di 5 anni, si svegliava  di notte piangendo e chiedendo alla mamma di prometterle che non doveva fare il bagno o la doccia con Janet. Ha poi assunto atteggiamenti gravemente preoccupanti: per esempio si premeva un  pettine contro lo stomaco dicendo che si voleva uccidere.  Ha cominciato a masturbarsi apertamente e una volta ha cercato di infilarsi una penna nella vagina.
 
Era ovvio che la bambina subiva abusi sessuali quando andava da Janet. Da quel momento, Lisa ha rifiutato di continuare ad obbedire all'ordinanza del tribunale del Vermont. Ha cercato di combattere legalmente, ma le scarse risorse di Lisa non potevano competere con l'enorme potere dei gruppi Lgbt.
 
Tre assistenti sociali  avevano testimonianto a favore di Lisa e di Isabella, ma i giudici non ne hanno tenuto conto, hanno dichiarato la prova inammissibile.  
 
Nel 2008, Lisa è arrivata fino alla  Corte Suprema della Virginia, ma essa si è pronunciata a favore di Janet.
 
Poiché Lisa si è rifiutata  di obbedire, nel 2009 un giudice ha ordinato a Lisa di consegnare Isabella a Janet, cui sarebbe stata riconosciuta la piena potestà sulla bambina.
 
Ecco perché il  21 settembre 2009, Lisa ha chiesto al suo amico  Philip Zodhiates di accompagnarla a Buffalo, NY. Il giorno successivo in taxi hanno attraversato il confine verso il Canada, da dove pare sono volate da qualche parte in America Centrale.
 
Ecco perché i gruppi LGBT hanno accusato Zodhiates di rapimento. Il processo è stato una vera farsa. Il Dipartimento di giustizia ha fatto spostare la causa dalla città a maggioranza conservatrice della Virginia dove vivevano Lisa e Zodhiates, al tribunale di Buffalo, New York, città a maggioranza liberal,  anche se il "rapimento" era avvenuto in Virginia. 
Lisa, nel momento in cui è partita aveva ancora la piena potestà legale su Isabella, avevano passaporti regolari e non c'erano limitazioni di viaggio.
Un emendamento (per la difesa del matrimonio) della Virginia impediva il riconoscimento dell'unione civile contratta nel Vermont e il certificato di nascita della Virginia di Isabella  indicava  Lisa come suo unico genitore.
Durante il processo,  Zodhiates è stato presentato come  un orribile bigotto, ma  il giudice ha rifiutato di accogliere prove e testimonianze della sua  filantropia e delle sue opere di beneficenza. 
Alla giuria non sono state fatte ascoltare le testimonianze sugli abusi sessuali subiti da Isabella.
Il team legale delle associazioni  LGBT è stato a dir poco travolgente e gli avvocati di Zodhiates sono stati francamente incapaci. Anche i ricorsi in appello e alla Corte Suprema degli Stati Uniti sono stati respinti.
Nel 2018 Zodhiates  è stato condannato a tre anni di prigione federale,  fino alla fine del 2021. Non lo hanno nemmeno lasciato uscire  per il Covid, cosa concessa a migliaia di altri detenuti.
 
Nel dicembre 2019, Zodhiates ha  chiesto la grazie al presidente Trump, che in quegli anni l'ha concessa a più di 100 persone, ma Philip Zodhiates non era tra loro: nessuno di quelli che sono stati graziati, però, aveva commesso un crimine in cui era coinvolta la lobby Lgbt. 
 
Inutile dire che Zodhiates si trova anche pieno di debiti, non ha più entrate e probabilmente verrà citato da Janet per una causa civile di  risarcimento dei danni. 
 
 
 
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