07/07/2016

Obiezione di coscienza: Italia promossa dalla CEDU

L’obiezione di coscienza in Italia non costituisce un problema. La CEDU non ha rilevato lesione alcuna dello pseudo diritto all’aborto.

La vicenda era iniziata qualche anno fa, nel gennaio del 2013, e vedeva contrapposte l’Italia e la Cgil, con il Consiglio d’Europa nel ruolo di arbitro.

Oramai tre anni fa il sindacato rosso aveva infatti presentato un reclamo contro i medici che fanno obiezione di coscienza in materia d’aborto al Comitato Europeo dei Diritti Sociali.

Il tutto perché, a detta loro, l’articolo 9 della legge 194/78 ( «Il personale sanitario ed esercente le attività ausiliarie non è tenuto a prendere parte alle procedure di cui agli articoli 5 e 7 ed agli interventi per l’interruzione della gravidanza quando sollevi obiezione di coscienza, con preventiva dichiarazione») violerebbe la Carta Sociale Europea. E questo, di conseguenza, provocherebbe un danno per le donne, che rischierebbero di non veder salvaguardato il “diritto” ad abortire, e ai medici non obiettori che si vedrebbero costretti a supplire alla mancanza di personale.

Come scrivevamo recentemente, approfondendo questo delicato tema, il diritto all’obiezione di coscienza è un diritto inviolabile dell’uomo che i governi devono sempre rispettare, anche in circostanze di emergenza pubblica. E questo vale, in maniera particolare, quando si parla di vita e di famiglia (e infatti ProVita Onlus – con i Giuristi per la Vitasi è mossa per sostenere i Sindaci che non intendono celebrare unioni gay).

In ogni caso, la farsa costruita ad hoc dalla Cgil per fare in modo che in Italia venissero promossi concorsi pubblici riservati ai soli medici non obiettori si è infine sgretolata come un castello di carte.

Oggi – scrive Avvenire – «il Comitato dei ministri [...] ha pubblicato una risoluzione positiva sul contenzioso tra il governo italiano e la Cgil che va avanti dal 2013, promuovendo l’Italia per la sua gestione della materia...».

Nonostante questo, l’Italia rimane “sotto osservazione” e, in particolare, il rapporto del 2017 sarà valutato con estrema attenzione. I punti più problematici, oltre alle due macro-questioni già citate, sarebbero la facilità (sic!) di accesso all’aborto, la salvaguardia della salute delle donne (e quella dei bambini?) e la discriminazione su base geografica.

Eppure i dati tratti dalla Relazione annuale al Parlamento sull’attuazione della legge 194 ci dicono che in Italia «stiamo assistendo a un calo del 5,1% della richiesta di aborti tra il 2013 e il 2014, con un crollo rispetto al 1983 della pressione sui medici non obiettori (da 145 interventi pro capite l’anno ai 69 nel 2013). Inoltre, il 70% delle strutture ospedaliere per la maternità italiane pratica l’aborto, un tasso ben superiore al numero di aborti per nascite complessive (il 20%). E ancora: ci sono 5 strutture che garantiscono aborti a fronte di 7 punti nascita».

Il problema dunque in Italia non è tanto l’obiezione di coscienza, quanto il fatto che – senza farsi ingannare dai cali numerici, da mettere in relazione al crollo delle nascite e comunque sempre troppi in quanto superiori a zero (ogni aborto è un omicidio, è bene ricordarlo) – l’aborto rimane una piaga nel seno della nostra società.

Per il momento, comunque , l’obiezione di coscienza all’aborto non si tocca.

Fonte: Avvenire

Redazione


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