25/03/2013

Malthus e i poveri

Uno dei leitmotiv di certo ambientalismo è l’idea che siamo in troppi sulla terra, e che quindi le risorse non bastano a sfamare tutti gli abitanti del pianeta. Idea che, come è noto, risale a Thomas Robert Malthus, il cui pensiero si può grossomodo esprimere nel concetto che, mentre le risorse crescono in maniera aritmetica (1,2,3,4,…) la popolazione cresce in maniera geometrica (1,2,4,8,…): in tal modo le risorse del pianeta non basterebbero a sfamare la crescente popolazione.

Va subito notata una cosa: Malthus non afferma la cosiddetta “somma zero”, ossia che le risorse sono una quantità standard non incrementabile, ma ritiene solo che il loro aumento sia inferiore all’aumento della popolazione. Secondo la FAO, la migliore stima sul numero delle persone che soffrono la fame rimane per il 2010 quella di 925 milioni di persone, mentre per il periodo 2006-2008 era di 850 milioni. In sostanza, un aumento del numero di affamati di circa 75 milioni di persone. Il fatto è che però la popolazione (la quasi totalità della quale è aumentata nei paesi in via di sviluppo) in quel periodo è passata dai 6,5 miliardi di persone nel 2006 ai circa 6,9 miliardi del 2010, da cui si evince che l’aumento della popolazione è superiore all’aumento del numero di coloro che soffrono la fame, cosa che la teoria di Malthus non prevede per nulla. Ma tant’è, quando i fatti contraddicono la teoria, tanto peggio per i fatti. Del resto quella maltusiana non è la sola teoria sulla popolazione mondiale che sia stata elaborata: nel ‘700 un italiano, l’abate Antonio Genovesi, ne sviluppava una del tutto opposta a quella del reverendo inglese, partendo non da funzioni matematiche, ma da constatazioni reali:

«E di vero la scarsezza degli abitanti in un suolo quanto si voglia fertile ed amato dal cielo, è sempre la principal causa della sua miseria. L’uomo è la più preziosa derrata della terra, dice il savio Melun. Questa dunque dagli amatori della pubblica felicità, e da’ governatori del genere umano, è prima più d’ogni altra da coltivarsi, perciocché tutte le altre non hanno prezzo che per questa.» (Discorso sopra il vero fine delle lettere e delle scienze, di Antonio Genovesi, Giovanni di Simone, Napoli – 1753)

Del resto non è un caso che la crisi economica, che colpisce i paesi occidentali, sia dovuta all’invecchiamento della popolazione, e quindi al fatto che nascono pochi giovani che possano lavorare e produrre ricchezza, che dovrà essere usata per mantenere la sempre più grande percentuale di persone anziane. Ma un altro dato di fatto, riportato nell’articolo del sito di Enzo Pennetta che ho sopra linkato, è del tutto incompatibile con la teoria maltusiana, e riguarda la carestia avvenuta in Irlanda nella metà dell’ottocento.

La teoria di Malthus fu drammaticamente smentita dalla Grande carestia irlandese scoppiata tra il 1845 e il 1849: in quegli anni, i decessi e la massiccia emigrazione portarono a una diminuzione della popolazione stimata tra il 35% e il 50% di quella iniziale. Non è plausibile che la carestia sia stata innescata da un rapido incremento demografico, fatto che avrebbe corroborato l’ipotesi di Malthus, in quanto la causa fu un parassita del tubero delle patate che distrusse i raccolti.
Quando i campi tornarono alla normalità, il meccanismo di spopolamento era stato ormai innescato e andò avanti, ma l’economia non ne ebbe alcun vantaggio, continuando bensì a peggiorare. La drastica contrazione demografica, protrattasi ben oltre i tempi della carestia, contrariamente ai dettami della teoria malthusiana, non aveva dunque portato alcun miglioramento della situazione. (“Inchiesta sul darwinismo” – pag. 41)

Perché allora continuare a spacciare il malthusianesimo come teoria scientifica e corretta? Per il semplice fatto che un piano per frenare la crescita della popolazione in Africa e in Asia ha certamente bisogno di fare propaganda per la contraccezione e la sterilizzazione, e quindi è ovvio che le grandi industrie farmaceutiche gongolino alla sola idea di poter invadere il terzo mondo con l’appoggio delle ONG occidentali. Il tutto ammantato di scientificità.

Una lancia va però spezzata a favore della persona di Malthus: per frenare l’aumento della popolazione egli suggerì la pratica della castità e della continenza (come direbbe Chesterton: il miglior controllo delle nascite è l’autocontrollo), mentre l’idea di controllare l’aumento della popolazione con tutti i mezzi possibili è una deriva neo-malthusiana successiva. Ho voluto ricordare ciò, perché altrimenti risulta incomprensibile il richiamo di De Maistre nel suo saggio sul principio generatore delle costituzioni politiche e delle altre istituzioni umane alle teorie di Malthus. Il passo a riguardo è questo:

Come fare per rendere uno Stato potente?
Bisogna incoraggiare innanzitutto, con ogni mezzo possibile, l’aumento della popolazione“.
Al contrario, sappiamo che ogni legge tendente a incoraggiare direttamente l’aumento della popolazione, a prescindere da considerazioni di altro genere, è nociva. È invece necessario cercare di stabilire nello Stato una certa forza morale che tenda a far diminuire il numero dei matrimoni e a renderli meno precoci. La prevalenza delle nascite sulle morti, stabilita dalle statistiche, non prova ordinariamente che il numero dei miserabili, ecc., ecc. Gli economisti francesi avevano abbozzato la dimostrazione di queste verità; il bel lavoro di Malthus è venuto a completarla.

Come si vede dal sottolineato, De Maistre vede in negativo solo l’aumento indiscriminato della popolazione a prescindere dall’ingentilimento dei costumi. Ma all’ONU e alla FAO la morale e quindi lo sviluppo delle nazioni non interessa: interessa solo frenare l’aumento della popolazione con tutti i mezzi, non importa quali. Una cosa che di per sé può essere anche buona e portatrice di sviluppo viene considerata a priori negativa, e questo è tutt’altro che scientifico.

di Riccardo Zenobi

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