07/02/2022 di Giuliano Guzzo

L’ultima follia anti-natalità. La “vasectomia climatica”

Che l’ambientalismo, da proposito per difendere il pianeta – il Creato, per chi crede -, stesse  degenerando in altro, è una sensazione nell’aria da tempo. Il punto è che ormai davvero si sta passando il limite, arrivando a suggerire, in modo neppure troppo indiretto e paludato, una soluzione apocalittica: la progressiva estinzione dell’umanità. Questo, almeno, viene da pensare leggendo un recente articolo di Vanity Fair che, appunto per salvare l’ambiente, propone un rimedio a dir poco drastico: la «vasectomia climatica».

Per cercare di contenere le emissioni inquinanti, recita infatti il noto periodico di costume, «possiamo ridurre gli sprechi energetici e smettere di usare l’auto. Ma, anche, optare per la vasectomia». Un rimedio da considerare perché secondo uno studio del 2017, continua Vanity Fair, «l’azione più efficace che un individuo possa intraprendere per aiutare il pianeta sarebbe avere un figlio in meno. In questo modo [...] si ridurrebbero di 58 tonnellate all’anno le emissioni di CO2».

A seguire, nell’articolo in parola, redatto da Monica Coviello, si fa presente come la «vasectomia climatica», a dispetto delle apparenze e delle diffidenze, sia in realtà tutto fuorché un’idea bizzarra dal momento che c’è un medico australiano, tale Nick Demediuk, che ha già completato più di 40.000 di tali procedure negli ultimi quattro decenni e che, oggi, ha decine di uomini giovani pronti a voler rinunciare alla possibilità di fare figli pur di preservare la Terra.

Ora, non occorre essere scienziati né accademici per capire come quella della «vasectomia climatica» sia un proposito scriteriato e, con ogni probabilità, pure inutile. Anzitutto perché, anche se nel pezzo di Vanity Fair questo non viene detto, l’umanità è già avviata verso una riduzione dei suoi componenti. Se infatti è vero che la popolazione globale, negli ultimi decenni, è sempre cresciuta, la denatalità galoppante in Occidente, unita al calo della fecondità da anni osservato anche in altri Paesi, rende quanto mai probabile che, in un futuro non remotissimo – si parla di 2050 o 2060 –, il numero degli abitanti della Terra si riduca.

Tutto ciò naturalmente non è però affatto da salutare come un progresso dato che, parallelamente a ciò, si verificherà anche un progressivo invecchiamento della popolazione, con sistema sanitari e welfare di tutto il globo che verranno messi pesantemente sotto stress. In secondo luogo, è anche tutto da vedere il rapporto tra emissioni inquinanti e crescita della popolazione.

Basti, senza andare lontano, riflettere su un dato inconfutabile e assai eloquente: tra il 2014 e il 2016, le emissioni di anidride carbonica non sono aumentate. Eppure, in quel biennio è cresciuta sia l’economia mondiale sia la popolazione, passata da 7,1 a 7,4 miliardi di persone. Crescita, quest’ultima, che anche continuasse non sarebbe affatto correlata alla scarsità di risorse; non di certo, almeno, a quelle alimentari.

Lo assicura Mark Maslin, ricercatore alla University College London, il quale ha osservato come gli esseri umani – già ora - producano già abbastanza cibo per più di 10 miliardi di persone. Insomma, dal qualsiasi prospettiva si guardi la questione, mancano vere ragioni anche solo per prendere in considerazione alla lontana una soluzione come la «vasectomia climatica» che è, e resta, una follia. Il vero problema di cui dobbiamo occuparci e preoccuparsi, invece, è quello che si diceva poc’anzi: l’abbinata letale tra denatalità e invecchiamento della popolazione.

Un’emergenza vera e propria, questa sì, checché ne pensi o ne scriva Vanity Fair.

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