21/01/2016

LGBT – Arrivano gli “Oscar” per i diritti gay

Il mondo Lgbt ama piangersi addosso, sentirsi vittima e gridare continuamente all’omofobia. Ma poi si crogiola nell’auto-ghettizzazione.

Non bastavano i locali e i quartieri gay. Ora arrivano anche gli “Oscar” contro la discriminazione, i Diversity Media Awards, promossi dall’associazione Diversity, fondata da Francesca Vecchioni, con l’ausilio della statunitense GLAAD (Gay & Lesbian Alliance Against Defamation).

Come riporta solertemente il Corriere della sera, l’obiettivo è premiare quanti, nel mondo dello spettacolo e dell’informazione, si sono distinti per le battaglie sui diritti civili dei gay. A pensarci bene, non sembra che agli omosessuali sia vietato votare, lavorare, studiare, scrivere o vivere insieme. Né che vengano oscurati dai mass media. Forse però ci siamo persi qualcosa...

Infatti, apprendiamo che nel nostro Paese, tra i tanti problemi, ne esiste uno davvero grande: in tv si parla poco di Lgbt.

Nell’ultimo anno, ad esempio, «solo 19 film e 5 fiction hanno toccato in Italia contenuti legati al mondo Lgbt, mettendo al centro il tema dell’identità senza introdurre elementi negativi o escludenti».

Ebbene, con la prima edizione dei Diversity Media Awards si vogliono «premiare film, programmi radiofonici e televisivi, articoli e servizi che hanno contribuito a una corretta rappresentazione del mondo Lgbt» e al contempo invitare i mezzi di comunicazione a dare più spazio al mondo gay.

Nella presentazione fatta a Milano, gli organizzatori hanno rilevato che, studiando il prime time di 6 Tg italiani (Tg 1, Tg2, Tg3, Tg4, Tg 5, Studio Aperto) nell’arco di 10 anni (dal gennaio 2005 al dicembre 2014) su 426.098 notizie registrate solo 1.469 riguardavano la realtà Lgbt, ovvero lo 0,3%. Nell’ultimo periodo c’è stato un miglioramento, che però non soddisfa ancora le associazioni omosessuali.

Tuttavia, come osserva Monia Azzalini, che ha coordinato la ricerca svolta dall’Osservatorio di Pavia, «a dieci anni dal 2005, la comunità Lgbt fa un po’ più notizia e un po’ meno paura». Tiriamo un bel sospiro di sollievo. Pensavamo che ogniqualvolta sentisse la parola “gay” l’italiano medio imbracciasse il fucile. Ci rincuora sapere che non è così.

Però – attenzione! – è anche vero che «dall’indagine esplorativa sul 2015 risulta che su 232 notizie pertinenti al mondo Lgbt, solo 57 hanno passato l’esame per il livello di approfondimento, il linguaggio e le immagini inclusive e appropriate, non stereotipate né sensazionalistiche». Insomma, il Ministero della Verità gay controlla e valuta tutto e ci sta dicendo che non è soddisfatto di come sin qui si è operato.

«Il nostro obiettivo – dice Francesca Vecchioni è combattere le discriminazioni legate al mondo Lgbt». E per farlo Diversity interviene in campo comunicativo. Chi controlla i media, del resto, controlla (quasi sempre) le menti e riesce a manipolare l’opinione pubblica.

Anche per questo sono nati i Diversity Media Awards. A dir la verità, la parola “Diversity” odora un po’ di discriminazione, perché lascia sottintendere che c’è una normalità e una diversità. Ma siccome è il mondo Lgbt che la utilizza, va bene così. Loro lo dicono...

Venendo al dunque, i lettori di ProVita sappiano che da aprile si apriranno le votazioni on line per premiare i migliori tra film, fiction, programmi radiofonici, servizi tg, campagne pubblicitarie o personaggi. A fine maggio, poi, vi sarà la cerimonia di premiazione. Per il mondo dello spettacolo segnaliamo che i finalisti sono Fedez, Laura Pausini, Mika, Tiziano Ferro, Barbara D’Urso e Daria Bignardi. Tutti si sono distinti per aver sponsorizzato matrimoni e adozioni gay.

«I premi – rende noto Francesca Vecchioni – non sono frutto delle idee magari discutibili di una giuria ma sono basati su criteri scientifici, linee guida internazionalmente riconosciute. Come nel caso dei GLAAD Awards statunitensi, ma noi in più abbiamo riunito una commissione di 15 professori provenienti da 11 atenei italiani e scelti tra i docenti più esperti di tematiche Lgbt, dalla sociologia al diritto».

Tutto tremendamente serio. Talmente serio da far sorridere. Chi ha davvero a cuore i diritti civili – dei bambini, però – partecipi al Family Day del 30 gennaio al Circo Massimo. Non si daranno premi, ma la maggior soddisfazione sarà di aver lottato per il futuro dei nostri figli.

Federico Catani

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