20/04/2020

L’allarme pedofilia durante la quarantena. Quando gli orchi non si fermano

La pandemia del 2020 rischia di non avere effetti «solo», per così dire, sanitari ed economici. C’è infatti anche un’altra dimensione – non meno grave anche se, fortunatamente, minore per dimensioni – sulla quale la permanenza domestica sta avendo degli effetti: è quella degli adescamenti degli orchi, dei pedofili che, in Rete, tentato di stabilire contatti con dei minori. A lanciare l’allarme è uno specialista della lotta contro la pedofilia on line, don Fortunato di Noto, sacerdote da decenni attivo contro ogni forma di abuso sui minori, fondatore dell’associazione «Meter» per il contrasto, appunto, in particolare alla pedopornografia.

Ebbene, intervistato in questi giorni sul quotidiano La Stampa, don di Noto ha denunciato come le segnalazioni che Meter ha inoltrato alle varie forze di polizia in diversi Stati del mondo siano aumentate del 40% durante il lockdown. Solamente nelle prime due settimane del mese scorso – tanto per dare un altro dato – le denunce seguite da Meter sono state 47 e le foto e i video pedopornografici intercettati sono risultati 20.000.

Su Telegram si era perfino costituito, nei giorni scorsi, un gruppo italiano che si faceva chiamare “I discepoli del pedofilo”, su cui la polizia postale è stata chiamata ad indagare. Quelli riscontrati da Meter in questo periodo sono fenomeni e numeri, quindi, oggettivamente impressionanti che, secondo quanto conferma il sacerdote, hanno diverse spiegazioni tra loro non alternative ma complementari.

La prima è una maggiore disponibile di tempo che i pedofili in questo periodo hanno nel navigare in internet. Come tutti, si dirà. Vero, peccato che loro siano soggetti estremamente più pericolosi della media. Tanto più – e arriviamo alla seconda motivazione per cui il lockdown si è rivelato fertile per gli orchi – se si pensa che una maggior disponibilità di tempo da trascorrere sul web la hanno pure i bambini sui quali, purtroppo, manca una vigilanza dei genitori.

Da questo punto di vista, sempre per dirla con le parole che don Fortunato di Noto ha usato nel suo colloquio con La Stampa, uno dei grossi problemi di questa epoca sono i «troppi figli orfani di genitori vivi». Una considerazione, quella del sacerdote, solo apparentemente paradossale dal momento che, quando un genitore smette di vigilare sui propri figli, pur essendo fisicamente accanto a loro è come se scomparisse, rinunciando peraltro alla propria missione. Perché gli adescatori – e dicendo questo non si vuole certo minimizzare il problema, anzi – ci sono storicamente un po’ sempre stati, purtroppo.

Quel che invece si delinea come un dato nuovo e drammatico, in aggiunta alla Rete come piattaforma di occasioni e di rischi, è una fragilità familiare tale per cui, anche quando il nucleo familiare è intatto, esso comunque – per quanto concerne il versante genitoriale – risulta latitante o non del tutto presente. Il che, in tempi di social network, è davvero qualcosa di pericolosissimo, che rischia di avere conseguenze disastrose. Motivo per cui, nel ringraziare don di Noto e la su Meter per un contrasto alla pedopornografia ormai pluridecennale, è davvero il momento di non abbassare la guardia.

Ne va infatti non solo della protezione e della salvaguardia dei minori – il che rappresenta certamente l’aspetto prioritario -, ma anche della riscoperta della già ricordata missione educativa. Che consiste in una quotidiana guida e formazione dei più piccoli verso il bene e lontano dal male, categoria, quest’ultima, dai mille volti e che, spesso, rischia di materializzarsi sulle chat dei nostri smartphone.

 

di Giuliano Guzzo

 

 

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