La legge regionale toscana sul fine vita ha iniziato a produrre le prime derive di morte dopo appena tre mesi dalla sua approvazione, con il caso del 60enne Daniele Pieroni, affetto dal morbo di Parkinson, che ha messo fine alla sua vita lo scorso 17 maggio. Lo avevamo detto e purtroppo si sta già verificando, la Toscana è diventata la Svizzera d’Italia, ma rischia in realtà ancora peggio, di diventare come Belgio, Olanda e Canada, tanto per fare alcuni inquietanti e drammatici esempi. Dove il suicidio assistito o l’eutanasia sono stati legalizzati, si assiste a un incremento esponenziali di richieste e accessi alla morte di Stato, una vera carneficina. In Belgio in dieci anni i casi sono aumentati di dieci volte, mentre in Canada in appena sei anni addirittura di 13 volte e ora questa pratica rappresenta addirittura il 4% del totale delle morti nel Paese. La Toscana vuole arrivare agli stessi, macabri, risultati? In tal senso accogliamo con favore le parole del cardinale Lojudice, presidente dei vescovi toscani, che ha espresso “profonda amarezza” per quanto accaduto e auspicato che la politica ridia “centralità alle cure palliative” che sono “un diritto fondamentale da garantire a tutti” perché “la solitudine e il dolore devono trovare una rete a cui aggrapparsi”. E senza cure vere, la scelta della morte non è mai libera. È solo un inganno crudele, mascherato da libertà.
Auspichiamo quindi che il prima possibile la Corte Costituzionale esamini, e accolga, il ricorso presentato dal Governo proprio contro la legge toscana sul fine vita, che è palesemente incostituzionale per conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato, affinché sia spenta sul nascere questa deriva. Ci auguriamo inoltre che la maggioranza di centrodestra in Parlamento rifletta su questo caso e stia ben lontana da qualsiasi tentativo di legiferare in materia.
Così Antonio Brandi, presidente di Pro Vita & Famiglia onlus.