28/06/2019

Il Tribunale di Parma boccia i ricorsi sul riconoscimento dell’omogenitorialità

C’è un giudice a Parma. Così, ispirandoci a un’espressione mutuata da un’opera di Bertold Brecht, potremmo commentare la positiva notizia della bocciatura, avvenuta nei giorni scorsi – dal tribunale appunto di Parma -, dei ricorsi presentati dalla Procura locale e da una coppia lesbica di Fidenza, che si erano rivolti ai giudici per dirimere la questione del riconoscimento dei figli di coppie omosessuali.

La vicenda aveva avuto inizio sulla base infatti di due distinti casi. Il primo è originato da un ricorso della stessa Procura, che aveva impugnato la decisione di Federico Pizzarotti, il sindaco di Parma, il quale aveva deciso di iscrivere all’anagrafe quattro figli parmigiani di tre coppie di donne. Il secondo ricorso era invece stato avanzato a Fidenza da una coppia di donne, ricevuto il no dell’ufficiale di stato civile, a detto diniego si erano opposte per l’iscrizione del figlio.

Ebbene, esaminando i due ricorsi, il Tribunale parmigiano – come raccontato dalla Gazzetta di Parma – ha «sospeso» il giudizio dichiarandoli inammissibili entrambi e sostenendo che, per dirimere la questione sul riconoscimento dei bambini, le parti avrebbero dovuto procedere con una causa vera e propria in modo da poter accertare lo “;status” delle donne rispetto ai piccoli. Va infatti precisato che quelle di cui si sta parlando sono coppie che si erano rivolte a centri esteri, affinché una delle due donne potesse seguire il percorso della fecondazione extracorporea.

In altri termini, siccome al centro dei ricorsi, secondo il Tribunale, c’è il rapporto di filiazione – sussistente o meno – tra i bambini e la donna della coppia intenzionata ad aggiungere anche il proprio cognome al nome del piccolo, «solo un giudizio che accerti quell’aspetto potrebbe dirimere la questione». C’è inoltre da dire che, sul provvedimento delle tre coppie parmigiane che, per il momento, mantengono il doppio cognome sui figli, la Procura di Parma ha già fatto sapere di essere pronta a presentare ricorso in Appello.

Ora, benché quelle di Parma e Fidenza siano vicende giuridicamente simili ancorché non identiche,  c’è un filo rosso che le accomuna rispetto alla decisione del Tribunale, e cioè il fatto che fortunatamente, come si diceva, esistono ancora giudici che, applicando le leggi rigorosamente – e non quindi in modo “;creativo” – contribuiscono, di fatto, a creare un argine a una deriva, quella dei desideri che diventano tutti magicamente diritti, esiziale non tanto e non solo sul piano giuridico quanto, anzitutto, su quello antropologico e morale.

Infatti, una volta che si perde di vista l’identità stessa del figlio – una persona umana che, in quanto tale, può essere accolta come un dono e mai pretesa come un diritto, per quanto nobile e sentita possa essere, da parte di una coppia, un’aspirazione genitoriale – non è solo l’impalcatura giuridica a subire uno scossone, bensì l’intero impianto etico su cui una civiltà si regge o crolla. Di qui l’importanza che, in questi tempi difficili, vi siano ancora passaggi giudiziari nell’ambito dei quali certe derive vengono bloccate o, per lo meno, rallentate. C’è infatti sempre la speranza che il rallentamento di processi autodistruttivi, per una società, possa dare a tutti il tempo di smascherarli e di bloccarli per tempo. Una volta per tutte.

Giuliano Guzzo

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