21/02/2024 di Sabina Pirchi

Il pioniere della fecondazione in vitro critica l’industria della fertilità e dell'utero in affitto

Il mese scorso è apparsa sul quotidiano francese Le Figaro un’intervista al professor René Frydman, rilasciata in occasione dell’uscita del suo ultimo libro, dal titolo “La Tirannia della Riproduzione”.

Per chi ancora non avesse chiaro di chi stiamo parlando, il dottor Frydman è considerato da anni un’istituzione nel panorama della Fecondazione Assistita: fu lui infatti a far nascere nel 1986 il primo bambino usando la tecnologia della fecondazione in vitro (IVR), e il primo “fratello salvatore” del suo paese nel 2011. Pratica, quest’ultima, se vogliamo ancor più complessa e controversa perché prevede una selezione ancora più scrupolosa degli embrioni creati, al fine di ottenere il bambino con le caratteristiche ottimali necessarie a poter curare i figli già nati della coppia in questione, suoi fratelli appunto.

Cosa ha messo in discussione le credenze radicate di questo medico tanto da portarlo a scrivere e pubblicare il libro sopra citato? Ce lo dice lui stesso all’inizio dell’intervista al quotidiano francese: «Ciò che è cambiato - ha dichiarato - è la moltiplicazione delle tecnologie riproduttive che descrivo nel mio libro: fecondazione in vitro, congelamento degli ovociti, maternità surrogata oggi, produzione di gameti e utero artificiale domani. Tutto ciò crea la convinzione che “tutto è possibile” grazie alla scienza , e impone un peso, quello della riproduzione a tutti i costi. È questo “tutto è possibile” che cerco di controbilanciare nel mio libro».

Con lo sguardo rivolto al futuro, il professor Frydman vuol mettere in guardia dalla direzione che sembra aver ormai intrapreso il mondo scientifico. I medici stessi che operano in questo campo rischiano di sentirsi investiti «di onnipotenza, come il medico americano che impiantò otto embrioni nel corpo di una donna che diede alla luce otto gemelli, i famosi Octomom» o viceversa di sentirsi come «un pulsante che deve obbedire ai desideri».

In questa sua analisi inserisce ovviamente anche le coppie, avendo avuto modo di interfacciarsi con loro nella sua lunga carriera. Ricorda di averne viste molte «esaurirsi in questa infernale ricerca di un figlio. Persone che non hanno alcuna possibilità persistono, ricorrendo a tecniche pesanti ed estenuanti i cui meriti possono essere contestati».

Il professore critica anche l’omertà che c’è oggi attorno alla pratica dell'utero in affitto, per la quale ha lavorato a lungo, denunciando ciò che c’è dietro in termini di sofferenza sia per la donna che per il bambino: «molte persone non vogliono vedere che si tratta di uno sfruttamento del corpo delle donne, il che è paradossale in un momento in cui pretendiamo di proteggerle da qualsiasi aggressione. [...] Durante la gravidanza e il parto si crea un legame che rende crudele la separazione tra il bambino e la persona che lo ha portato in grembo».

«Anche noi - prosegue il medico - abbiamo fatto di tutto per evitarlo: adesso mettiamo il bambino subito vicino alla mamma, pratichiamo il pelle a pelle, consigliamo l'allattamento al seno. E con la GPA invece organizziamo questa separazione. Si parla molto oggi delle difficoltà della gravidanza e del parto (disturbi vari, episiotomia, depressione post parto, ecc.), ma stranamente tutto questo scompare quando si parla di madri surrogate. […] ricorrere a una terza persona per soddisfare il proprio desiderio, e rischiare di provocare squilibri in questa persona, non è giusto».

Infine Frydman ha parlato anche di aborto, da medico abortista quale è, notando come sia prassi comune oggi per la donna tra i 20 ed i 30 anni ricorrervi, salvo poi desiderare un figlio a tutti i costi verso i 40, quando ormai è stato dimostrato che uno dei fattori più importanti per la fertilità è proprio l’età. Si aspettava inoltre che grazie all’avanzamento delle pratiche contraccettive e dell’informazione ad esse correlate il numero di gravidanze indesiderate si sarebbe abbassato, ma si è ormai constatato che più della metà delle donne che ricorrono all’aborto sono rimaste incinte utilizzando metodi contraccettivi.

 

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