09/04/2020

Il Coronavirus ferma le pratiche di fecondazione assistita

Siamo a 4.500 e, per una volta, non ci riferiamo ai dati del numero dei decessi dovuti al coronavirus, anche se il contagio, in questo caso, seppure indirettamente, c’entra.

Infatti stiamo parlando delle 4.500 nascite in meno che si prevedevano per i prossimi mesi, frutto in particolare, delle tecniche di fecondazione assistita, i cui trattamenti sono in questo periodo sospesi. Per di più il veto arriva in un periodo dell’anno (trimestre marzo-maggio) in cui queste richieste piovono più numerose, questo stop improvviso, porterà a circa 4.500 nascite in meno nei prossimi mesi. "Si tratta di un temporaneo ma grave disagio, da affrontare con la corretta informazione e con equilibrio emotivo", afferma il ginecologo Antonino Guglielmino, presidente della Società Italiana della Riproduzione Umana (Siru).

Alto è il numero delle gravidanze ottenute tramite fecondazione assistita, negli ultimi 3 anni: secondo l'ultima Relazione sulla Procreazione medicalmente assistita presentata dal Ministro della Salute al Parlamento, nel 2017, sarebbero state ben 97.888 le pratiche di fecondazione assistita eseguite che hanno portato alla nascita di 13.973 bambini. Tuttavia, "mantenere questi numeri - sottolinea Guglielmino - sembra molto difficile visto il prolungarsi della pandemia nel periodo primaverile, il più gettonato per accedere ai trattamenti". Lo stop potrebbe protrarsi fino a maggio e questo significa che 30.000-35.000 cicli riproduttivi non verrebbero eseguiti. Dunque, desumiamo dalle misure prese, che questo tipo di interventi non venga considerato tra le “emergenze” medico-sanitarie.

Una decisione importante dovuta al disastro sanitario in atto che, come spiega Guglielmini "ha determinato, sin dai primi momenti, una condizione di allarme, sia per la diffusione dell'infezione, sia nei confronti delle gravidanze in fase iniziale, per via della mancanza di dati scientifici validati da esperienze precedenti”. Dunque si tratta di un protocollo medico, contenuto peraltro nelle 10 raccomandazioni  diffuse dalla Siru, che indicano in modo inequivocabile il comportamento che i centri italiani di procreazione assistita devono adottare, fermo restando il completamento dei trattamenti già in corso.

 

di Manuela Antonacci

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