17/01/2018

Ideologia di genere, unioni gay e la Corte Intramericana

Le unioni omosessuali devono essere equiparate al Matrimonio? Pare che la Corte Interamericana voglia imporre una cosa del genere a tutti gli stati dell’OAS (Organizzazione degli Stati Americani).

Questo è quanto emerge dai documenti menzionati nel sito dell’Observatorio International de Política Pública y Familia.

Lo scorso 9 gennaio, la Repubblica della Costa Rica ha consultato la Corte Interamericana dei Diritti Umani sulla non-discriminazione in materia di identità di genere e coppie omosessuali.

Il quesito della Costa Rica

In particolare, dato che in Costa Rica chi – in base alla propria cosiddetta “identità di genere” – vuole cambiare il proprio nome può farlo solo ricorrendo a un processo, la Repubblica ha chiesto se deve adeguarsi alla decisione espressa dalla Corte, che stabilisce, invece, che il “cambio del nome” venga effettuato mediante una procedura amministrativa, rapida ed accessibile.

Inoltre, è stato chiesto se lo Stato debba riconoscere i vincoli tra persone dello stesso sesso e i diritti patrimoniali da essi provenienti.

Le premesse della Corte e il glossario del pensiero unico

Nella risposta, i sette giudici della Corte non hanno mancato di premettere al loro responso il fatto che «tutto ciò che viene evidenziato in questo parere consultivo ha anche rilevanza giuridica per tutti gli Stati membri dell’OAS»: alla faccia della democrazia, la Corte aspira quindi ad avere potere legislativo, esecutivo e giudiziario su tutti i Paesi latino -americani.

Per risolvere le problematiche legate alla discriminazione (il cui concetto abbiamo già analizzato in altre occasioni), la Corte avrebbe messo a disposizione un glossario che stabilisce il significato di alcuni termini e avrebbe affermato che, trattandosi di significati «estremamente mutevoli», solo loro, questi sette giudici, possono stilarne le definizioni.

I termini dal significato “estremamente mutevole” sarebbero i seguenti (notare come viene calpestata la biologia): il sesso, il sesso assegnato alla nascita, il sistema binario di sesso/genere, l’intersessualità, l’identità di genere, espressione di genere, transgender o persona trans, travestito, cisgender, orientamento sessuale, omosessuali, eterosessuali, omofobia e transfobia, lesbofobia, bisessuali, cisnormatività, eteronormatività, LGBTI.

Il primo responso

Riguardo alla procedura di “cambio del nome”, la decisione dalla Corte dichiara che nessuna disposizione dei Trattati sui Diritti Umani può essere interpretata «nel senso di restringere il godimento o l’esercizio di un diritto o libertà».

In questo senso, «nessuna regola, decisione o pratica della legge, sia essa da parte delle autorità statali o di privati, può diminuire o limitare, in qualsiasi modo, i diritti di una persona in base al suo orientamento sessuale, identità di genere e/o di espressione di genere».

Per essere ancora più chiara, la Corte afferma che «il cambiamento di nome, l’adeguatezza dell’immagine, nonché la rettifica della menzione del sesso o del genere, nei registri e nei documenti di identità, in modo che questi siano coerenti con l’identità di genere auto-percepita, è un diritto protetto da (...) la Convenzione americana. In conseguenza di quanto sopra (...), gli Stati sono obbligati a riconoscere, regolamentare e stabilire le procedure appropriate a tali fini», il tutto applicabile anche ai minori.

Il secondo responso

Sulla disciplina da adottare in materia di unioni omosessuali e diritti patrimoniali sui beni da esse provenienti, la Corte afferma che la Convenzione americana protegge il vincolo familiare che può derivare dalla relazione di una coppia omosessuale.

Inoltre, per mettere a tacere chi ha dubbi a riguardo, la Corte stabilisce che affermare che lo scopo del matrimonio è la procreazione «è incompatibile con lo scopo dell’articolo 17 della Convenzione», cioè «la protezione della famiglia come realtà sociale», poiché «la procreazione non è una caratteristica che definisce le relazioni coniugali» (ricordiamo che “Matrimonio” deriva da “matris munus”, ossia il compito della maternità).

Pertanto, per la Corte sono irrilevanti le decisioni già prese dagli Stati membri, in quanto è lei a disciplinare e interpretare questi temi. La stessa biologia è tenuta ad inchinarsi al cospetto di un tale potere.

Redazione


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