03/07/2020 di Francesca Romana Poleggi

I diritti umani negati degli Uighuri perché hanno troppi figli

Solo gli ingenui pensano che in Cina sia finita la crudele politica del figlio unico che ha compiuto, dagli anni ‘80 in qua, una strage di bambini (e di donne) di proporzioni spaventose.

Pochi sanno, in effetti, che da quando Deng Xiao Ping, negli anni ‘80, sancì che «arricchirsi è glorioso» e instaurò il “socialismo di mercato” che ha risollevato l’economia cinese dal baratro in cui era sprofondata dopo trent’anni di socialismo “puro”, è stato deciso, sulla scia dell’ideologia neo-malthusiana, che per la crescita economica fosse necessario ridurre la popolazione. E così, con il contributo sostanziale dell’Agenzia dell’Onu per la popolazione ,l’UNFPA, le donne e le ragazze cinesi in età fertile sono state costrette a farsi inserire la spirale, e sono state obbligate a visite di controllo periodiche per constatare che la spirale fosse al suo posto e non ci fosse alcuna gravidanza in corso.

Per sposarsi e per avere un figlio era necessario ottenere un permesso governativo. Ottenerlo per un secondo figlio era praticamente impossibile. I trasgressori venivano puniti in modo atroce (case rase al suolo, parenti arrestati, multe di entità spropositata, e soprattutto aborti forzati e sterilizzazioni coatte). 

Circa cinque anni fa, quando tutti i media (di fatto filocinesi) hanno proclamato “la fine della politica del figlio unico”, l'unica cosa che è cambiata è che è più facile ottenere il permesso per la nascita di un secondo figlio. Per il resto non è cambiato nulla. Le donne incinte senza permesso vengono costrette brutalmente ad abortire, e poi spesso vengono sterilizzate a forza (loro e i loro mariti). 

La denuncia, in questi giorni, arriva dal Turkmenistan Orientale, oggi Xinjiang, una vasta regione della Cina popolata dagli Uighuri, una minoranza di lingua turca e religione islamica. Secondo i dati e le ricerche dell'Associated Press, centinaia di migliaia di donne uighure sono state costrette ad abortire e sterilizzate.

PBS News riporta che almeno 1 milione di Uighuri, dal 2017, sono stati rinchiusi nei Laogai, i campi di concentramento che in quella regione - tra le tante altre cose - producono i pomodori che poi arrivano in Occidente e vengono spacciati per made in Italy [un rapporto esclusivo pubblicato dieci anni fa dalla Laogai Research Foundation - Italia, è giunto fino al Parlamento, nell'ambito delle indagini sulle contraffazioni della salsa di pomodoro che sono state condotte in Campania].

E, secondo l'AP, uno dei motivi principali della reclusione è l’avere troppi figli. Secondo i dati ufficiali del regime, i tassi di natalità nelle regioni uighure di Hotan e Kashgar sono crollati di oltre il 60% dal 2015. Nell’intero Xinjiang, lo scorso anno i tassi di natalità sono scesi del 24 %. Un recente rapporto della BBC ha mostrato come in tutta la Cina le famiglie continuino a temere i funzionari della pianificazione familiare, ma, ovviamente, il regime nega spudoratamente tutto questo e nega che sia in atto un vero e proprio genocidio nei confronti degli Uighuri, così come nega quello dei Tibetani.

L’Occidente, davanti a questo orrore, sembra molto distratto. I diritti umani che tanto stanno a cuore alle varie agenzie dell’Onu evidentemente non spettano alle donne e ai bambini cinesi. Men che meno agli Uighuri, di cui la gente non sa neanche l'esistenza. Forse perché non conviene inimicarsi il Dragone di Pechino: conviene farci affari. I Cinesi hanno i soldi, tanti soldi, da investire da noi in questi tempi di crisi. Che siano soldi lordi di sangue poco importa. Si sa: pecunia non olet

 

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