25/11/2021 di Luca Marcolivio

Hoara Borselli: «Anche l'utero in affitto è una delle forme più aberranti di violenza sulle donne!»

Tra le tante violenze che subiscono le donne, la pratica dell’utero in affitto è una delle espressioni più aberranti. A sostenerlo, interpellata da Pro Vita & Famiglia, è Hoara Borselli, la giornalista e opinionista televisiva, nota per le sue posizioni spesso controcorrente. È assurdo, aggiunge la Borselli, pretendere di sostenere i diritti delle donne, imponendo linguaggi costruiti a tavolino, per poi rimanere in silenzio di fronte a casi più che mai tragici come quello che coinvolse nei mesi scorsi la giovane pakistana Saman.

 

Oggi è la XXIII Giornata Internazionale Contro Violenza sulle Donne: dove finisce il giusto riconoscimento di un problema reale e dove inizia la retorica?

«Oggi è una giornata simbolica che vuole ricordare una piaga sociale: 247 femminicidi dall’inizio dell’anno che cercano giustizia. Il problema diventa reale fino ad ogni triste numero che segna una vita. La retorica inizia con le manifestazioni, dibattiti, gli spot, panchine rosse, convegni che finiscono per rendere sterile una battaglia che va combattuta con fatti concreti e fermi e non solo con le campagne e parole».

Il tema di questa Giornata è spesso associato alla violenza domestica: ma è davvero in primo luogo un problema di mariti maneschi e/o assassini?

«Parlano i dati: dall’inizio di quest’anno in Italia sono stati registrati 247 omicidi di cui nel 72% dei casi l’autore è il marito o l’ex marito; in un caso su due, l’assassino ha usato un’arma da taglio. Quindi è chiaro che la violenza domestica diventa purtroppo uno dei luoghi ‘privilegiati’ contro le donne. Non deve però essere dimenticato ogni luogo che può diventare punto attivo e innesco di possibile violenza. Da sottolineare, inoltre, come nel loro percorso di denuncia della violenza domestica le donne, oltre ad essere sostenute, devono anche essere supportate economicamente, per favorire percorsi di autonomia ed emancipazione».

Quali sono a suo avviso le violenze sulle donne di cui si parla di meno?

«Le violenze non dovrebbero avere una classificazione per importanza. Ogni violenza va condannata ma soprattutto ricercata in ogni suo angolo. In questo senso è essenziale far emergere tutte criticità e la fragilità che si nascondono nelle persone che hanno paura a denunciare. Sono i silenzi e la paura, le violenze sulle donne di cui si parla meno e, per questo, bisogna creare una rete di sostegno e protezione perché vengano alla luce questi casi».

Ritiene l’ “utero in affitto” sia, in tutto o in parte, una forma di violenza sulle donne?

«L’utero in affitto è la massima espressione di violenza psicofisica che può subire una donna. Approfittare della necessità sociale in cui versano queste donne utilizzate come contenitori, per generare figli venduti come prodotti da banco è qualcosa di aberrante. Strappare ad una donna una creatura tenuta per nove mesi nel grembo è una violenza psicologica disumana ed accettare o rendere tutto questo lecito e morale fa rabbrividire. Si parla tanto di diritti ma il diritto che contempla la maternità che è l’essenza assoluta della vita, viene ignorato».

Il femminismo degli ultimi 50-60 anni ha aiutato a superare la violenza sulle donne o è stato controproducente?

«Il femminismo si sta battendo per cause lontanissime dai veri problemi di una donna. Prevale una narrazione che ritiene di contrastare il sessismo pensando che basti cambiare una vocale, una desinenza, cancellare un proverbio o abbattere statue rinnegando la bellezza, per garantire diritti. Sono le stesse femministe che, quando sparì la giovane Saman, si sono rinchiuse nel loro silenzio assordante. Le stesse che si indignano per il catcalling ma quando una ragazza che voleva autodeterminarsi è stata cancellata dalla sua stessa famiglia, non si sono battute con la stessa forza e veemenza. Le femministe di oggi, rincorrendo allo stucchevole Me Too, che tratta le donne da incapaci di sapersi proteggere e difendere da sole, stanno contribuendo ad offrire un servizio pessimo per la stessa categoria che dicono di voler di rappresentare. Se volessero dare una mano alla causa dovrebbero iniziare a dire che una donna può sapersi difendere da sola».

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