24/11/2018

Good Morning America veicola l’ideologia gender

L’ideologia gender in onda. Non è una novità, anzi è da tempo che il tubo catodico funge da formidabile veicolo per l’idea secondo cui i due sessi, maschile e femminile, sarebbero qualcosa di limitante e da rimpiazzare con ben più numerosi e provvisori generi, tra i quali ciascun individuo dovrebbe essere lasciato libero di fluttuare a seconda della preferenza del momento. Ciò nonostante, per quanto i mass media abbiano palesato la propria simpatia per il gender, fa sempre un certo effetto quando la loro propaganda su questo versante viene messa in scena in modo plateale e senza contraddittorio.

Per questo ha fatto notizia l’ospitata, avvenuta qualche giorno fa a Good Morning America (GMA), storico programma televisivo statunitense, di Desmond Napoles. Di chi si tratta? Classe 2007, è un ragazzino che nonostante l’età risulta già un’icona del mondo Lgbt. Infatti ha iniziato a vestirsi da drag all’età di 2 anni, quando era solito indossare i tacchi di sua madre e le lenzuola come una parrucca, ed ha debuttato sulla scena pubblica in versione drag nel 2015, al New York Pride Parade, divenendo ufficialmente la drag queen più giovane al mondo; il suo nome d’arte è «Desmond is Amazing». Ora, basterebbero già queste informazioni per comprendere quanto questo giovane sia, per usare un eufemismo, fuori dagli schemi.

Il che dovrebbe fra altre cose suggerire, crediamo, anche una certa prudenza nel dare a lui e alla sua storia visibilità mediatica. Prudenza? Manco a parlarne. Infatti a Good Morning America i conduttori Michael Strahan e Sara Haines hanno pensato bene, probabilmente ingolositi dalla particolarità del loro ospite, non solo di averlo in studio ma pure di intervistarlo con toni entusiasti, di rivolgergli domande con la curiosità che si riserva ai vip, elevandolo così – di fatto – a modello per i telespettatori in ascolto. Una scelta che se da un lato risponde certamente a logiche pubblicitarie o comunque di share, dall’altro pone dei problemi di ordine etico, per quanto questo termine, da tempo, sia difficilmente applicabile al mezzo televisivo.

Sì, perché offrire visibilità mediatica a vicende come quella di Desmond Napoles rischia di avere effetti significativi e culturalmente devastanti. A dirlo non sono le preoccupazioni di qualche fondamentalista cristiano, ma evidenze scientifiche di primo livello. Come un recente studio, apparso qualche settimana fa sulla prestigiosa rivista Plos One e firmato dalla prof.ssa Lisa Littman attraverso il quale, esaminati numerosi bambini con improvvisa comparsa della cosiddetta disforia di genere, si è potuta sconfessare l’idea che transgender si nasca. Tutto il contrario, semmai.

Infatti con questa ricerca si è appurato da un lato come tanti minori “diventino transgender” a causa della pressione o dell’influenza sociale, e nient’affatto perché nati così, e dall’altro come il 62 per cento di costoro presenti una diagnosi di disturbo psicologico. Ovviamente la pubblicazione scientifica della Littman è finita subito nel mirino della comunità Lgbt, letteralmente inferocita dall’idea che uno studio possa scalfire il loro caro dogma gender. Eppure, se questo studio ha un fondamento – e sembra proprio averlo -, sarebbe preferibile evitare di offrire visibilità a storie come quella Desmond Napoles.

Esattamente come sarebbe preferibile trattare in generale con prudenza lo stesso argomento del transgenderismo e della disforia di genere, dal momento che quasi 9 minori su 10 che ne presentano i sintomi finiscono poi per superarla, questa condizione, identificandosi col proprio sesso biologico. Tutte cose, unitamente agli studi della Littman, che a Good Morning America si sono guardati bene dal precisare. Ovvio. Altrimenti la propaganda allestita avrebbe avuto meno effetto e, soprattutto, chi era davanti al televisore avrebbe potuto comprendere la finta neutralità della trasmissione, in realtà parzialissima, che stava seguendo.

Giuliano Guzzo

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