07/01/2022 di Luca Marcolivio

Figlio ucciso perché disabile? Colosimo (FdI): «Urgente parlare di queste fragilità»

Una tragedia senza pari, alla cui radice, con tutta probabilità, c’è la disabilità di un bambino annegato dalla madre. Il fatto di cronaca che ha scosso Torre del Greco e tutta Italia pone al centro il sempre più crescente disagio delle famiglie alle prese con la disabilità mentale o con l’autismo dei figli. Sul tragico episodio, si è soffermata anche Chiara Colosimo (Fratelli d’Italia), consigliera d’opposizione alla Regione Lazio, da sempre attiva sul tema dei diritti dei disabili. «La madre avrebbe ucciso il figlio di 2 anni – scrive Colosimo in un tweet –. Un fatto tragico, ma se venisse confermato che l’ha fatto perché pensava fosse un bimbo con disabilità, non solo è un dramma, ma la conferma che è urgente parlare di fragilità. Siamo già in ritardo». Contattata da Pro Vita & Famiglia, la consigliera regionale ha poi ribadito quella che rimane la priorità in questo ambito: lavorare sull’inclusione, dando piena applicazione alle leggi già esistenti.

 

Onorevole Colosimo, cosa significa un tragico fatto di cronaca come quello di Torre del Greco?

«La notizia mi ha agghiacciata, così come quella di poche ore prima a Varese, ma mi sono soffermata a riflettere su come possa essere accolto un sospetto di disabilità in una famiglia apparentemente normale».

Ritiene la disabilità mentale non sia socialmente accettata, nemmeno in molte famiglie?

«Se parliamo della mamma di Torre del Greco, non sappiamo se sia questo il caso, ma se lo fosse perché questa donna non era aiutata? Se parliamo della presunta disabilità del bambino, invece, l’autismo non è una malattia mentale, ma una neurobiodiversità che è un dramma, ma può essere gestito con le giuste terapie».

Come gruppo consiliare regionale d’opposizione, quattro anni fa, Fratelli d’Italia fece stanziare tre milioni di euro a sostegno delle famiglie con bambini nello spettro autistico: siete soddisfatti di come sono stati impiegati quei soldi?

«Sono molto soddisfatta e sono ancora più soddisfatta che quest’anno lo stanziamento sia stato riconfermato per tre anni con 2,5 milioni l’anno. La vera rivoluzione di questo stanziamento è nel fatto che questi soldi, attraverso i municipi di Roma ed i comuni del Lazio, arrivano direttamente alle famiglie per rimborsare le terapie che la nostra sanità pubblica ancora non garantisce, nonostante siano riconosciute da oltre dieci anni».

Sempre nell’ambito dell’autismo, per sua iniziativa, nel 2018, è stata approvata una legge regionale bipartisan: ritiene in questi quasi quattro anni, sia stata applicata come meritava?

«La mia legge è stata sottoscritta da un collega del Pd, che ringrazio, ed è poi stata approvata dall’aula all’unanimità ed è quella che regola lo stanziamento di cui abbiamo parlato sopra. Il regolamento attuativo da parte della giunta è arrivato un po’ tardi e potrebbe essere migliorato in alcune parti, ma nel complesso è una norma che funziona e che aiuta davvero centinaia e centinaia di bimbi nello spettro».

Cos’altro c’è da fare in questo campo, a livello regionale?

«Prima del livello regionale, vorrei parlare del livello generale. Mi hanno sorpreso l’odio e la non consapevolezza di tutti o quasi i commentatori social davanti alla tragedia di Torre del Greco. Conosco decine e decine di persone con disabilità che sono felici! Centinaia di genitori di bimbi fragili che sono il dipinto dell’amore! Ho anche sentito però troppe madri dirmi: “Se non mi aiutano, lo ammazzo e mi ammazzo” ed è questo il tema principale a livello generale e regionale. Bisogna in primis cambiare la narrazione sulle fragilità, poi mettere in cima alle priorità i sostegni reali a fragili e caregiver, quindi lavorare davvero all’inclusione. Forse, dopo due anni di pandemia, possiamo ormai dire di conoscere il senso dell’isolamento: ecco, è quello che va evitato a tutti i costi ed a tutti i livelli, ognuno di questi bambini ha diritto al gioco, alla scuola e, da grande, al lavoro, mentre i suoi genitori hanno diritto a non sentirsi abbandonati ed angosciati per il “dopo di loro”».

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