16/04/2018

Educazione - La lettera di una maestra

Quando si parla di educazione si parla principalmente di famiglia, ma anche di scuola. 

L’educazione è una missione importantissima, una responsabilità che gli adulti oggi tendono a declinare ma attraverso la quale passa il futuro della nostra società. 

Rilanciamo, in forma non integrale, la lunga lettera che una maestra ha inviato al giornalista Maurizio Blondet e che rimanda bene lo stato (tragico) dell’educazione odierna e rivolge implicitamente un appello a ognuno di noi. 

Educazione – La lettera di una maestra

Gentile direttore,

sono un’insegnante e più il tempo passa e più tutto nella scuola impazzisce.

Come spesso Lei ha scritto, l’apocalisse che si consuma è in gran parte umana, relativa alla nostra stessa umanità e, se giovani e adulti la riflettono, è nei bambini che appare nel modo più devastante.

Per usare un’immagine molto in voga al momento, la scuola sta diventando l’ospedale da campo della famiglia e come tutti gli ospedali simili è piena di morenti o pazienti terminali, in alcune strutture ci si spende per i ” pazienti”, in altre li si lascia al proprio destino.

Fino a pochi anni fa il disagio montante veniva coperto dagli stessi insegnanti: dichiarare disagio o addirittura disfatta era un segno di debolezza, scarso sintomo di professionalità, per cui gli insegnanti più anziani compativano i più giovani per le loro difficoltà nelle classi … ora docenti con trenta o più anni di servizio si dichiarano impotenti di fronte ad una prima elementare. Ho reincontrato una ex collega che stimo molto, ora prossima alla pensione e abbiamo parlato di una classe “tragica” di anni addietro che ospitava quasi tutti i casi difficili del paesino e siamo state concordi che rispetto agli alunni che abbiamo adesso erano per molti aspetti dei “fiori”.

Cosa accade? Nulla: bambini di sei anni che picchiano e insultano le maestre facendo ciò che più gli aggrada perchè così sono stati “educati”, altri di sette che buttano le insegnanti dalle scale… quelli più grandi non hanno ragione di rispettarti (e perché dovrebbero?), anche perché non vedono per quali motivi gli adulti meritino rispetto. [...]

Molti genitori parcheggiano a scuola i bambini mandandoli con la febbre a quaranta o dopo una notte passata in Pronto Soccorso, li scarozzano da un’attività all’altra perché i piccoli hanno bisogno di socialità e sport, organizzano feste con cento invitati in agriturismo per l’ottavo compleanno ma di loro si curano pochissimo. Quando tornano a casa i bambini si attaccano alle televisioni o alle console oppure ai telefoni e non danno più fastidio ai genitori che a volte rincasano alle nove o le dieci e i pargoli, per stare con loro, vanno a nanna alle undici o mezzanotte, magari guardano insieme un film horror di quelli che io non potrei mai digerire. Frequentano chat o videogiochi pieni di simboli occulti. Certi vanno nelle loro camere e si addormentano solo con la loro televisione accesa, altri ancora dormono nel letto con la mamma “single”. Molti genitori fanno tenerezza e a volte ci parlano come a psicologi o confessori delle loro vite sottosopra, raccontandoci compagni o compagne che girano, della assoluta difficoltà di educare i propri figli da soli e con un lavoro da sostenere e i bimbi da mantenere. Spesso sono persino più persi dei nostri alunni. A volte gli sentiamo dire enormità ma non ci è lecito replicare, mia nonna avrebbe rivoltato come un calzino un adulto incapace di qualsiasi responsabilità, l’ho fatto in un paio di casi ma di norma io posso solo parlare con tutta la diplomazia di cui sono capace sperando che qualcosa passi, agendo diversamente rischierei di perdere qualsiasi possibilità di lavorare insieme a loro (per quanto è possibile) per i loro figli. Molte colleghe sono più misericordiose, non giudicano e “accolgono”… [...] Stranieri ed italiani in media sono uguali in materia di accudimento dei figli, a volte però alcune famiglie immigrate vengono da realtà dove l’istruzione e l’autorità contano ancora ed educano tuttora i figli facendoli studiare, vogliono che abbiano successo, anche se poi alcuni bambini vedono che l’insegnante qui non usa la bacchetta e si accodano all’andazzo. Fra l’altro giorni fa il mio alunno mussulmano, a dispetto di tutte le menate inclusive, ha dichiarato in classe: “Oggi è San Giuseppe!”

Ai genitori comunque delle note disciplinari non interessa, gli stessi ragazzi contestano in modo arrogante le tue decisioni.

Mio marito che ha fatto il militare dice scherzando che un paio di settimane di educazione e di regole in caserma li cambierebbero radicalmente o magari un po’ di caccia nei boschi … cucito, orto e giardino per le bambine.

[...]

In questa <scuola> sono un po’ dei cani sciolti che creano, disfano e si azzuffano, sono un po’ donne in carriera ma almeno la maggior parte si spende con tutte le risorse che possiede per i bambini. Poche sfuggono all’ideologia ma si tormentano chiedendosi come mai nulla sembri funzionare. Per ora il gender è ancora fuori perlomeno.

Facciamo le psicologhe, le bidelle, gli assistenti sociali, infermiere, medici, confessori, esperte nella mediazione etc … quasi nessuno che conosca si limita a fare il proprio orario, rimaniamo a scuola finché serve, poi a casa a programmare, correggere, fare verbali, moduli, corsi e altro. Quasi tutti quelli che conosco considerano il mio un lavoro leggero, con orario ridicolo e strapagato.

Dissoluzione: le persone sono in dissoluzione spirituale e mentre gli adulti ancora forse lo mascherano, i bambini lo dimostrano con tutto sé stessi.

In questo contesto a chi interessano la storia, l’italiano, la matematica o persino l’arte e la musica? Perché un bambino dovrebbe imparare? La scuola per molti di loro è un carcere con regole assurde dove imparano qualcosa di totalmente estraneo al loro mondo.

Noi cosa facciamo? Mettiamo pezze, continuamente e dovunque. Trasmettiamo valori consunti (non tutte noi), proponiamo modelli vetusti e applichiamo a genitori e bambini tutte le opere di misericordia spirituali e corporali (a volte compresa quella di vestire gli ignudi e assistere quando si seppelliscono i morti, per ora non mi è successo di visitare carcerati). Questa è l’intenzione, la mia almeno e di molti altri ma ci viene detto continuamente che se la realtà non funziona allora bisogna cambiare la percezione della realtà di tutti e far funzionare ad ogni costo la scuola con una pezza istituzionale. Ecco la pezza: insegnanti più preparati, più capaci dell’impossibile con le risorse organizzative e materiali (?) date dallo Stato, più inclusivi, più al passo con i tempi, più tecnologici, con più comprensione e comunicazione, più diagnostici di veri o presunti deficit o disturbi dell’apprendimento, più bisogni speciali, più capacità burocratiche per avere tutto registrato e sotto controllo, più aperti al dialogo, più progettuali, più salutisti, più adatti a coprire i reali bisogni del bambino, meno conflittuali, più meritevoli, più capaci di aggiornare il sapere con modalità gradite al bambino (playstation?). Buona scuola. E giù corsi: assurdi, tenuti in neolingua da personalità strabilianti con contenuti psicologizzanti e ascientifici, idee senza padre né madre, nel senso che se si scava un po’ i nostri corsi si aggrappano ad assurdità dogmaticamente proposte come buone ma nipoti o bisnipoti di funeste personalità del pensiero … magari massonico o peggio … Nessun aggiornamento su grammatica, insegnamento della storia o della teoria musicale ad esempio, non sono priorità.

Alcune maestre prendono psicofarmaci, quasi tutte sono stressate, con classi da ventisei alunni in media di cui più della metà sono a diverso titolo problematici, si cerca di “fare miracoli” e per i bambini che non hanno troppi problemi c’è poco tempo e poca attenzione e si “sballano” a loro volta. Per loro che studiano ancora, capiscono e fanno i compiti e magari hanno genitori attenti, la scuola non è poi così inclusiva … Le colleghe più anziane non reggono e finiscono in malattia, una mi ha confidato di essere stata ripresa perché una bambina è scappata dalla classe e lei non è riuscita a correrle dietro, eppure l’età pensionabile è stata alzata.

I disabili sono drasticamente diminuiti rispetto ad anni fa, inizialmente, ingenua, mi chiedevo perché, poi ho capito che sono le gloriose conquiste dell’eugenetica. Se non altro tutta questa “specializzazione” aiuta a prenderci un po’ meglio cura di loro e di chi ha vere difficoltà, senonché disturbi psicologici, cognitivi, emotivi e quant’altro aumentano esponenzialmente: a causa di tossicità varie forse o ancora di più perché le facoltà umane dipendono dall’anima, negletta e strapazzata. Tanti bambini ignorano di averla, una bimba un giorno mi ha sconvolta chiedendomi se in caso di pericolo avrei salvato lei o un cagnolino.

Dobbiamo adattarci alle mutate capacità mnemoniche, personalizzare, frammentare i contenuti e diminuire le quantità, insomma, se il sapere condanna la realtà per come l’abbiamo ridotta, allora adattiamo il sapere. Molti insegnati ci credono e adattano loro stessi a ciò che li circonda continuando disperatamente ad aumentare la propria professionalità con questo sistema di corsi, adeguandosi a questo “nuovo mondo” ma non può funzionare naturalmente e via a nuove “toppe” per controllare l’incontrollabile.

[...] L’eroina di questa scuola è Pippi Calzelunghe, libera da ogni adulto e da ogni condizionamento che mette a soqquadro la classe per la liberazione dal conformismo. Le colleghe allora propongono poesiole melense sulla pace e l’amore universale, sul costruire ponti invece che muri, sull’ecologia e l’uomo cattivo che distrugge il pianeta … Progetti, progetti, progetti.

I ragazzi sanno che la realtà è diversa, lo vedono nelle loro famiglie malate e nelle loro reazioni violente ma non possono dirlo o pensarlo: tutto va bene, tutto va verso il progresso, ogni cosa è illuminata. Sono ipocriti, più dei famigerati “perbenisti” di un tempo, a parole sono amorevoli e corretti ma nei fatti tendono solo a soddisfare i propri bisogni, il freno, finché reggono loro o reggo io, è la sorveglianza e la minaccia, quando questa viene meno per un attimo la classe rischia di diventare la giungla, in pochi interiorizzano una qualsiasi morale. [...]

I ragazzi dentro di loro sanno che gli adulti li stanno prendendo in giro, che qualcosa non funziona, che hanno bisogni affettivi e spirituali inappagati e soffrono ma non possono accettare una realtà diversa da quella in cui vivono. Li ascolto quando si confidano con me e mi fanno tenerezza. Se parli di anima, onore, redenzione, pudore, bellezza, se fai salti mortali per insegnare la storia profondamente, per non inculcare ad esempio l’evoluzionismo, ti guardano straniti e molti rifiutano tutta questa assurda fatica (”Questo linguaggio è duro, chi può intenderlo?”). Non è il loro mondo. [...]

I miei più rispettosi saluti.

Giuseppina

Fonte: Maurizio Blondet

 

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